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GIOVANI AVVOCATI SU INDAGINE ANTITRUST

Inviato: mar mar 24, 2009 3:54 pm
da GiovaniAvvocati
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/p ... icle=L63QR
Laura Cavestri, Il Sole 24 Ore 24/3/09 pag. 35
Le categorie contro l’Antitrust
“Una visione ideologica della realtà,che non tiene conto di come oggi i professionisti si
facciano carico (a costi ridicoli) delle carenze della Pa e delle difficoltà dei propri clienti a
pagare le prestazioni. Benchè ci siano obblighi fiscali da onorare e ai quali noi, anche in
questa fase di crisi, non ci stiamo sottraendo”. Dura la replica del Presidente dei consulenti
del lavoro, Marina Calderone all’impostazione dell’istruttoria Antitrust secondo cui gli
Ordini non avrebbero fatto abbastanza per completare una vera liberalizzazione del
comparto, mantenendo in vita tariffe non più obbligatorie ma “consigliate” nei codici
deontologici, per scoraggiare pubblicità e multidisciplinarietà. Respinge “con fermezza”
che ci sia stata “chiusura” da parte del Notariato, il presidente Paolo Piccoli. “Innanzitutto
perché abbiamo introdotto la pubblicità nel Codice, dal 2005, una ano prima che arrivasse
la Bersani”. Piccoli ritiene “incomprensibile” l’ottica dell’Antitrust soprattutto nel rispetto
della concorrenza. “Ma se si parla di svolgere una funzione pubblica, quale è quella del
notaio, come per i magistrati, non si coglie tutta la complessità del nostro ruolo, peraltro
riconosciuto non solo dalla Cassazione (sentenza 9878/08), ma anche dall’elaborazione
giurisprudenziale che ha escluso la categoria anche dalle direttive servizi”. Esprime
sconcerto anche i presidente degli architetti e del Cup, Raffaele Sirica, “per una nuova
campagna antiordinistica artificiosamente indotta da toni e giudizi generali, che non
tengono conto di tariffe dimezzate del settore”. “Nel solo sistema dei lavori pubblici –
aggiunge Pietro de Paola (geologi) – i ribassi sono stati dell’85%, mandando in crisi
proprio quei giovani che dovrebbero beneficiare delle liberalizzazioni”. Il presidente degli
Ingegneri, Paolo Stefenelli ha mandato un telegramma al presidente del Consiglio perché
“fortemente irritato” dalle conclusioni dell’Antitrust. “Il governo faccia rapidamente la
riforma delle professioni – aggiunge Gaetano Stella (Confprofessioni) – i sistema non sta
favorendo i cittadini ma ha indebolitole professioni”. Controcorrente i giovani avvocati
dell’Ugai: “L’Antitrust finalmente riconosce ciò che da oltre due ani denunciamo. E la legge
Bersani può essere ancor più arricchita introducendo la possibilità di costituire società di
capitali come già proposto dal presidente dei commercialisti Claudio Siciliotti”.
Infine per i
tributaristi Lapet “Solo riformando tutto il mondo professionale, ordini stico e non, si può
conferire al sistema una sana concorrenza”.

Re: GIOVANI AVVOCATI SU INDAGINE ANTITRUST

Inviato: mar mar 24, 2009 4:09 pm
da GiovaniAvvocati
COMUNICATO STAMPA

“SUL DL BERSANI L’ ANTITRUST DA’ RAGIONE ALLA NOSTRA DENUNCIA; SULLA SEGNALAZIONE IN MERITO ALLA FORMAZIONE A SPESE DEGLI AVVOCATI DECIDERA’ LA COMMISSIONE EUROPEA ”

“Anche se con largo ritardo, l’Antitrust ha riconosciuto fondatezza alla nostra denuncia- segnalazione inviata all’ Autorità Garante Concorrenza e Marcato ormai quasi due anni fa in merito al non esaustivo adeguamento del codice deontologico forense alla Legge Bersani.
E’ evidente che le gerarchie ordinistiche si siano rintanate in un fortino corporativo con ingenti danni per il sistema produttivo italiano, per i consumatori ma anche per i propri iscritti cui – a dispetto delle sempre più corpose tasse annuali - viene inibito di svolgere la propria professione in modo da poter competere con gli altri colleghi europei. Porre ancora dei vincoli sostanziali al fatto di potere sfruttare appieno la pubblicità informativa, di adottare tariffe al di sotto del minimo, significa creare dinamiche anticoncorrenziali che acuiscono lo stato di crisi economica in cui versa l’Italia.
La legge Bersani può essere ancor di più arricchita solamente introducendo anche la possibilità di costituire – nell’ambito delle professioni - società di capitali anche con apporto esterno la qual cosa - come ha dedotto in maniera condivisibile il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti – aiuterebbe i giovani.
Rimaniamo delusi dalla mancata stigmatizzazione – a mezzo dell’ indagine Antitrust – della formazione “business” coattiva a spese degli avvocati che ormai è attenzionata persino dai grandi organi di informazione (si veda la recente inchiesta a pg 65 del “Corriere Magazine” del Corriere della Sera firmata da Agostino Gramigna nell’articolo intitolato “E’ caccia ai corsi per gli avvocati a punti”).
Su questo tema - dopo la denuncia all’ Antitrust italiano - continueremo la battaglia con la nostra segnalazione alla Commissione Europea , Divisione Concorrenza atteso che la formazione coattiva a spese degli avvocati – a nostro parere - violerebbe anche l’art 7 del decreto legislativo luogotenenziale 23.11.1944, n 382 che stabilisce che i Consigli degli Ordini non possono esigere contributi dai propri iscritti se non nei “limiti strettamente necessari a coprire le spese dell’Ordine”. Non è chi non veda come nessuna legge dello Stato italiano preveda che un Ordine forense obblighi i propri iscritti a spese funzionali alla formazione obbligatoria.

