Professione, questione di eredità
Figli di avvocati che diventano principi del foro e figli di medici che diventano chirurghi di
fama. È l'Italia immobile dei laureati che, soprattutto per quel che riguarda le professioni
liberali (avvocato, magistrato ma anche notaio o farmacista), tende a seguire le orme
familiari. È un'Italia che riesce a far portare a casa ai suoi neolaureati poco più di 1.000
euro al mese ma che premia soprattutto, in termini economici, chi lavora nell'industria.
Insomma una vera ereditarietà del lavoro svolto, paghe che si fanno sempre più esili e
occupazioni persistentemente precarie in tutti i settori sono i dati che saltano subito
all'occhio non appena si scorre il X Rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale
dei laureati italiani. Le retribuzioni: Quest'anno un laureato si è trovato nella propria busta
paga poco più di 1.000 euro, una cifra rimasta comunque quasi invariata rispetto alla
precedente rilevazione (1.042 euro). A tre anni dalla laurea il guadagno raggiunge quota
1.183 euro, proseguendo il lento ma costante trend di crescita delle precedenti rilevazioni
(+3,6% dal 2004). A cinque anni invece il guadagno è di 1.342 euro (+2%, era di 1.316
euro). Ma chi guadagna di più? Sono ancora i medici e gli ingegneri a portarsi a casa, a
cinque anni dal conseguimento del titolo, il portafoglio più gonfio. I laureati dei questi
gruppi guadagnano infatti rispettivamente 2.013 e 1.648 euro. All'estremo opposto si
trovano i laureati dei gruppi psicologico, 999 euro, insegnamento, 1.052, letterario 1.122.
Guadagno per attività economica: Ma anche coloro che lavorano nell'industria
percepiscono tra le più alte retribuzioni a cinque anni dalla laurea, a partire dal campo
chimico 1.730 euro, seguito dalla sanità 1.664 euro, dalla metalmeccanica e meccanica di
precisione: 1.580 euro. Nelle ultime posizioni della graduatoria ci sono istruzione e ricerca,
1.102 euro, che scalzano nella classifica generale del guadagno mensile dei laureati solo
le occupazioni legate ai servizi ricreativi, culturali e sportivi e ai servizi sociali ultimi in
classifica con una retribuzione che supera di poco i 1.000 euro.
Occupazione dei laureati nelle scienze: E se nei corsi di laurea scientifici, i più colpiti
dalla cosiddetta crisi di vocazioni, aumentano le immatricolazioni, migliora anche
parallelamente la condizione occupazionale. Considerando occupato anche chi è in
formazione retribuita, definizione, come si legge nel rapporto, necessaria per questi corsi
dove molti laureati proseguono gli studi, il tasso di occupazione per i neolaureati è già del
61% per matematica, 76% per fisica 86% per chimica. Immobilità sociale: Un paese
malato di immobilismo sociale: secondo il rapporto, solo chi è figlio di genitori laureati, a un
anno dal conseguimento del titolo, risulta essere più impegnato nella formazione (36%)
rispetto ai figli di genitori con la licenza elementare (15,5%). Altri elementi emergono, poi,
dal confronto tra laurea dei padri e laurea dei figli. Dal rapporto risulta, infatti, che il 44%
dei padri architetti ha un figlio laureato in architettura, il 42% dei padri laureati in
giurisprudenza ha un figlio con il medesimo titolo di studio, il 41% dei padri farmacisti ha
un figlio con lo stesso tipo di laurea, il 39% dei padri ingegneri ha un figlio ingegnere, il
39% dei padri medici ha un figlio laureato in medicina. Stabilità lavorativa: La stabilità è
definita dal lavoro autonomo (-0,9%) e dai contratti a tempo indeterminato che, invece,
risultano in aumento (+1%). Se la stabilità è in ripresa, a un anno dalla laurea la precarietà
non tende a diminuire, anzi continua lievemente a crescere. Dal 2000 al 2006 il lavoro
atipico è cresciuto di oltre 10 punti percentuali: dal 37 al 48%. In particolare, sono
aumentati consistentemente i contratti a tempo determinato (passati dal 13 al 22%).
L'analisi, per Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea, deve portare a proposte che il
consorzio interuniversitario sollecita al prossimo governo: «Aiutare le piccole e medie
aziende a compiere innovazioni di processo e di prodotto», perché la ripresa passa
«attraverso la valorizzazione delle risorse migliori che noi abbiamo».
Benedetta P. Pacelli, Italia oggi pag. 54