Sulla pagina fan di Gaetano Romano troverete questo articolo UGAI contro la Riforma Alfano pubblicato sull'ultimo numero di Guida al Diritto
http://it-it.facebook.com/pages/GAETANO ... 6207124912
Il Governo nazionale - sollecitato dal Consiglio Nazionale Forense e da alcune associazioni forensi - sembra intenzionato a porre mano alla riforma dell’ordinamento professionale forense. Noi ,giovani avvocati, riteniamo deleteria questa proposta promanante ,in particolare, dagli esponenti dell’avvocatura cassazionista. Non è infatti ,in favore degli avvocati, la previsione della formazione coattiva che tanto grava, quasi ovunque, in termini di esborso economico e di sottrazione di tempo all’attività professionale di ciascun professionista. Non è nell’interesse dei giovani avvocati, che i componenti del CNF – già tutti cassazionisti - chiedano l’abolizione dell’ attuale sistema di abilitazione automatica al patrocinio in Cassazione dopo un certo numero di anni di anzianità professionale. Non è nell’interesse della base degli avvocati introdurre l’assicurazione civile obbligatoria , che aprirebbe il varco ad un aumento vorticoso di cause, magari pretestuose, per responsabilità professionale dei legali (come già avviene per i medici). Da ricusare altresì la tenuta, presso gli ordini, di elenchi degli avvocati specialisti , nonché la facoltà per il CNF di determinare il livello ,non solo dei contributi annuali obbligatori a carico dei cassazionisti, ma anche quelli degli avvocati iscritti negli altri albi ed elenchi. Parimenti da stigmatizzare la possibilità , per gli Ordini locali, di cancellare gli avvocati che ,persino con una media anzianità professionale, non raggiungendo un reddito minimo prestabilito, non verrebbero magari ritenuti esercitanti la professione con continuità. Costoro - al fine di evitare la cancellazione d’ ufficio – contribuirebbero ad una progressiva corsa all'accaparramento di clientela con un aumento esponenziale del contenzioso processuale. Gli ordini locali poi - con la controriforma - avrebbero il non invidiabile mandato di tramutarsi quasi in “controllori fiscali” - d’intesa con gli uffici finanziari – circa i redditi professionali (anche al di sotto di un minimo) degli iscritti. Ci stupiamo che la maggior parte degli ordini locali abbia avallato un progetto che decreterà ,assai probabilmente, la riduzione quasi totale del proprio spazio d’azione. La proposta ,onusta di richiami a “regolamenti” emanandi dal Consiglio Nazionale Forense, si denota infatti per un’ impostazione autoritaria ed accentratrice; si va dal potere ispettivo del CNF in relazione ai procedimenti disciplinari locali agli iscritti, fino addirittura ai “commissari” ,inviati presso gli ordini territoriali, per ovviare alle eventuali omesse revisioni degli albi finalizzate anche alle cancellazioni coattive degli avvocati per reddito ritenuto troppo basso. Spiace che gli ordini locali non abbiano saputo o voluto - innanzi al C.N.F - difendere gli interessi dei propri rappresentati. Dato per assodato che il Consiglio Nazionale Forense dovrebbe in teoria rappresentare anche i giovani avvocati e le donne, e che invece è composto solo da avvocati cassazionisti e - unico caso nel continente europeo - da 26 componenti tutti di sesso maschile , ci siamo chiesti che tipo di rappresentatività abbiano gli ordini locali. Dai dati raccolti dall’ Unione Giovani Avvocati Italiani ,pubblicati sulla stampa nazionale, risulta che ,su un campione di circa 80.000 avvocati di Ordini di tutte le dimensioni ed aree geografiche, la percentuale nazionale di votanti alle elezioni per il rinnovo degli ordini locali 2008 è stata inferiore al 45% .Nei due più grossi fori italiani la percentuale scende clamorosamente al 32% (Roma) ed al 33% (Milano).La mancanza di rappresentatività degli ordini locali non giustifica ,a nostro parere, l’accondiscendenza al quasi “funerale” della propria autonomia istituzionale e gestionale, decretato dalla proposta del CNF .Organismo, il CNF, i cui componenti, ricordiamo, non sono votati direttamente dalla base degli avvocati. Ma quale tipo di legittimazione avrebbero quelle associazioni ,che hanno avallato la proposta di riforma, e che hanno ritenuto di richiedere di essere riconosciute dal cd Congresso Nazionale Forense (pagato dalla base degli avvocati) ? I giovani avvocati si sono adoperati per verificare il mai controllato indice di partecipazione degli avvocati alle elezioni per votare - presso i vari Fori italiani - i cd delegati congressuali. Tra i pochi siti internet degli ordini locali forensi che hanno pubblicato i dati relativi agli avvocati votanti ci sono Milano e Bologna (che ospitava il Congresso) ; ebbene, in questi due Fori hanno votato ufficialmente