Re: GIOVANI AVVOCATI SU INDAGINE ANTITRUST

Inviato: ven apr 10, 2009 3:08 pm
da GiovaniAvvocati
Intervento di Daniela Marchesi su lavoce.info

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000926.html

"L’ipotesi di ricorrere al numero chiuso per contenere l’eccesso di domanda di giustizia non mi sembra, però, una proposta condivisibile. Il fatto che si rilevi una correlazione tra numero dei processi e numero degli avvocati non dà indicazioni chiare sulle relazioni di causalità tra i due fenomeni: è possibile che ciò si verifichi perché gli avvocati, quando sono troppi, cercano di procurarsi il lavoro alimentando la domanda di giustizia, cosa che giustificherebbe il numero chiuso. Ma è altrettanto possibile che, invece, vi siano più avvocati dove vi è più litigiosità, proprio perché vi è più lavoro e vi sono più opportunità. In tal caso, il numero chiuso sarebbe una distorsione imposta dall’alto e porterebbe più danni che vantaggi, quali ad esempio rendite e inadeguatezza del servizio.
Assai più neutro e con maggiori garanzie di successo sarebbe invece un intervento che modifichi la formula di determinazione dell’onorario degli avvocati, attualmente a prestazione, in una modalità a forfait, che favorirebbe un concorrenza virtuosa tra i legali incentivando l’alleggerimento dei fascicoli processuali e riducendo i tempi dei processi.
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http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001047.html
PERCHE' ALL'ORDINE NON PIACE LA CONCORRENZA
di Daniela Marchesi 07.04.2009
A più di due anni dal decreto Bersani, i servizi professionali appaiono ancora assai poco concorrenziali. La riforma è stata sostanzialmente annullata dall'azione degli ordini, che hanno utilizzato i codici deontologici per ridurre al minimo i cambiamenti, soprattutto sulla disciplina delle tariffe e la pubblicità. Ma mettere all'indice i minimi tariffari ha un valore più simbolico che di sostanza. In ambito legale, la regola da smantellare è quella che determina l'onorario degli avvocati secondo il numero degli atti svolti. Per passare alla parcella a forfait.

L’indagine conoscitiva dell'Autorità per la concorrenza sulla liberalizzazione degli ordini professionali ripropone la questione della mancanza di concorrenza nel mercato dei servizi professionali. E in modo particolare in quello dei servizi legali.

LA SCAPPATOIA DEL CODICE DEONTOLOGICO

L’indagine conoscitiva analizza i codici deontologici adottati dai principali ordini professionali: la maggioranza contiene disposizioni in materia di compensi, di attività pubblicitaria e di organizzazione societaria dell’attività professionale che risultano ingiustificatamente restrittive della concorrenza. Il risultato generale è che a due anni e mezzo dal decreto Bersani, il settore appare ancora assai poco concorrenziale e gli effetti della riforma sono stati sostanzialmente annullati dall’azione degli ordini, che soprattutto attraverso i codici deontologici, hanno ampiamente utilizzato gli spazi concessi dalla legge per ridurre all'indispensabile i cambiamenti, specialmente riguardo la disciplina delle tariffe minime e fisse e la pubblicità.
Fra tutte le politiche attuate dai diversi ordini in conseguenza del decreto Bersani, l'Autorità ritiene che richiedano maggiore attenzione quelle intraprese dal Consiglio nazionale forense, sia per la decisa resistenza al cambiamento, sia “in quanto proveniente da professionisti del settore legale e quindi idonea a rappresentare una guida per gli appartenenti alle altre categorie professionali”.
In particolare, i punti principali su cui l’Autorità propone di intervenire sono l'eliminazione delle tariffe minime e l'apertura alla pubblicità.
Come prevedeva il decreto Bersani nella formula originaria, prima degli ammorbidimenti introdotti in sede di conversione in legge, nuove modifiche normative dovrebbero rendere automatica l’abrogazione di qualsiasi disposizione legislativa e regolamentare che stabilisca tariffe minime o fisse e non solo di quelle che tali tariffe rendano obbligatorie. L’idea sottostante è che se tali tariffe restano anche solo a scopo orientativo, lo sviluppo di una reale concorrenza sui prezzi non può svilupparsi: l’esistenza di una griglia di tariffe di riferimento fa da regola sia nella definizione degli onorari in sede di computo delle spese in sede giudiziaria, sia nelle decisioni relative alla concessione del parere di congruità della parcella, che gli ordini sono chiamati a emettere quando sorgano questioni, anche tra cliente e professionista, sull’ammontare del compenso da liquidare. Di conseguenza, indirettamente tutto il mercato finisce per rimanere ancorato a tali prezzi di riferimento.
Si dovrebbero sottrarre agli ordini i poteri di controllo, ossia di verifica della trasparenza e veridicità, sull’attività di pubblicità svolta dai professionisti, previsti dal decreto Bersani. Dall’indagine svolta dall’Autorità sui diversi codici deontologici emerge infatti che, per via di tale potere, sono state imposte serie limitazioni all’attività della pubblicità.

