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Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: lun gen 14, 2008 10:00 pm
da GiovaniAvvocati
http://www.professione-avvocato.it/appr ... ti/a29.htm
OBBLIGHI DI FORMAZIONE PERMANENTE o... PERMANENTE FORMAZIONE DI OBBLIGHI?

A cura dell'Avv. Rodolfo Murra


Il titolo del seminario odierno è, diciamocelo, un po’ provocatorio. Si parla dell’obbligo di formazione continua, introdotto dal Consiglio nazionale forense, ma si potrebbe al contempo parlare della “formazione continua di obblighi” che lo stesso CNF impone ai Consigli distrettuali: come dire, cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia (sempre un obbligo ci tocca sopportare e quindi adempiere).
Il giorno 18 gennaio si festeggiano i martiri Cosconio, Zenone e Melanippo.
Evidentemente costoro non debbono aver ispirato eccessivamente il Consiglio nazionale Forense il quale, in quel giorno, ha approvato il Regolamento sulla Formazione professionale permanente, che è diventata da quel momento un obbligo per gli avvocati, rilevante non più solo sul piano etico ma anche su quello disciplinare. Tuttavia non è chiaro se il Regolamento in questione sia stato davvero licenziato in quella data (malgrado la stessa sia stata citata da più fonti, ivi compreso il Notiziario dell’Ordine di Roma: cfr. n. 1/2007, pagg. 46 ss.), atteso che il Consiglio nazionale nei suoi documenti ufficiali parla di un Regolamento il cui testo è stato approvato il 13 luglio (poco male, lì il Santo è Serapione di Alessandria).

Il 9 novembre, invece, la Chiesa festeggia pure le martiri Eustolia e Sopatra, le quali non debbono aver dato una grande mano al Consiglio dell’Ordine romano, che proprio in quel giorno ha invece adottato il suo “regolamentino” sulla formazione continua. In una adunanza straordinaria, dedicata per prassi alle sole iscrizioni all’Albo dei laureati dell’ultima ora (per poter permettere loro di non perdere un anno di pratica forense), il Consiglio dell’ordine capitolino, “dopo ampia discussione” – come si legge nelle premesse del documento – ha deciso di approvare un proprio Regolamento attuativo, composto in tutto da 7 articoli (di cui 2 inutili ed uno scontato), sull’obbligo della formazione continua. Il parto, dopo l’ampia discussione, deve essere stato assai difficoltoso….
Insomma, cari ragazzi, si torna – dal 1° gennaio prossimo – sui banchi di scuola. Ma, soprattutto, si è costretti a spendere tanti soldi, per far arricchire società (vecchie o nuove) che operano nel campo della “didattica”, le quali da questa estate si stanno attrezzando – affilando lunghi coltelli – per sfruttare al massimo il business della formazione professionale continua.
Ma non è finita qui: il Consiglio nazionale forense, con deliberazione del 30 ottobre scorso (per la cronaca, sempre San Serapione, ma stavolta di Antiochia!), ha deciso, in deroga alle norme transitorie del Regolamento, di far retroagire al 1° settembre scorso (2007) il beneficio dell’accreditamento. Dunque gli eventi formativi svoltisi tra il settembre e la fine del presente anno potranno essere utili per l’acquisizione dei crediti. Tale decisione si è assunta, a detta del CNF, “visto il fattivo atteggiamento con il quale i Consigli dell’Ordine, Associazioni forensi ed enti diversi hanno mostrato di accogliere l’iniziativa regolamentare assunta in materia di formazione continua” (sic!).