rispettivamente addirittura meno del 6% e del 4% degli aventi diritto al voto. Siamo ben consapevoli che, presumibilmente, le percentuali negli altri Fori non siano dissimili. Alla luce di tutto ciò, sarebbe più opportuno convocare un referendum tra gli avvocati, per verificare il grado di contrarietà alla proposta di riforma che graverà giustappunto sulla base della classe forense. Completando l’analisi della proposta di controriforma del C.N.F. si nota la previsione di un accesso alla professione inutilmente farraginoso ed improponibile, perchè, se da una parte renderà quasi impossibile il superamento dell’esame, dall’altra non apporterà alcun beneficio a chi è già avvocato, essendo i neoavvocati, per tanti anni, quasi “innocui” sul piano della concorrenzialità professionale. Altra efficacia immediata avrebbe avuto , in favore dei giovani avvocati, la previsione del prepensionamento per gli avvocati ultrasessantacinquenni in modo tale da liberare la gran parte del contenzioso processuale. Negativa ,in particolare, la previsione delle scuole forensi a pagamento che graveranno ,in termini di perdite di tempo e di danaro, sui praticanti avvocati, nonché sugli studi legali che avranno a disposizione - solo part time - i giovani colleghi. Manca colpevolmente nella proposta, la previsione della partecipazione alle società professionali da parte dei soci di mero capitale, la qual cosa invece garantirebbe non solo di ampliare la struttura degli studi professionali, ma di dare occupazione e sostegno economico ad un maggior numero di giovani avvocati. L’eventuale mancanza di indipendenza e di autonomia dell’avvocato ,rispetto a chi apporterebbe il capitale esterno, è una favola a cui non crede più nessuno, anche perché lo stesso discorso si potrebbe obiettare per quegli studi legali che vivono sulla base di “pratiche” ricevute per amicizie politico-elettorali. Per fortuna è già stata abolita quella norma voluta dal regime fascista che era atta ad impedire la mera associazione tra professionisti ,vista come possibile strumento ,per gli avvocati ebrei cancellati dall’albo, di esercitare in modo “mascherato” la professione. In quel contesto è purtroppo storicamente provato - come i giovani avvocati italiani hanno ricordato nel “Giorno della Memoria” - che il Consiglio Superiore Forense non esitò a rigettare con una “decisione - standard” ed in un’unica serie di sedute tra il 17 ed il 19 dicembre 1940 – i ricorsi disperati degli avvocati ebrei avverso le invereconde cancellazioni dall’ albo ordinario a seguito della famigerata legge razziale n. 1054/39. Anche la parte della controriforma riguardante la pubblicità ,le tariffe e il patto di quota lite è da ritenersi anacronistica perché reintrodurrebbe l’impossibilità ,per gli avvocati che lo volessero, di usufruire,in modo facoltativo, degli strumenti concessi della Legge Bersani. Paradossalmente, ad esempio, la proposta ripristinerebbe il divieto di patto di quota lite che era previsto dal codice civile per evitare che gli avvocati potessero guadagnare grosse cifre, ben più del normale tariffario, dai contenziosi processuali. Mutuando alcune dichiarazioni ,rese da uno dei due VicePresidenti Ugai , Manuela Mongili, in un’ intervista all’interno del rapporto "Urge ricambio generazionale" voluto dal CNEL ed edito da "Rubbettino", riteniamo che “l’avvocato giovane deve trovare quelle condizioni che soddisfano sia il cliente che l’avvocato, ma in un momento di crisi come questo è utopico pensare di potersi vincolare a una tariffa”. Su questi (ed altri) punti ,nelle scorse settimane, è intervenuto l’Antitrust che sostanzialmente ci ha dato ragione su molti punti della segnalazione presentata nel marzo 2007. Siamo rimasti invece perplessi dal fatto che ,le nostre richieste contro la formazione coattiva a spese degli avvocati, non siano state recepite all’interno dell’ indagine conoscitiva dell’ AGCM, specie alla luce del fatto che anche i grandi media di massa se ne stanno occupando. Dovrebbero fare infatti riflettere le recenti dichiarazioni del Presidente di Altroconsumo, Avvocato Martinelli, sul “Magazine” del Corriere della Sera del 05.03.2009 secondo cui “si è creato un mercato della formazione. Un business, non c’è dubbio. Ci sono avvocati che si sono messi a fare questo di mestiere”. Secondo i calcoli indicati , nello stesso articolo, dal giornalista Agostino Gramigna, sarebbe di “100 milioni di euro il potenziale giro d’affari della formazione”. Non sarebbe l’ ora che gli altri ordini locali seguissero l’esempio dell’Ordine degli avvocati di Roma che ha sostanzialmente reso facoltativa - ove non sia possibile garantirne la gratuità - la formazione per i propri iscritti?
Gaetano Romano
Presidente Unione Giovani Avvocati Italiani