http://www.altalex.com/index.php?idnot=41156Lina, il Grande Fratello e la deontologia della vita privata
di Antonino Ciavola
Sommario: Il caso di cronaca - Decoro della professione e vita privata - Analisi del caso specifico
§ 1 – Il caso di cronaca
Come è noto, il Grande fratello è un reality show, basato su un format diffuso in tutto il mondo, ispirato all’opera “1984” di George Orwell, nel quale si espone al pubblico, eliminando ogni riservatezza, la vita dei protagonisti rinchiusi all’interno di una casa e filmati per 24 ore su 24.
Allo show partecipano concorrenti di diversa estrazione, motivati da un sostanzioso premio in denaro per il vincitore ma, ancor più, dalla prospettiva di entrare nel mondo dello spettacolo a seguito della notorietà che la partecipazione comporta.
Una dei concorrenti, l’ormai famosa Lina, è iscritta nell’albo dei medici e, a seguito di un rapporto intimo con un compagno della casa, e della pubblica diffusione del filmato, è stata oggetto di alcuni esposti rivolti al competente consiglio dell’ordine e finalizzati ad ottenerne la punizione in sede disciplinare per aver violato il decoro della professione medica.
§ 2 – Decoro della professione e vita privata
L’art. 1 del codice deontologico dei medici contiene un espresso riferimento alla vita privata del professionista, nei seguenti termini:
Il comportamento del medico, anche al di fuori dell'esercizio della professione, deve essere consono al decoro e alla dignità della stessa.
Un riferimento analogo è contenuto nel codice deontologico forense che, nel suo articolo 5, canone II, così prevede:
L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non riguardanti l’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine della classe forense.
Norma collegata a quella che precede è l’art. 56, canone I: anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato ha il dovere di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la fiducia che i terzi debbono avere nella sua capacità di adempiere i doveri professionali e nella dignità della professione.
Ancora, l’art. 59 prevede come illecito disciplinare l’inadempimento di obbligazioni estranee all’esercizio della professione quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la fiducia dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri professionali.
L’interpretazione delle norme di deontologia delle diverse professioni, salvi i casi relativi a comportamenti tipici di una determinata attività intellettuale, si ispira sempre a quella degli avvocati, poiché quest’ultima ha dato vita all’elaborazione giurisprudenziale più profonda e più numerosa.
L’indagine sul comportamento di Lina, pertanto, può essere compiuta anche facendo riferimento ai precedenti giurisprudenziali relativi a professioni diverse ed in particolare a quelli riguardanti gli avvocati.
La prima cosa da puntualizzare è che la vita privata del professionista può, in alcune ipotesi, essere rilevante ai fini disciplinari, ed infatti i riferimenti dei codici deontologici sono assai chiari.
Nel concetto di vita privata rientrano anche i comportamenti sentimentali e sessuali, sui quali riferiamo due importanti precedenti.
In un caso relativo al codice deontologico degli psicologii, la Cassazione ha confermato la punibilità di un iscritto che non aveva interrotto il rapporto professionale con una paziente dopo che questa si era innamorata di lui (ed era nata una relazione), e ciò malgrado all’epoca dei fatti non esistesse ancora il codice deontologico, trattandosi di regole ben conosciute e generalmente accettate dalla comunità professionale.
La stessa decisione è stata assunta nei confronti dell’avvocato “sorpreso in atteggiamento intimo e sconveniente con un detenuto, suo cliente, durante un colloquio tenuto in qualità di difensore presso la casa circondariale”ii.
L’orientamento espresso dagli organi disciplinari delle diverse professioni è abbastanza consolidato e prevede che il comportamento privato possa essere sanzionato disciplinarmente qualora diventi rilevante all’esterno e comporti una ripercussione sulla vita professionale dell’iscritto e, più in generale, la compromissione della dignità dell’intero corpo professionale di appartenenza.
Si tratta di principi assai risalenti, che troviamo anche in sentenze assai datate, ma sempre con precisazioni analoghe.
Il CNF ha affermato che la condotta privata è suscettibile di ledere il prestigio della professione quando i fatti si prestino, nella estimazione del pubblico, a estensioni e generalizzazioni a carico di tutti i colleghiiii.
La Cassazione ha tuttavia precisato che non si può penetrare nell’intimità della vita domestica, a meno che i fatti si riverberino all’esterno, entrando sotto il controllo e l’apprendimento della collettivitàiv.
L’esame delle decisioni più antiche è importante per accertare come il principio non si sia modificato nel tempo, e per confermare il fatto già accennato, che la casistica maggiore proviene dalla giurisprudenza forense.
Tra i fatti privati ritenuti lesivi del decoro professionale, in giurisprudenza troviamo il litigio in luogo pubblico, il sinistro stradale provocato in stato di ubriachezza, il tentativo di sottrarre un oggetto al supermercato, l’aggressione alla propria moglie nella pubblica via, lo striptease in locali notturni, e numerosi altri stravaganti precedenti.
La costante, nella giurisprudenza disciplinare, sembra essere quella della notorietà: insomma lo stesso fatto, in astratto riprovevole secondo la comune coscienza, diventa occasione per irrogare la sanzione disciplinare solo quando assuma una rilevanza esterna, mentre se resta segreto appartiene alla vita privata non valutabile dagli organi disciplinari.
Sintomo di tale atteggiamento mentale si rinviene nella sentenza sopra citata, a proposito dell’avvocatessa punita non tanto per aver scambiato effusioni con il cliente detenuto, ma per essersi fatta sorprendere nell’atteggiamento, peraltro ritenuto sconveniente proprio perché l’ingresso nel carcere era giustificato dalla qualità di difensore.