Come vedremo tra un attimo l’approvazione del Regolamento del CNF non costituisce una cosa di una gravità inaudita perché manca nell’ordinamento giuridico una norma che attribuisca al medesimo CNF il potere di emanare un regolamento come quello approvato il giorno dei martiri Cosconio, Zenone e Melanippo o, se si vuole, di Serapione. La cosa grave è che si è introdotta, senza una norma di legge, una nuova condizione per essere (rectius, rimanere) iscritto all’Albo degli avvocati. Tale condizione è quella dettata dall’obbligo di raggiungere i famosi 90 crediti formativi nel triennio: chi non arriva a tale quota rischia di non poter più continuare ad esercitare. E questo effetto è stato stabilito dal Parlamento, espressione del Popolo sovrano? No. E’ stato previsto da una disposizione del Governo, che da quel Parlamento trae la propria fiducia? No. Questo è un effetto sancito da un organismo, il CNF, che per legge (l’unica legge che oggi vige in materia, cioè quella del 1933), non ha che 4 funzioni: quella giurisdizionale (che si realizza nel giudicare sui ricorsi proposti avverso le decisioni degli Ordini territoriali in materia disciplinare); quella di tenuta degli albi e di reclami elettorali; quella della tenuta dell’Albo degli Avvocati abilitati al patrocinio innanzi le magistrature superiori; ed infine quella, meramente consultiva, sui progetti di legge e di regolamento che riguardano, direttamente e indirettamente, la professione forense. Basta: non c’è la funzione di dettare regole che vincolino, oltre le materie ora elencate, gli Ordini forensi territoriali.
La cosa ancor più grave è che i Consigli distrettuali si stanno man mano adeguando alla decisione del CNF, probabilmente allo scopo di esercitare anche loro un potere in materia: quello di accreditare enti ed istituzioni nel campo della formazione permanente (in difetto quel potere sarebbe avocato dal CNF). I Consigli si sono adeguati a tal punto da far dire al CNF che “è apprezzabile il fattivo atteggiamento con il quale hanno mostrato di accogliere l’iniziativa regolamentare”. Venezia, Monza, Vicenza ed ora Roma hanno scimmiottato, con un loro “regolamentino”, il “regolamentone” del CNF (peraltro si tratta, come si vedrà, di un articolato assai modesto, composto da 11 articoli).
Qualcuno ha osservato che il dovere dell’avvocato di aggiornarsi è già scritto nell’art. 1176 c.c. che impone al professionista (non solo forense) di mantenere sempre un livello di perizia adeguato al caso che si affronta (diligenza nell’espletamento di una prestazione professionale); altri hanno notato che è l’art. 13 del Codice deontologico, cui tra un po’ si accennerà, ad aver già sancito tale dovere, la cui trasgressione ha rilevanza disciplinare. Tant’è che si ha l’obbligo di non accettare un incarico quando si è consapevoli di non aver le conoscenze tecniche idonee ad espletarlo.
Non è difficile ribattere che altro è un dovere generico di esser diligenti, decidendo ad esempio di studiare il caso con la massima cura pur senza aver prima seguito specifici eventi formativi, altro è imporre, per norma di secondo livello, una formazione che potrebbe non essere gratuita: nessuna prestazione, personale o patrimoniale, può essere costretta senza una norma di legge, recita l’art. 23 della Costituzione!


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Andiamo per ordine. Il testo diciamo “storico” dell’art. 13 del Codice deontologico forense approvato dal CNF il 17.4.1997 conteneva già il dovere di aggiornamento professionale prescrivendo che era obbligo dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando ed accrescendo la conoscenza con particolare riferimento ai settori nei quali è svolta l’attività. Si trattava di una norma saggia. Sia perché non parlava di “formazione”, ma di conservazione ed accrescimento del bagaglio culturale già posseduto (chè un avvocato non deve essere “formato”), sia perché si riferiva ai soli “settori” nei quali l’avvocato esercitava la professione.
Nel 2002 il CNF, nel voler seguire a tutti i costi quel che si stava facendo in altri mondi professionali (si pensi al sistema “sanità” dove i crediti formativi riguardano tutti, dal portantino, all’infermiere, al primario, e dove prosperano ricchissime società di formazione), ha adottato una delibera, il 26 ottobre (quando, per la cronaca, si festeggia San Gaudioso di Salerno), dove si iniziava a parlare di obbligo di formazione permanente, realizzata con lo studio individuale (ma và?) e la partecipazione ad iniziative culturali in campo, però, giuridico e forense (non in quello calcistico…). Si vocifera che Monsieur de Lapalisse abbia fatto parte, al suo tempo, del CNF.
E’ chiaro che una siffatta prescrizione configurava una mera banalità, a meno di non volerla intendere come un desiderio a che i Consigli territoriali iniziassero una seria politica per l’aggiornamento professionale, non attuata solo nell’imminenza delle elezioni forensi.
Nell’estate del 2006 il CNF ha diffuso una bozza, assolutamente larvata, di schema di regolamento sulla formazione continua, trasmettendola ai vari Consigli dell’Ordine. Nessuno si è occupato più di tanto di questa iniziativa, essendo apparsa ai più una decisione del CNF di voler “apparire” più che “essere”.
Ed invece, come fulmine a ciel sereno, a metà gennaio dell’anno in corso, il Consiglio nazionale tira fuori dal cilindro questo coniglio del Regolamento (mi si scusi il bisticcio tra Consiglio e coniglio) sul quale alcun dibattito si era aperto tra quelle che sono le protagoniste principali ed assolute della vita forense quotidiana, i centri di aggregazione dei legali che effettivamente esercitano la professione: le associazioni, cioè, degli avvocati. Ed è di luglio, appunto, l’approvazione definitiva,
Va sottolineata un’operazione di chirurgia giuridica che è passata sotto silenzio: con la “scusa” di dover aggiornare il Codice deontologico ai più recenti interventi giurisprudenziali, il CNF (che in silenzio stava già lavorando al testo del regolamento sulla formazione) si è riunito nel gennaio del 2006 decidendo di aggiungere anche un nuovo comma all’art. 13 del Codice deontologico, il terzo, che così recita: “E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi”.

