Messaggioda GiovaniAvvocati » mar lug 29, 2008 2:38 pm
ASSOCIAZIONI FORENSI
Giovani avvocati: una nuova immagine per modernizzare la categoria
Il Sole 24 Ore - Guida al Diritto Numero 22 del 31/05/2008 Pagina 10
EDITORIALE
Occorre valorizzare il ruolo delle donne all'interno degli organismi rappresentativi
di Gaetano Romano *
IL TEMA DELLA SETTIMANA
L'Anpa cambia volto. Dopo dieci anni di attività l'associazione rappresentativa dei legali diventa Ugai (Unione giovani avvocati italiani) e apre le sue porte anche al resto della categoria. Si tratta di una vera e propria mutazione culturale, che avvicinerà il nuovo soggetto agli interessi più ampi dei professionisti. A segnare e gestire il delicato passaggio è il presidente Gaetano Romano.
Sull'onda dei risultati conseguiti negli ultimi anni, l'Anpa-Giovani legali italiani ha statuito di rimodulare la propria identità associativa sincronizzandola ai nuovi obiettivi sociali. La nuova associazione Ugai (Unione giovani avvocati italiani), pur mantenendone il profilo giovanile ponendo ai fini dell'adesione un limite di iscrizione all'albo degli avvocati (8 anni), intende idealmente aprirsi agli avvocati cassazionisti. Invero vi possono essere punti sintonici tra le diverse categorie generazionali della classe forense. Nell'ultimo anno abbiamo sentito pesante, ma non ingombrante, la fiducia in noi riposta da parte della base dell'avvocatura al fine del contrasto della formazione coattiva le cui spese sono state poste per lo più a carico dei colleghi. Un anno or sono avevamo investito formalmente della questione, con un'apposita segnalazione, l'Agcm la quale, pur da noi notiziata, anche in sede di una particolare audizione, circa gli effetti nefasti che si sarebbero determinati dalla formazione obbligatoria, non ha a oggi ritenuto di tutelare la base dell'avvocatura. Per questo motivo qualche mese fa abbiamo formalizzato una denuncia alla Commissione europea, divisione Competition ai sensi dell'articolo 7 del regolamento 1/2003 per possibile violazione, da parte del regolamento nazionale sulla formazione, dell'articolo 81 del trattato Ce.
All'Antitrust europeo - che ha una collocazione sovranazionale naturalmente immune da riferimenti territoriali - abbiamo rappresentato non solo, a nostro parere, le ingiustificate e anticoncorrenziali esenzioni e/o facilitazioni previste per taluni nel regolamento, ma altresì l'aggravio, soprattutto economico, a carico della base della classe forense. I corsi non onerosi, in quasi tutta Italia, sono davvero pochi tanto che nel titolo di un articolo della Repubblica (edizione Milano) del 5 gennaio 2008 si parlava di «formazione già diventata un business». Più esplicitamente un articolo del quotidiano Libero del 4 dicembre 2007 era intitolato «Corsi di aggiornamento obbligatori per spillare quattrini agli avvocati». Confidiamo pienamente anche nell'autorità giudiziaria amministrativa che, dal Tar Friuli Venezia-Giulia al Tar Lazio, è stata investita della questione formazione da diversi avvocati.
È poi sempre per merito di una nostra ricerca condotta all'interno di quasi tutti i singoli Consigli nazionali degli avvocati d'Europa (quindi anche oltre i limiti dell'Unione europea) - ripresa dal Sole-24Ore prima e nell'articolo del 6 novembre 2007 intitolato Avvocatura per soli uomini di Panorama on line poi - se si è saputo che il massimo organo istituzionale forense italiano sembra essere l'unico a livello del continente europeo, tra quelli da noi considerati, a non avere alcuna donna avvocato tra i propri 26 membri.
Tutto ciò ancorché la media delle donne iscritte all'albo degli avvocati italiano è del 36%, pari quasi alla media delle donne avvocato nel continente europeo (287.232 pari al 35%). Per fortuna in Italia ci si apre alla presenza femminile su tutti gli altri fronti, e in alcuni casi - come nel caso di Confindustria - si ha la lungimiranza di affidare meritoriamente la rappresentanza dell'apparato produttivo per antonomasia della Nazione a chi non ha il solo pregio di essere donna, ma ha dimostrato la migliore attitudine a quel ruolo dopo l'eccellente presidenza Montezemolo. L'Ugai statutariamente intende rappresentare l'avanguardia non solo dei giovani avvocati e dei praticanti, ma anche del ruolo e della presenza delle donne nell'avvocatura.
È necessario quindi risollevare l'immagine pubblica degli avvocati che, negli ultimi anni, si è oltremodo deteriorata agli occhi dei cittadini. Secondo il X rapporto di AlmaLaurea, il consorzio cui aderiscono una quarantina di università, il 42% dei laureati in giurisprudenza - record tra tutti i professionisti - ha un figlio con il medesimo titolo di studio. Si danneggia l'immagine esterna dell'avvocatura cercando di bloccare l'accesso alla professione; secondo le percentuali pubblicate in un articolo del Sole-24Ore del 14 aprile 2008 noi desumiamo come i praticanti avvocati debbano fronteggiare l'esame (con appena il 35% dei promossi) più rigoroso tra tutte le professioni. D'altro canto è da rilevare come la clientela che possono presidiare i neoavvocati, com'è noto, è per molti anni di risibile entità; se davvero c'è un problema di proletarizzazione degli avvocati, sarebbe utile valutare la possibilità giuridica di un pensionamento obbligatorio per gli avvocati ultrasessantacinquenni in modo da liberare la grandissima parte del contenzioso processuale.