MEGLIO IL FORFAIT

L'obiettivo comune di tali proposte è di promuovere una concorrenza virtuosa che di fatto renda i prezzi segnali di qualità anche in questo settore, eliminando rendite e opacità.
In realtà, mettere all'indice i minimi tariffari ha un valore più simbolico che di sostanza. Certamente, i minimi tariffari sono inutilmente coercitivi, e sono assolutamente inidonei a svolgere un ruolo di difesa dell'interesse del cliente da inettitudini professionali: fornire questa garanzia dovrebbe invece essere compito e ruolo degli ordini.
I minimi sono però tutto sommato innocui rispetto alle distorsioni del mercato dei servizi legali. Se l'obiettivoè rendere i prezzi dei servizi professionali segnali di qualità, la regola da smantellare è piuttosto quella che governa la formula di determinazione dell'onorario degli avvocati e di alcune aree di attività di altre professioni, ossia le tariffe a prestazione. Una sorta di compenso a cottimo che fa corrispondere un prezzo a ogni atto del professionista: tanto più è elevato il numero di attività svolte, tanto più alta è la parcella. Le tariffe riguardano infatti solo i singoli atti e prestazioni che l'avvocato svolge, ma il loro numero può, per uno stesso caso, variare molto a seconda della strategia processuale scelta dal legale. Si può arrivare al paradosso per cui la parcella presentata dall'avvocato che pratica prezzi inferiori ai minimi sia più alta di quella di un altro che invece non fa sconti, ma sceglie una strategia processuale più snella e magari anche più efficace. In altri termini, a che servono pubblicità e assenza di limiti al ribasso delle tariffe se poi non si può sapere in anticipo il costo complessivo del servizio, e perciò non si è in grado di confrontare le offerte di due diversi professionisti né farsi un'idea del rapporto qualità prezzo?
Anche se si consentisse al singolo avvocato di praticare prezzi inferiori agli attuali minimi, che peraltro oggi non sono alti, e se pure contemporaneamente gli si consentisse di pubblicizzare questa sua scelta, il potenziale cliente non sarebbe comunque messo in grado di scegliere se conviene rivolgersi a questo piuttosto che a un altro professionista. Non sarebbe nemmeno messo in condizione di capire se entrare in causa gli conviene oppure no: se la parcella dipende da quanto si complicherà la contesa, un preventivo di spesa non è possibile. Il risultato in termini di concorrenza sarebbe deludente.
Inoltre, per il cliente, il fatto che un avvocato abbia svolto la causa con un gran numero di attività non è affatto garanzia di un servizio migliore, poiché questa formula incentiva comportamenti distorti: tanto più l'avvocato è abile e riesce a ridurre al minimo la contesa, tanto meno viene pagato, l'incentivo di comportamento è quello di complicare la dinamica delle contese. O quanto meno non è quello di semplificarle. In Italia, in proporzione, costa meno affrontare una causa di grande valore che una di valore modesto: da dati della Commissione Ue emerge che una causa civile quattro volte più piccola comporta costi di difesa, in proporzione al valore della causa, quattro volte maggiori. In Germania, dove gli onorari sono determinati a forfait, questa sproporzione si riduce della metà. Ciò significa che in Italia una causa civile di modesta importanza si svolge con un grado di complicazione, di lavoro professionale e impiego di risorse pubbliche vicino a quello di una causa in cui sono in gioco somme rilevanti.
E questa è la conseguenza di una formula economicamente irrazionale di determinazione delle parcelle che, oltre a dare luogo a opacità, concorre non poco alla congestione della giustizia. Se gli onorari sono a forfait, i preventivi di spesa sono possibili, così come i confronti tra le offerte di vari professionisti. In questo modo, i prezzi diventano segnali di qualità. E l'avvocato non ha incentivo ad assecondare tattiche dilatorie, né tanto meno a rendere il fascicolo più carico dello stretto necessario, perché comunque sia il compenso resta inalterato. Imporre parcelle di importo anche non completamente libero, ma forfettario, risolverebbe i problemi di concorrenza nel mercato dei servizi legali. E alleggerirebbe non poco anche la congestione della giustizia civile. Sarebbe una riforma a costo zero con vantaggi economici notevoli.