Quali sono, in linea generale, le cose che non vanno di questa decisione assunta dal CNF? Sono molteplici.
1) Prima fra tutte, e subito rimarcata dall’opinione pubblica forense, è stata appunto la totale assenza di dialogo con le associazioni forensi (oggi definite dal CNF come organismi che “hanno mostrato entusiasmo e fattiva collaborazione nell’accogliere l’iniziativa regolamentare”!). Il mancato coinvolgimento della classe interessata dalla decisione che il CNF andava prendendo appare come un segno di vera e propria prevaricazione, di imposizione dall’alto di misure che dovevano essere “negoziate” con i diretti interessati, sulla vita dei quali quelle misure vanno ad incidere in ogni senso (economico, professionale, logistico, ecc.).
2) In secondo luogo è gravissimo che il CNF si appropri di un potere che la legge non gli riconosce. Proprio quest’anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno forense, e quindi in concomitanza con l’approvazione del famigerato articolato, il Presidente Guido Alpa esprimeva nella sua relazione l’auspicio che il Parlamento potesse emanare una legge per introdurre norme sull’aggiornamento permanente. Il passo della relazione è il seguente: “Il C.N.F., mediante la sua Commissione deontologica e mediante il gruppo di studio dedicato alla redazione di un progetto di riforma del procedimento disciplinare, già dall'inizio dei lavori della Consiliatura attuale aveva avviato un processo di riforma delle regole che governano la professione. Coltivando la speranza, poi rivelatasi purtroppo del tutto infondata, che i Governi e i Parlamenti che si sono succeduti avrebbero approvato un provvedimento legislativo che in via d'urgenza potesse migliorare il sistema di accesso alla professione, integrare i poteri di vigilanza degli Ordini sugli avvocati iscritti che non esercitano la professione, introdurre norme sull'aggiornamento permanente”.
Se, allora, è proprio il Presidente del CNF a riconoscere che occorre una norma di rango primario a disciplinare la materia dell’aggiornamento professionale, con quale potestà normativa il CNF impone un Regolamento ai vari Ordini distrettuali e, in buona sostanza, ad ogni iscritto agli Albi? E’ sin troppo evidente che nella specie si è violato il principio della legalità, sul quale riposa l’azione di ogni Pubblica amministrazione (qual è in fin dei conti il CNF, considerato a buon diritto un ente pubblico non economico, tanto che ad esso si applicano normative tipiche della funzione amministrativa, quale la legge generale sul procedimento, la L. n. 241/90). La fonte del potere dell’emanazione di norme di natura regolamentare, e quindi cogenti per i relativi destinatari siccome individuati o individuabili, non può che essere la legge: e qui la legge manca. Manca in modo così palese che è lo stesso Presidente del CNF ad invocarne l’emanazione!
Io credo che non si abbiano notizie di formali impugnative del Regolamento del 18 gennaio/13 luglio solo perché queste impugnative non occorrono: non è infatti necessario impugnare un atto amministrativo che presuppone l’esistenza di norme di legge per essere emanato, in assenza conclamata di queste norme. Se il portiere di casa mia redigesse, che so, un’ordinanza sindacale, nessuno lo chiamerebbe, per ciò solo, Sindaco; quando il Ministro della salute dovesse ordinare alle nostre truppe, all’estero in missione di pace, di rientrare in Italia, ebbene farebbe un atto non illegittimo, non nullo, ma inesistente, emanato in assoluta assenza di potere. Ed infatti il CNF questo lo sa bene, tanto da spostare il tema del rispetto di un atto illegittimo non sul piano del diritto, ma su quello deontologico puro (comma 3 art. 13).
3) Il terzo problema è dato dalla penalizzazione dei giovani, che in quanto usciti “freschi” dall’Università, ed avendo da poco tempo terminato la pratica e superato l’esame di abilitazione forense, sono in genere più aggiornati di tanti cinquantenni che conosciamo tutti. Eppure con questo regolamento loro hanno gli stessi obblighi, sono costretti a partecipare a corsi sovente costosissimi, non avranno mai alcuna esenzione (non sono così “grandi” da poter essere componenti di commissione per l’esame di Stato, non sono così esperti da poter far ospitare le loro firme nelle Riviste giuridiche). Eppure sono tra noi quelli che sanno parlare almeno una lingua straniera, quelli che si muovono meglio di noi nel mondo dell’informatica, nell’editoria elettronica.
4) Altro problema è quello della mortificazione della concorrenza. Occorre verificare da chi gli organismi di formazione sono e saranno composti. C’è il rischio, cioè, che quello della formazione continua diventi un modo alternativo per fare “selezione”: chi non ha il tempo di collezionare i 90 crediti può incorrere nella sanzione della cancellazione. E chi può giurare che questo non sia un sistema per sbarazzarsi di un po’ di avvocati, visto che il loro numero è diventato così spaventoso? Il destino professionale di colleghi è affidato a chi, della formazione forense, fa un proprio affare economico, a maggior ragione se è avvocato egli stesso. E’ sufficiente, con il sistema dell’accreditamento, che un Consiglio dell’ordine voglia perseguire l’intento selettivo per poter raggiungere l’obiettivo: si decide quale deve essere il corso al quale far partecipare l’utenza; se si tratta di un corso affidato in regime di monopolio basta fissare un corrispettivo economico elevato per l’iscrizione per tagliar fuori i giovani.
5) Altro aspetto è quello appunto delle sanzioni. La formazione permanente assume la caratteristica di una seconda specie di abilitazione. Dopo quella acquisita per aver superato un esame pubblico, la formazione diventa una nuova forma di verifica, legata al puntuale e costante aggiornamento non libero ma “orientato”, decisa stavolta però non dal Legislatore (quello del ’33 è comunque tale) ma dal CNF!
6) Esiste chi pratica un fortissimo aggiornamento (magari svolto in altri Paesi europei che non in Italia) presso istituti che qui da noi neppure ambiscono lavorare. Ebbene, se questi Enti non ottengono l’accreditamento (magari non hanno alcun interesse a tanto), i corsi da costoro svolti non saranno validi e, quindi, il partecipante avvocato non avrà alcun credito. La sperequazione ed il sospetto di favoritismi, legati al business personale, nell’ambito del sistema dell’accreditamento, non potranno così essere eliminati. Il tema della formazione gratuita è solo sfiorato nel regolamento, ed affidato ad un mero auspicio (art. 7), tanto da far pensare ad una “modalità etica”, con la quale il CNF ha solo pensato a togliersi un peso dalla coscienza.
7) C’è, infine, un problema di “concorrenza” non disciplinata tra Consiglio nazionale forense e Consigli territoriali oltre che tra questi e gli enti che via via si vanno ad accreditare. Sotto il primo profilo è infatti possibile che un evento un Consiglio dell’Ordine non intenda accreditare e che il nulla osta sia invece dato dal CNF, o viceversa (il meccanismo è reso peraltro assai agile col sistema del silenzio assenso). Sotto il secondo aspetto va detto che i Consigli forensi, essendo loro stessi organizzatori di eventi formativi, finiscono per “competere” con tutti gli altri soggetti (pubblici o privati) addetti alla formazione, e poi esercitano su di essi i controlli e le verifiche, in un sistema duale davvero poco coerente.
8) Si è deciso di regolamentare solo la formazione generalista e quella prevalente, ma non anche specialistica, sul presupposto che questa necessitasse maggior tempo per essere disciplinata.