Un'altra questione intergenerazionale molto sentita è la sempre maggiore ingerenza degli ordini professionali in genere nell'autonomia professionale, economica e persino personale degli iscritti. Ha destato inevitabile scalpore l'intervista resa da alcuni rappresentanti dell'ordine dei medici di Napoli secondo cui si sarebbe potuto verificare, sotto il profilo disciplinare, la possibile lesione del decoro da parte di una loro iscritta solo perché in un reality show si era appartata con un altro concorrente innanzi le telecamere. La difesa mediatica della libertà etica e personale, al di fuori della professione, della dottoressa, come di ogni altro professionista, da parte della nostra associazione, anche come ospiti della trasmissione l'Arena all'interno di Domenica In su Raiuno il 30 marzo 2008, nonché la negativa eco tra i cittadini che il fatto ha ovviamente suscitato, pare avere fatto rientrare immediatamente l'incredibile possibile iniziativa disciplinare. Qualche giorno dopo, attraverso un comunicato stampa dell'Aduc, si è avuta notizia che un gruppo di medici milanesi ha chiesto l'abolizione dell'ordine professionale perché esso rappresenterebbe un «impedimento alla libertà professionale» dato che «queste corporazioni hanno il solo scopo di amministrare e difendere privilegi acquisiti, soprattutto dai loro dirigenti». Un gruppo di architetti milanesi qualche mese fa aveva deciso di pagare solo parte della quota di contributo obbligatorio annuale imposto dall'ordine locale ritenendolo troppo gravoso e comunque non in linea con l'articolo 7 del decreto legislativo luogotenenziale n. 382 del 1944 che limita la possibilità al Consiglio di stabilire una tassa annuale «entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell'Ordine o Collegio». Successivamente nella normativa - che dovrebbe valere per tutte le libere professioni - si conferma che, esclusa giustamente la previdenza, nessun altro pagamento «può essere imposto o riscosso per l'esercizio della professione a carico degli iscritti nell'albo».
Ciò che noi sicuramente desumiamo è che l'abolizione degli ordini professionali equivarrebbe per gli iscritti a non dover pagare obbligatoriamente le tasse coattive annuali, e non dovere sostenere i costi e la perdita di tempo della formazione obbligatoria. È indubbio poi che proposte come quella magari di scriminare gli avvocati in base alle specializzazioni, di introdurre un esame obbligatorio per diventare cassazionista, di obbligare tutti gli iscritti a nuove spese per l'assicurazione professionale coattiva, aumentino il divario tra i professionisti e i loro rappresentanti. A chi ha forse ritenuto che gli avvocati dovessero tornare sui banchi di scuola formativi ricordiamo che in un recente sondaggio Doxa di Milano condotto da Stefania Lombardo e pubblicato in un articolo del Mondo del 30 novembre 2007 risulta che gli avvocati, pur avendo la peggiore reputazione tra i liberi professionisti, sono ritenuti dotati della più «alta preparazione culturale e professionale». L'attuale Ugai, nel solco della tradizione giuridica, sociale e politica dell'Anpa-giovani legali italiani dalla quale discende unitariamente in modo esclusivo, intende poi consolidare il rapporto con le altre associazioni di giovani professionisti e con le associazioni dei consumatori (Adiconsum, Adusbef, Cittadinanzattiva, Movimento consumatori, Confconsumatori, Federconsumatori, Unione nazionale consumatori) con tutte le quali ha sottoscritto, prima delle recenti elezioni, un unitario appello pubblico alle forze politiche perché non accettassero finanziamenti dalle corporazioni.
È essenziale riavvicinare la classe forense alle esigenze dei consumatori che hanno visto, loro malgrado, dal 10 luglio 2006 al 23 novembre 2007 l'indizione di scioperi, da parte dell'avvocatura, complessivamente per ben 45 giorni. Si consideri che, sempre secondo i nostri calcoli, nel ben più vasto arco temporale che va dall'11 febbraio 2000 al 27 giugno 2006 (ovvero in tutti i quasi 6 anni precedenti) ci si era astenuti dalle udienze per un numero quasi uguale, ovvero 42 giorni. L'astensione dalle udienze è sempre più inconcepibile e dannosa per i cittadini specie quando talvolta ha a oggetto rivendicazioni, come la separazione della carriere dei magistrati, viste come questioni assai lontane dai propri interessi; ricordiamo che, al referendum del 2000 sul tema, su 49 milioni di aventi diritto al voto quasi il 70% (per l'esattezza il 68,00%) decise di non andare neppure a votare. Non ci si deve stupire se poi il cittadino-consumatore accumula idiosincrasia verso la categoria degli avvocati richiedendo ai vari Governi un intervento di tutela. L'Unione giovani avvocati italiani si propone di dare alla società civile una nuova immagine della classe forense anche attraverso un forum di discussione, diverso dal nuovo sito ufficiale dell'associazione, aperto non solo agli utenti del mondo giudiziario, ma anche ai cittadini che vogliano sapere come districarsi meglio nelle problematiche giuridiche.
* Presidente dell'Unione giovani avvocati italiani