Avvocati, numeri sproporzionati e mai dimostrati
Buongiorno dott. Severgnini,
ho letto il suo articolo «Ragazzi, un consiglio .Non fate l'avvocato» nella rubrica Italians del Corsera del 23 settembre. A differenza degli altri articoli, su quest'ultimo non mi trovo d'accordo.
Innanzitutto a Milano non vi sono 20 mila avvocati ma 15.600 (gli altri sono praticanti, che evidentemente avvocati non sono). Circa il numero degli avvocati in Italia il numero di 230 mila non è mai stato dimostrato da alcuno, né si potrebbe, dato che non esiste in Italia alcun albo nazionale degli avvocati. Ovunque nei più grandi Paesi europei il numero degli avvocati, tranne la Francia, è superiore alle 150 mila unità. Negli Usa, patria del libero mercato, nessuno ha mai parlato di numero eccessivo di avvocati ancorché la percentuale (rispetto agli abitanti), relativa al numero di avvocati negli Usa (circa 1.100.000), sia maggiore di quella che c'è in Italia. È poi strano che si faccia sempre riferimento al numero, che si dice sproporzionato, degli avvocati e non a quello assai più esorbitante delle altre professioni. Se infatti prestiamo attenzione alle altre professioni e ai dati comunicati all'Ugai (Unione dei giovani avvocati italiani) dagli ordini interessati lo scorso anno constatiamo come gli ingegneri già l'anno scorso abbiano superato il numero di 200 mila e i medici (esclusi gli odontoiatri) raggiunto quello di ben 363.761 unità. Senza poi parlare degli architetti italiani che sono la metà di tutti gli architetti europei (sic!). E tuttavia lo sport nazionale, dopo il calcio, sembra sia parlare sempre del numero sproporzionato (ma mai dimostrato) di 230 mila avvocati. Non è nemmeno corrispondente al vero il fatto che ogni anno il numero degli avvocati aumenti di 15 mila unità. Basti dire che nel 2007 ad esempio su oltre 40 mila aspiranti, solo in 9.905 (il 24%) lo hanno superato (meno di uno su quattro). E consideriamo che il superamento dell'esame di avvocato è propedeutico per legge per sostenere l'esame di magistrato quindi il numero annuale di nuovi avvocati è ancora minore. Ma andiamo a sconfessare anche l'altra leggenda metropolitana per cui ci sarebbe una correlazione tra il numero di avvocati e l'aumento del contenzioso processuale per cui, come scrive lei, il neoavvocati sarebbero indotti a «suggerire azioni legali a chiunque».
Dai dati verificati dall'Ugai riguardo il Barreau de Paris (Ordine di Parigi) si scopre infatti che solo nella capitale francese già l'anno scorso c'erano già più di 18 mila avvocati - ovvero quasi lo stesso numero di Roma (circa 20 mila) nello stesso anno. L'Ordine locale di Madrid, con ben 45.166 iscritti nello stesso periodo, era il più grande d'Europa, mentre anche Monaco di Baviera (18.364) aveva un numero di legali quasi pari a quello che aveva Roma.
Se le cause aumentassero in modo direttamente proporzionale al numero di avvocati, il numero delle cause pendenti sarebbe lo stesso sia a Parigi sia a Roma sia a Monaco. Non essendo evidentemente così è chiaro che il numero di avvocati italiani non sia responsabile del pesante contenzioso processuale. Il fatto che i numeri degli avvocati aumentino, e che nessuno (compresa la giovane avvocata anonima e pentita che ha scritto al Corsera) cambi percorso professionale, dimostra che fare l'avvocato è ritenuto migliore di applicarsi in altre attività (compresa magari quella del comico Checco Zalone o del cantante Renzo Arbore). Se poi vogliamo sollecitare antisociali controriforme come quella forense pendente in Parlamento che diminuirà la concorrenza dei servizi legali, ci ritroveremo come in Francia per cui la difesa è talmente costosa che non tutti potranno difendere i propri diritti a prezzi accettabili come invece avviene in Italia.
http://www.corriere.it/italians/10_sett ... aabe.shtml