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Esaurite le critiche di carattere generale, non perché non ve ne sarebbero altre ma perché il tempo a disposizione per esporle tutte, può ora passarsi all’esame del testo del Regolamento del CNF e da quello del regolamentino del Consiglio romano.
L’art. 1 ha cura di specificare che con l’espressione “formazione professionale continua” si intende ogni attività di aggiornamento, accrescimento ed approfondimento delle conoscenze e delle competenze professionali, mediante la partecipazione ad iniziative culturali in campo giuridico e forense”. Tale formazione diventa d’ora in poi un obbligo deontologico, un dovere professionale, per tutti gli iscritti all’Albo. Il CNF, parlando sostanzialmente di “mantenimento” ed “accrescimento” della preparazione ha inteso sposare la logica del c.d. lifelong learning, concetto di chiara matrice sovranazionale (on continuing training) oggetto di alcune raccomandazioni del Consiglio europeo. Sino ad ora per “formazione” si intendeva genericamente quasi esclusivamente un percorso preparativo all’ingresso nel mondo del lavoro, che si limitava, una volta acquisita una professionalità, all’aggiornamento delle conoscenze maturate. L’attività formativa viene invece ora concepita non come mero mantenimento di ciò che già si sa, ma si indirizza e si veicola verso l’esigenza di ampliare i limiti delle proprie conoscenze.
Seguire un percorso formativo costante diventa così un obbligo: anzi, l’art. 1 comma 3 del Regolamento specifica, in modo piuttosto enfatico, che l'adempimento di tale dovere, con riferimento agli ambiti in cui si comunica di esercitare l'attività professionale prevalente, è condizione per la spendita “deontologicamente corretta”, ai sensi dell'art. 17 bis del Codice forense, dell'indicazione dell'attività prevalente in qualsiasi comunicazione, diretta al singolo o alla collettività (norma che entra però in vigore il 1° settembre 2008).
Tale concetto introduce un tema, quello della formazione specialistica, la cui disciplina il CNF ha voluto riservare ad altra occasione: e sì perché in questo Regolamento si dettano norme che riguardano solo la formazione c.d. generalista e la formazione prevalente, con la precisazione che anche per gli esercenti la professione specialistica vigono comunque le regole sulla formazione dettate dal Regolamento in discorso. L’attività generalista è quella svolta da chi si addentra senza limitazioni in ogni campo professionale forense; quella prevalente è tipica di chi esercita solo in un determinato settore; quella “specialistica” è quella così definibile in base alle “vigenti disposizioni di legge” (a seguito di conseguimento di master, di scuola di specializzazione, di dottorato, ecc.). Il CNF non ha voluto elaborare una disciplina unitaria, valida universalmente per “ogni avvocato” senza distinzioni di sorta, poiché il principio della libertà di percorso formativo avrebbe poi potuto comportare distorsioni (è l’esempio dell’avvocato che partecipa ad eventi per settori diversi da quelli professionalmente praticati, vanificando la funzione formativa); se si fosse imposto un obbligo formativo “specifico” i Consigli dell’Ordine avrebbero dovuto poi accertare se quello dichiarato fosse o meno il settore prevalente e pare che non ne abbiano gli strumenti. In sostanza il CNF dà forza al principio dell’autoresponsabilizzazione, nel senso che chi intende promuovere la propria immagine dichiarando di esercitare la professione in un determinato settore di attività ha poi l’obbligo di seguire un apposito percorso formativo. Chi sceglie di non indicare alcun settore particolare beneficia pienamente della libertà di scelta e potrà optare per qualsiasi corso; chi indica un settore prevalente dovrà seguire almeno 30 crediti nel triennio partecipando ad attività formative coerenti con le materie indicate come prevalenti.
L’obbligo formativo inizia a decorrere il giorno stesso di iscrizione e perdura sino a tutto il periodo in cui l’avvocato resta iscritto all’Albo: una sorta di “braccialetto elettronico”, che si indossa dopo il giuramento e si dismette con la cancellazione dall’Albo. L’obbligo si applica a tutti gli iscritti, indipendentemente da “quanto” si esercita la professione (non esiste, cioè, qui, il criterio dell’esercizio della professione con carattere di continuità, valido ad esempio per l’iscrizione alla Cassa forense). Sono assoggettati al dovere formativo anche i praticanti abilitati (titolari, come sono, dello ius postulandi).
L’anno formativo è calcolato su base solare ed il periodo di valutazione della formazione svolta ha un arco temporale di 3 anni: tuttavia, la decorrenza inizia dal primo giorno dell’anno successivo a quello di iscrizione: se quindi l’iscrizione avviene a novembre 2007, l’anno formativo inizia il 1° gennaio 2008 ed il periodo formativo cessa il 31 dicembre 2010 (con possibilità di utilizzare la frazione di anno residua, prima che inizio il triennio di valutazione, al fine di accumulare crediti da spendere come “patrimonio” acquisito volontariamente nel periodo precedente quello della valutazione).
Siccome i Consigli dell’Ordine debbono poter “misurare” il grado di formazione acquisito dagli iscritti è stabilito che l’unità di misura della formazione continua è il c.d. “credito formativo”. Viene così creato una specie di “creditometro” (al pari dell’etilometro, usato per gli automobilisti alticci) per accertare se l’avvocato ha o meno compiuto l’iter formativo richiestogli.
Tale iter comporta che in 3 anni l’iscritto deve acquisire almeno 90 crediti, di cui almeno 20 in ogni singolo anno formativo: la ratio della norma è chiara, imponendo che almeno i due terzi del totale richiesto siano maturati con la dovuta “diluizione”, evitando un accumulo dei crediti in “zona Cesarini” ovvero frustrando l’intenzione di chi intende fare “il pieno” all’inizio del triennio.
Ognuno è libero di formarsi nelle materie che crede: l’unico vincolo è dato dai crediti formativi per le materie dell’ordinamento professionale, previdenziale (??) e della deontologia, per i quali il numero previsto minimo per ogni anno è pari a 5 (in sostanza nel triennio 15 su 90 crediti debbono riguardare l’ordinamento forense, la materia previdenziale e la deontologia).
Gli eventi che danno la possibilità di acquisire crediti formativi sono di 4 tipi:
a) corsi aggiornamento e masters, anche per via telematica;
b) seminari, convegni e tavole rotonde;
c) commissioni di studio e gruppi di lavoro;
d) altri eventi individuati dal CNF o dagli Ordini distrettuali.