In sintesi, la violazione deontologica si riscontra quando un fatto privato, eticamente scorretto, diventa di dominio pubblico e quindi la collettività identifica il singolo professionista con il gruppo professionale di appartenenza, ritenendo in modo generalizzato che quei professionisti perdano, collettivamente, credibilità.
§ 3 – Analisi del caso specifico
La violazione deontologica per fatti attinenti alla vita privata, pertanto, si configura con la sussistenza delle seguenti condizioni: aver commesso un fatto eticamente riprovevole, la diffusa notorietà del fatto stesso, e la notorietà della qualificazione professionale del responsabile.
Questi ultimi due requisiti vengono spesso confusi, nel senso che a volte si ritiene necessario per riconoscere la responsabilità il fatto di spendere apertamente il titolo professionale, altre volte la responsabilità è riconosciuta per il solo fatto della notorietà di tale professione, indipendentemente dalla volontà dell’interessato di manifestarla.
Nel caso specifico, la notorietà del fatto è palese; su questo aspetto, però, sono opportune due riflessioni.
La prima è di ordine etico e riguarda l’evidente ipocrisia sopra accennata; ad esser sanzionato non è tanto il comportamento in sé quanto la sua notorietà.
La seconda riflessione riguarda invece la qualificazione del fatto, se cioè esso si possa definire come moralmente riprovevole.
Uno scambio di effusioni intime è generalmente accettato come espressione dei propri sentimenti, e non è quindi riprovevole in assoluto.
I comportamenti della vita di relazione dei professionisti, secondo la Suprema Corte, sono disciplinarmente rilevanti “purchè siano tali da ledere il comune sentimento della collettività in proposito”v.
L’indagine deve tendere quindi a valutare se il comportamento che può essere contestato riguarda lo scambio di effusioni o addirittura (come pare di capire) la stessa partecipazione al Grande Fratello.
Sembra infatti che gli oppositori di Lina non contestino tanto il singolo episodio quanto il fatto che un medico esponga la propria vita, comprensiva della propria intimità, alla collettività dei telespettatori.
In questo caso sarebbe difficile sostenere che questo comportamento leda il comune sentimento, trattandosi di una trasmissione televisiva diffusa in tutto il mondo (nelle diverse edizioni) e seguita da milioni di telespettatori.
Non mi sembra, pertanto, che vi sia qualcosa di riprovevole; non la partecipazione alla trasmissione in sé (se il pubblico la gradisce, essa non è immorale nel senso collettivo); non lo scambio di effusioni, come detto sopra; ed infine, non vi è stata la spendita del titolo professionale (Lina non partecipa in qualità di medico, e la notorietà che acquisisce non le porterà di certo nuovi pazienti).
Sia pure a seguito di un esame sommario, pertanto, e considerata la originalità della fattispecie, ritengo che non possa essere irrogata una sanzione disciplinare.
Volendo ricercare il precedente che, sia pure indirettamente, possa aiutarci a motivare l’orientamento favorevole all’incolpata, la mente corre al caso dell’avvocatessa francese che, negli anni 2000 e 2001, suonava la fisarmonica nelle piazze pubbliche sollecitando la generosità dei passanti che depositavano le monete in una custodia di violino posta, aperta, ai piedi della musicista.
Il caso è stato deciso dalla Corte d’Appello di Bordeaux, sez. I, 3 giugno 2003 n. 6732vi.
Nella motivazione della sentenza è precisato che la professione di avvocato non consente alcuna attività pubblica o privata che possa violare il dovere di dignità; tuttavia il comportamento esaminato non è sanzionabile qualora manchino segni esteriori che richiamino la doppia qualità del concertista – avvocato.
Il caso specifico era certamente più grave rispetto a quello di Lina, poiché svolgere un’attività musicale per strada ingenera nei passanti l’idea che la professione di avvocato sia poco brillante ed insufficiente ad assicurare un’esistenza dignitosa.
La Corte d’Appello di Bordeaux, dopo aver osservato che l’avvocatessa non indossava la toga né alcun segno esteriore idoneo a richiamare la sua attività forense, l’ha assolta.
L’autorevole commentatore che ha criticato favorevolmente la sentenza ha precisato, anche con alcuni esempi, che i fatti della vita privata sono censurabili solo quando, evidenziatasi all’esterno la qualifica professionale, compromettano l’immagine del corpo di appartenenza.
Nella stessa nota di commento citata, inoltre, si evidenzia che i principi deontologici francesi sono pressoché identici ai nostri, con conseguente utilizzabilità della sentenza come autorevole precedente.
Qualora Lina dovesse riuscire nell’intento di sfondare nel mondo dello spettacolo, potrà quindi essere sanzionata solo se, indossando il camice, girerà un film erotico il cui titolo potrebbe essere: La dottoressa al distretto militare 2 – il ritorno!
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i Cass. Civ., sez. III, sentenza 3 dicembre 2007, n. 25183.
ii CNF, 16 marzo 2004 n. 42, che ha ridotto a tre mesi di sospensione la sanzione di sei mesi fissata dal Consiglio dell’Ordine locale.
iii CNF, 12 maggio 1958.
iv Cass., sez. Unite, 27 maggio 1929, riportata da C. LEGA, Deontologia forense, 1975.
v Cass., sez. Unite, 24 agosto 1999 n. 597.
vi La sentenza è pubblicata in La previdenza forense n. 1/2005, con nota di R. DANOVI.