Ciò che è stato pubblicato oggi a pg 39 "Classe forense,i numeri da sfatare" di oggi 28/4/2009
di Gaetano Romano - Presidente Unione giovani avvocati italiani
Nel dibattito sulla professione forense si fanno strada alcune leggende metropolitane, come quella sul numero degli avvocati in Italia. Si dice: a Roma i professionisti sono numerosi (20.186) come in tutta la Francia (si veda «lì Sole 24 Ore» del 21aprile). Ma il caso francese è singolare: negli altri grandi Paesi Ue gli avvocati sono quasi ovunque sopra quota 150 mila (159.295 in Spagna, 150.375 in Germania, 151.802 in Inghilterra - Galles). L’Ordine locale di Madrid, con ben 45.166 iscritti, è il più grande d’Europa, mentre Monaco (18.364) ha un numero di legali quasi pari a Roma. Il numero dì 213.081 avvocati italiani dichiarati dal Consiglio nazionale forense - non esistendo alcun Albo nazionale —è forse azzardato in assenza di un trasparente documento con gli iscritti suddivisi per ordine locale. Se partiamo dal dato Censis 2006 (153mila avvocati), sommando i circa 15 mila abilitati per sessione, avremmo circa 183mila professionisti. Non è neppure vero che ci sia una correlazione tra il numero di avvocati e l’aumento del contenzioso processuale. Parigi e Monaco hanno pressoché lo stesso numero di avvocati di Roma (Madrid addirittura più del doppio) e un ben differente numero di processi pendenti. Sarebbe quindi più responsabile - in luogo di controriforme degli ordinamenti - aumentare il numero di magistrati. Spiace poi che chi ha la pretesa di rappresentare a livello nazionale la classe forense continui quasi a dubitare della reale preparazione della base. Secondo invece una ricerca commissionata dal Cnf al Censis e all’Università Roma Tre—i1 66,5% dei clienti ritiene che i servizi degli avvocati siano in linea con le proprie aspettative. Non si comprende quindi perché il Cnf chieda una riforma per gravare gli avvocati non solo della formazione coattiva e di un possibile esame per diventare Cassazionista ma anche dell’assicurazione civile obbligatoria che aprirebbe il varco a un aumento vorticoso di cause, magari pretestuose, per responsabilità professionale (come già avviene per i medici).