Tali eventi possono essere promossi ed organizzati dal Consiglio nazionale forense, dai Consigli territoriali ovvero dalla Cassa nazionale di previdenza forense. Stupisce, peraltro, l’introduzione di tale ultimo ente tra quelli ritenuti istituzionalmente idonei a promuovere eventi formativi (ma ciò si spiega con il fatto che la materia della previdenza è addirittura resa obbligatoria). Ad ogni buon conto sono questi tre soggetti ad essere previsti, dal Regolamento, come quelli sostanzialmente privilegiati nel somministrare attività formativa.
Partecipare ad uno di questi eventi dà titolo all’attribuzione di 3 crediti per ogni mezza giornata, con il limite massimo di 9 crediti per la partecipazione ad ogni singolo evento.
I medesimi eventi formativi possono, però, essere organizzati da altri “enti, istituzioni, associazioni forensi od organismi pubblici o privati” e la partecipazione a tali iniziative attribuisce gli stessi crediti a condizione che il CNF od il Consiglio dell’Ordine (quale? Non è specificato) abbiano accreditato l’evento medesimo (tale accreditamento viene deciso valutando la tipologia e la qualità dell’evento, nonché gli argomenti trattati). Se da un lato il CNF persegue il criterio della “formazione qualificata” (dimostrando di voler attentamente e previamente esaminare le proposte formative) dall’altro non è chiaro se l’assenza di una “riserva di legittimazione” a favore di taluni enti a discapito di altri si traduca in concreto in una garanzia.
E’ verosimile ritenere che i Consigli forensi si limiteranno a concedere il loro “patrocinio” ad eventi formativi organizzati da altri, piuttosto che periziarsi nel dar vita ad iniziative svolte per così dire “in economia”. Ma ciò non assicura, comunque, che non si possano verificare discriminazioni in termini di concessione degli accrediti.
Il sistema dell’accreditamento può essere selettivo (un evento singolo) o cumulativo (un programma intero, ad esempio semestrale) a seconda delle decisioni che intende assumere nella sua autonomia propositiva l’organizzatore.
Esiste poi tutta una serie di attività che attribuiscono egualmente crediti formativi a chi le svolge, per così dire, non da discente. Si tratta delle relazioni o lezioni tenute negli eventi di cui sopra (lett. A e B) o nelle scuole forensi o di specializzazione per le professioni forensi; delle pubblicazioni scientifiche; delle docenze presso Università, istituti universitari od equiparati (anche per effetto di contratti di insegnamento); partecipazione alle Commissioni per gli esami di stato di avvocato; altre attività individuali di formazione, svolte in autonomia, purchè previamente autorizzate sempre dal CNF o dal Consiglio dell’Ordine. In queste ipotesi il Consiglio dell’Ordine attribuisce massimo 12 crediti per tutte le tipologie, salvo per la terza (Commissione d’esame) dove il massimo sono 24 crediti (per tutta la durata dell’incarico).
E’ inutile sottolineare che tutte queste attività che sono rimesse, dal Regolamento del CNF, alle decisioni del Consiglio dell’Ordine, non sono state affatto disciplinate dal “regolamentino” del Consiglio romano: così non è dato sapere qual’è il numero di quei crediti che il Consiglio ha il potere di determinare discrezionalmente.
Il profilo degli esoneri è disciplinato dall’art. 5. Di diritto sono esonerati, ma solo limitatamente alle materie che insegnano, i professori universitari ed i ricercatori: e ci mancherebbe pure che costoro da un lato impartiscano lezioni e dall’altro fossero costretti a frequentare corsi di formazione, magari svolti da soggetti che fungono da discenti nelle prime!
I casi di esonero a domanda, invece, debbono essere giustificati da gravità dei motivi e non sono, però, tassativamente indicati: tra questi rientrano la gravidanza e la maternità (o comunque l’assolvimento degli obblighi collegati alla paternità), la grave malattia o l’infortunio, l’interruzione per oltre 6 mesi dell’attività (o trasferimento all’estero). Il CNF ha poi il potere di indicare altre ipotesi di esonero (quali saranno?). All’esonero, che può anche essere parziale, consegue la riduzione dei crediti da conseguire nei 3 anni, in proporzione con la durata dell’esonero.
E’ data facoltà al Consiglio dell'ordine di decidere, infine, di dispensare dall'obbligo formativo, in tutto o in parte, l’iscritto che ne faccia domanda e che abbia superato i 40 anni di iscrizione all'albo, tenendo conto, con decisione motivata, del settore di attività, della quantità e qualità della sua attività professionale e di ogni altro elemento utile alla valutazione della domanda. Come si vedrà l’Ordine di Roma ha disciplinato in maniera di versa la fattispecie.
I doveri degli iscritti. Ognuno, su richiesta, deve presentare una succinta relazione al Consiglio dell’ordine, dove si indicano gli eventi seguiti l’anno precedente, e documentando le attività svolte. Il mancato adempimento dell’obbligo formativo costituisce illecito disciplinare, così come ovviamente la mancata od infedele certificazione. La sanzione da irrogare è commisurata alla gravità della violazione.
I doveri dei Consigli. Ogni Consiglio dell’Ordine deve attuare le attività formative, ma solo nei modi e con i mezzi ritenuti più opportuni. Entro il 31 ottobre di ogni anno predispone (anche di concerto con altri Consigli) un programma di eventi che intende organizzare l’anno seguente, specificando il numero dei crediti riconnessi ad ognuno di essi. Il programma, sempre entro lo stesso termine, deve essere inviato al CNF.
Il Consiglio ha anche il dovere di esercitare controlli. L’art. 8 dedica tutti e 4 i suoi commi alla descrizione dei poteri di controllo che verranno esercitati non sugli Enti che organizzano eventi formativi, ma sui propri iscritti: si replicano qui disposizioni già presenti nelle norme precedenti.
Il CNF riceve i programmi formativi dei singoli Consigli ed esprime il proprio parere di adeguatezza, eventualmente indicando le modifiche da apportare. Il parere deve essere espresso entro 30 giorni: in difetto, per l’istituto del silenzio assenso, il programma si intende approvato. Se il parere è negativo il Consiglio è tenuto entro 30 giorni a trasmettere un nuovo programma. Il CNF assiste i Consigli nell’attuazione dei programmi formativi avvalendosi della “Fondazione dell’Avvocatura italiana” e del “Centro per la Formazione”, eventualmente organizzando direttamente eventi formativi.
La disciplina transitoria. Allo scopo di creare una gradualità temporale dell’efficacia delle disposizioni regolamentari, l’art. 11 detta una disciplina transitoria. Nel primo triennio di valutazione i crediti formativi da conseguire sono ridotti a venti per chi abbia compiuto entro il 1° settembre 2007 od abbia a compiere entro il 1° settembre 2008 il quarantesimo anno d'iscrizione all'albo ed a 50 per ogni altro iscritto, col minimo di 9 crediti per il primo anno formativo, di 12 per il secondo e di 78 per il terzo, dei quali in materia di ordinamento forense, previdenza e deontologia almeno 6 crediti nel triennio formativo.



