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EDITORIALE UGAI GUIDA AL DIRITTO

Inviato: gio dic 10, 2009 6:35 pm
da UGAI
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Professione forense: un progetto di riforma
che penalizza l’attività dei giovani avvocati
DI GAETANO ROMANO - Presidente dell’Unione giovani avvocati italiani
E D I T O R I A L E
R I F O R M E I N C A N T I E R E
GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 11 N° 49 12 DICEMBRE 2009
Dall’opposizione spontanea di migliaia di avvocati - anche attraverso i social networks - la protesta contro la riforma della
professione forense all’esame del Senato (atto S/601) si è trasferita a Piazza Farnese a Roma sabato 28 novembre.
Per la prima volta nella storia repubblicana i giovani avvocati italiani sono scesi in piazza. Siamo d’accordo con chi dice che il progetto di legge professionale non è un intervento corporativo, ovvero favorevole per i legali. Si tratta, a nostro parere, di un’innovazione diretta contro gli iscritti all’albo e favorevole ai componenti
degli ordini. È triste notare che – con la riforma contro la base degli avvocati – il Governo stia tradendo una categoria
che con molta probabilità ha votato in modo quasi compatto l’attuale maggioranza parlamentare. Un tale atteggiamento non può essere condiviso dalla base, soprattutto in relazione alla conferma della formazione professionale coattiva
“a spese” dei legali. Non riteniamo, infatti, condivisibile l’uso che sembrerebbe farsi talvolta di questa coercizione
professionale. Dalle “facilitazioni” economiche nell’iscrizione ai corsi formativi – se si aderisce alla stessa associazione forense che li organizza – come se non si avesse altro modo per reclutare iscritti, al fatto di sfiorare talvolta quasi il business nell’organizzazione dai privati dei corsi. L’aggiornamento coattivo, dunque, rappresenta un indubbio e inutile
fastidio nell’attività professionale. Senza contare che nel testo del progetto è prevista l’esenzione dall’aggiornamento
obbligatorio anche per gli avvocati - docenti e per i politici-avvocati. A tal proposito, esiste una risoluzione europea (2002/C 163/01 del 27/06/02) che auspica l’aggiornamento per tutte le professioni senza però prevedere alcun obbligo. I legali non erano i soli professionisti a non prevedere la formazione coattiva. La stessa scelta è stata fatta dagli architetti e ingegneri, i quali ancora hanno l’aggiornamento facoltativo senza ricorrere all’avvilente sistema dei crediti a punti. Non corrisponde
al vero l’affermazione secondo la quale i consumatori chiedono alla categoria di “formarsi”. Infatti, il Codacons, venendo in soccorso della base, aveva impugnato innanzi al Tar Lazio anche il regolamento adottato dal Consiglio nazionale forense
per la formazione coattiva. La riforma prevede altre norme come quella sulla continuità professionale che produrrà un aumento vorticoso di contenzioso processuale, dato che circa 50mila legali, pur di rimanere iscritti all’albo, saranno
costretti, negli anni futuri, a incardinare cause pretestuose contro i cittadini.
Si tratta, dunque, di una questione di principio, relativa al diritto del professionista di rimanere libero. La
norma in questione potrebbe essere addirittura peggiorata qualora si pensasse a differenziazioni o esenzioni a seconda dell’anzianità professionale. Inotre, la modifica legislativa è inaccettabile sia per chi è all’inizio dell’attività,
sia ancora di più per chi ha, ad esempio, 15 o 20 anni di anzianità. Non si può condividere neanche una successiva regolamentazione attraverso il ricorso al criterio del reddito minimo, questa scelta probabilmente tramuterà gli ordini in controllori anche fiscali. In relazione a quest’ultimo aspetto si nasconde forse anche un inaccettabile preconcetto
per cui i professionisti sarebbero tutti evasori da stanare. Qualora gli ordini locali non provvedano alla cancellazione è incredibilmente previsto un intervento autoritario da Roma a mezzo di Commissari ad hoc per ovviare alle eventuali omesse revisioni-cancellazioni negli albi.La controriforma è caratterizzata da una nuova serie indiscriminata di balzelli e incombenze, a carico della base, tra cui l’assicurazione civile obbligatoria, che servirà solo a riempire le casse delle compagnie assicurative, e ad aumentare il rischio di pretestuose azioni legali contro gli avvocati (come avviene
da anni contro i medici). Stesso discorso per il nuovo iter necessario a iscriversi negli elenchi degli specialisti caratterizzato da esami professionali e altre spese. L’abolizione dell’abilitazione automatica per diventare cassazionista risponde
a una miopia gerontocratica che vede i giovani principali bersagli predestinati del provvedimento.
Non concorderemmo con la volontà di introdurre l’obbligo per i titolari di studio di retribuire i praticanti. Ciò comporterebbe, da un lato l’impossibilità per i tirocinanti di trovare uno studio dove fare pratica, la qual cosa deve rimanere un diritto
del praticante, e dall’altro un gravame sui titolari degli studi legali inaccettabile. Diverso sarebbe invece il discorso se tale peso economico fosse posto a carico semmai degli ordini. Non è possibile gravare gli avvocati di vecchi e nuovi obblighi, come l’aggiornamento coattivo o in ultimo anche la Pec; incombenze che alcuni ordini locali, come constatato anche a mezzo nostra diretta conoscenza, sanno applicare con raziocinio o gratuitamente; in moltissimi altri ordini locali invece
l’insofferenza della base della categoria verso chi li rappresenta è evidente.
È solo lì che l’Ugai sarebbe pronta, già da ora, ad aprire le proprie liste elettorali a qualunque collega per far sì che quegli ordini locali difendano finalmente i loro rappresentanti. Nessuno, ad esempio,ha contrastato la nuova normativa sulla mediazione civile, propedeutica obbligatoriamente all’azione legale in tribunale. Lo schema di decreto legislativo, infatti, prevede un minimo di anzianità professionale di quindici anni per essere inseriti tra i mediatori. Tra le proposte uscite dalla manifestazione di Piazza Farnese dei giovani avvocati, cui ne seguiranno altre a livello locale e nazionale, c’è anche quella di autocancellarsi legittimamente dalle liste delle difese d’ufficio e quelle per il gratuito patrocinio.
La riforma forense grava i difensori d’ufficio di nuovi oneri mentre, come sappiamo, lo Stato deve ancora agli iscritti alle liste del gratuito patrocinio le spettanze economiche da mesi. La libera decisione del difensore di iscriversi a queste liste è un servizio, che soprattutto i più giovani, offrono ai cittadini. Sappiamo che iniziative come queste potrebbero
produrre dei disagi a una parte del sistema giustizia per i processi futuri, ma non potremmo rimanere passivi di fronte al fatto che c’è davvero la possibilità che quella riforma contro la base degli avvocati approdi nelle aule parlamentari di
una Repubblica democratica.