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Il Regolamentino del 9 novembre 2007.
Dopo un primo articolo inutile, il testo si preoccupa di escludere che gli Enti che hanno presentato un programma approvato dal Consiglio dell’Ordine possano fregiarsi del titolo di “ente accreditato per la formazione professionale continua”, atteso che l’accredito viene limitato al singolo evento autorizzato od al programma.
Gli eventi di formazione deontologica sono riservati esclusivamente al Consiglio dell’Ordine, il quale evidentemente si deve reputare depositario assoluto ed esclusivo del “sapere” in materia. L’escamotage è presto trovato: chi intenda organizzare a Roma un evento formativo su materia “deontologica” chiederà l’accreditamento al CNF e non all’Ordine capitolino.
Qualora un evento sia organizzato da un soggetto terzo l’iscrizione dovrà essere garantita a tutti, senza che l’adesione o l’appartenenza all’organismo possa costituire titolo di preferenza all’ammissione (si replica, così, il principio del difetto di riserva di legittimazione, già sancito dal Regolamento del CNF).
Sono dettati alcuni requisiti formali e contenutistici cui la domanda di accredito deve uniformarsi.
Il Consiglio, valutate le proposte pervenute, redige un programma che trasmette al CNF. La norma è chiara nel far comprendere che il programma che entro il 31 ottobre dovrà essere trasmesso al CNF si compilerà pressoché esclusivamente sulla base delle proposte che pervengono al Consiglio dall’esterno.
Le iscrizioni ai corsi possono essere effettuate o presso il Consiglio dell’Ordine o presso l’Istituto organizzatore, fino all’esaurimento dei posti (che non possono essere meno di 150, oppure meno di 50 solo se l’argomento è reputato altamente specialistico). La disdetta dell’iscrizione deve essere comunicata entro 2 giorni dall’inizio per permettere l’altrui partecipazione: la norma nulla dice nel caso in cui la disdetta non venga comunicata.
Il controllo sulle presenze avviene all’inizio ed alla fine dell’evento, manualmente od elettronicamente, quando il corso è organizzato dal Consiglio. In caso di evento esterno è l’organizzatore a rendere noto come il controllo si eseguirà. Alla fine del corso si rilascia un attestato nel quale si riportano i crediti maturati.
Il regolamentino introduce una nuova causa di esonero: si tratta di quei colleghi che hanno più di settanta anni di età e più di 20 anni di esercizio della professione (a ciò è equiparato lo svolgimento di funzioni giudiziarie). Per le donne in stato interessante l’esonero, a Roma, non può essere richiesto prima dei 3 mesi precedenti la data presunta del parto e dopo un anno dal felice evento: chissà se la gravidanza è trattata in egual misura dagli altri Consigli dell’Ordine!
Le altre disposizioni del “regolamentino” replicano norme già contenute nell’articolato del CNF e, dunque, sono superflue.
Ringrazio, come sempre, dell’attenzione.


Avv. Rodolfo Murra

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: lun gen 14, 2008 10:01 pm
da GiovaniAvvocati
Da Pescara raccolta firme contro il CNF e la formazione obbligatoria ed a pagamento
http://amadeo.blog.com/repository/1073970/2714786.pdf

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: ven gen 18, 2008 11:32 am
da avvgiampaolo
è normale che ci sia qualche voce discorde anche tra di noi e questi due avvocati lo dimostrano

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: lun gen 21, 2008 7:56 pm
da avvocatopenalista
mi indicheresti qualche voce concorde?

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: sab feb 02, 2008 12:20 pm
da GiovaniAvvocati
http://www.iltempo.it/roma/2008/02/01/8 ... ucci.shtml

Elezioni forensi
Successo per la lista Bucci


Straordinario successo della lista capitanata da Federico Bucci al primo turno delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma. La compagine ha piazzato otto dei suoi dieci candidati tra i primi quindici votati. Federico Bucci, che è stato Presidente dell'Ordine forense sino al 2003, ha candidato personalità di altissimo prestigio come l'avvocato Rodolfo Murra, dell'Avvocatura del Comune di Roma, il professor Giovanni Arieta, ordinario di diritto processuale civile, e l'avvocato Pietro Nocita, noto penalista
La lista di Bucci si è impegnata, tra l'altro, ad abrogare il recente regolamento che sancisce l'obbligo della formazione permanente prevalentemente a pagamento, che è stato recentemente approvato dal Consiglio uscente, con la presentazione di un programma che, tra i suoi punti più qualificanti, prevede soprattutto per i più giovani avvocati e i neo iscritti un'attività di aggiornamento continuativa, libera e gratuita.
Da domani a martedì 5 febbraio gli avvocati sono chiamati di nuovo alle urne al Palazzo di giustizia di Piazza Cavour per espletare il turno del ballottaggio.

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: mar feb 12, 2008 6:42 pm
da lexultra
Il Sole 24 Ore
Lo scatto dell'e-learning
di francesca barbieri - fabrizio patti
11/02/2008
http://www.iuav.it/rstampa_pdf/20080211105642.pdf

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: mar feb 19, 2008 3:41 pm
da GiovaniAvvocati
Alcuni brani tratti da:
Lo scatto dell'e-learning de Il Sole 24 Ore
di francesca barbieri - fabrizio patti
11/02/2008

............"Gli ordini sono al tempo stesso promotori, gestori e controllori del lifelong learning - lamenta Masiello - c'è un evidente conflitto di interesse". E particolamente duro è stato lo scontro per gli avvocati tra Consiglio Nazionale Forense e l'associazione "ANPA-GIOVANI LEGALI ITALIANI".Questi ultimi hanno presentato lo scorso aprile una denuncia all' Antitrust , chiedendo la sospensione del regolamento firmato a Luglio dallo stesso Consiglio Nazionale. Secondo l'associazione sarebbe anticoncorrenziale che gli eventi formativi siano accreditati solo dal Consiglio Nazionale Forense e dagli Ordini locali e il fatto che per pochi eventi ci siano eventi ad hoc organizzati senza spese. L'Antitrust , fatto notare che il regolamento non è stato sospeso, fa sapere che sugli ordini professionali , e anche sulla loro attività di formazione, è in corso un'indagine conoscitiva. Il parere dell'Autorità si saprà alla chiusura del fascicolo previsto tra circa due mesi. Mentre l' "ANPA-GIOVANI LEGALI ITALIANI" annuncia il ricorso alla Commissione Europea, divisione Competition."Il Regolamento forense . sottolinea Gaetano Romano presidente ANPA-GIOVANI LEGALI ITALIANI" comporta accordi e pratiche che provocano dinamiche anticoncorrenziali a danno non solo degli avvocati italiani, ma anche dei professionisti stranieri che intendono esercitare in Italia e degli enti di formazione".

L'intero articolo qui:

http://www.iuav.it/rstampa_pdf/20080211105642.pdf

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: gio mar 05, 2009 10:02 pm
da GiovaniAvvocati
SULL'ALLEGATO AL "CORRIERE DELLA SERA" (ALLEGATO CORRIERE MAGAZINE" A PG 65) È USCITO OGGI UN ARTICOLO SULLA FORMAZIONE BUSINESS DEGLI AVVOCATI CHE DENUNCIAMO DA TEMPO INTITOLATO
" E' CACCIA AI CORSI PER GLI AVVOCATI A PUNTI "
TROVATE L'ARTICOLO SCANNERIZZATO IN CUI SI PARLA DEL GIRO DI AFFARI AI NOSTRI DANNI A PG 25 (ULTIMO ARTICOLO) DI QUESTA RASSEGNA STAMPA
http://media.camerepenali.it/rassegna/RS676.pdf

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: gio mar 05, 2009 10:02 pm
da GiovaniAvvocati
COMUNICATO STAMPA

“DOPO L’ARTICOLO ODIERNO “ E’ CACCIA AI CORSI PER GLI AVVOCATI A PUNTI” SUL SETTIMANALE “CORRIERE MAGAZINE” DEL CORSERA, L’ANTITRUST RIPRENDA LE INDAGINI “

“Abbiamo letto con molto interesse l’inchiesta pubblicata a pg 65 del “Corriere Magazine” del Corriere della Sera firmata da Agostino Gramigna nell’articolo intitolato “E’ caccia ai corsi per gli avvocati a punti” sui costi della formazione professionale permanente per gli avvocati. “dichiara il Presidente dell’ Unione Giovani Avvocati Italiani, Gaetano Romano.
Risale ormai a quasi due anni fa la nostra denuncia formale all’ Autorità Garante Concorrenza e Mercato sui gravi rischi che quest’obbligo ,voluto dall’Ordine Nazionale Forense, si potesse tramutare in un “business”. Secondo i calcoli indicati nell’articolo è di 100 milioni di euro il potenziale giro d’affari della formazione.
E’ sintomatico quello che dice nell’articolo il Presidente di Altroconsumo Martinelli ovvero che “si è creato un mercato della formazione.Un business, non c’è dubbio.Ci sono avvocati che si sono messi a fare questo di mestiere”.
Nell’articolo si parla anche di una Collega che avrebbe speso più di 600 euro per frequentare un corso sul diritto di famiglia riformato.
Ci chiediamo perchè l’Antitrust ancora non intervenga sul tema per verificare se la formazione obbligatoria per gli avvocati sia diventato uno strumento di guadagno ai danni della base degli avvocati e per creare dinamiche anticoncorrenziali” conclude il Presidente dell’ U.G.A.I., Gaetano Romano

Re: Giovani Avvocati :"No a formazione obbligatoria a pagamento"

Inviato: dom mar 15, 2009 8:55 pm
da GiovaniAvvocati
http://www.positanonews.it/dettaglio.php?id=21802
MONTERA RISCHIANO DI ESSERE UNO SFRUTTAMENTO
Salerno, oggi il presidente dell´ordine degli avvocati di Salerno Americo Montera lancia l´allarme "Dietro i corsi di formazione c´è qualche interesse commerciale - denuncia Montera -, si sta lavorando per farli in futuro a pagamento. Finchè sarò io a presiedere l´ ordine non averrà. Intanto stiamo studiando un modo per far corsi in rete per evitare che ci siano colleghi come Cinque da Positano in Costiera Amalfitana o De Marco da Paestum nel Cilento vengano a impiegare una intera giornata di lavoro per seguire un corso. Questi corsi sono troppo spesso una perdita di tempo, non è questo il caso, ma alcuni vengono solo per riempire il libretto."