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Mediazione: spese per gli avvocati , entrate per gli ordini?

Inviato: lun apr 12, 2010 3:48 pm
da GiovaniAvvocati
Da Italia Oggi
Conciliazione salata per i legali
Conciliazione costosa per gli avvocati. Con la riforma che ha introdotto nel sistema
giustizia la mediazione (legge 69/2009 e decreto legislativo n. 28/2010) gli ordini sono
chiamati a istituire organismi di conciliazione presso i tribunali, che saranno riconosciuti di
diritto dal ministero. Una opportunità certo, ma anche una sfida visto che, per chi non è già
sul mercato sulla base delle vecchie regole (appena una decina di ordini possono vantare
un organismo di conciliazione già avviato), il rischio è quello di una partenza in salita che
potrebbe trasformarsi anche in una iniziativa inutile e piuttosto dispendiosa (stime
prudenziali parlano di 9 milioni di euro per il sistema ordinistico). L'esigenza di avere un
quadro normativo completo per poter cogliere al meglio le opportunità e superare le
difficoltà interpretative e pratiche che le norme hanno posto è emersa ieri nel corso di una
riunione con i referenti degli ordini locali per la conciliazione, organizzata dal Consiglio
nazionale forense proprio con l'obiettivo di verificare nel tempo e sul campo lo stato
dell'arte. Nel corso della riunione sono state avanzate alcune stime: supposto che almeno
(e sono stime prudenziali) il 5% degli avvocati iscritti agli albi vogliano diventare conciliatori
e calcolando una cifra di 500 euro a testa per singolo corso, il costo per l'avvocatura sarà
di 5milioni e mezzo di euro. Dal canto loro gli ordini dovranno organizzare almeno 370
corsi e, stimati almeno due dipendenti impegnati negli organismi di conciliazione dovranno
sborsare oltre 9milioni di euro. Senza neanche rientrare dell'Iva corrisposta ai conciliatori.
Altra questione emersa è stata quella della polizza assicurativa: la legge la prevede come
obbligatoria ma le compagnie di assicurazioni finora contattate dagli ordini spesso non
possono fornire proposte sulla base del volume di affari (che a tutt'oggi non si riesce a
stimare). Il Cnf sta valutando due strade alternative: o chiedere al ministero l'esonero per
gli ordini, come già previsto per le Camere di commercio; oppure stipulare una
convenzione con una compagnia di assicurazione. «Con la commissione Cnf per lo
studio della mediazione abbiamo avviato un confronto con il ministero della
giustizia nella convinzione che gli organismi di conciliazione presso gli ordini
forensi abbiano delle caratteristiche peculiari: saranno formati da soggetti con una
formazione specifica giuridica teorico-pratica e potranno garantire una maggiore
imparzialità. Siamo dell'avviso anche che le parti avranno interesse a essere
accompagnate da un legale di fiducia. Insisterò presso il ministero perché gli ordini
siano automaticamente iscritti anche come enti formatori. E sono dell'avviso che i
conciliatori presso gli ordini non potranno essere che avvocati che si siano formati
presso l'ordine stesso o altri ordini forensi», ha spiegato il presidente Cnf Guido
Alpa. I dubbi sulla implosione del sistema sono tutti sul tappeto, anche perché andrà
valutata la sostenibilità economica e pratica del sistema. «Siamo tutti preoccupati
perché non ci sono dati che ci diano un ordine di grandezza. Certo è però che il
sistema si dovrà autofinanziare e quindi è importante che il ministero fissi delle
tariffe che siano sufficienti a coprirne i costi», ha evidenziato Alpa. Quanto alle prime
indicazioni operative in tema di formazione, sono state suggerite le competenze da
acquisire in un corso di formazione per conciliatori: conoscenza delle dinamiche del
conflitto, comunicazione efficace, tecniche di negoziazione cooperativa, tecniche di
comunicazione, tecniche e procedura di mediazione dei conflitti.
Quanto alla qualità dell'ente di formazione, gli elementi che militano a suo favore sono la
presenza di un responsabile scientifico, requisiti di professionalità dei docenti, un sistema
di valutazione e il sistema di selezione dei mediatori. È stato spiegato come istituire un
ente di conciliazione sia come emanazione diretta dell'Ordine o tramite una fondazione
costituita ad hoc. Rimangono sullo sfondo le difficoltà interpretative delle norme: è stato
suggerito di non enfatizzare le conseguenze dell'inadempimento dell'obbligo di
informazione da parte dell'avvocato: l'assistito potrebbe agire per la ripetizione di quanto
già corrisposto all'avvocato. Sul piano disciplinare sarebbe applicabile l'articolo 40 del
codice deontologico. Dubbi poi sorgono, quando la mediazione è prevista come
condizione di improcedibilità, nel caso di domande riconvenzionali o alla chiamata in
causa o all'intervento volontario di terzi.

Re: Mediazione: spese per gli avvocati , entrate per gli ord

Inviato: lun mag 03, 2010 9:12 pm
da GiovaniAvvocati
SOLE 24 ORE
Un miliardo sul tavolo della conciliazione
Una partita da un miliardo di euro. E la stima è al ribasso. Tanto sarà messo in gioco di qui
a un anno, quando la mediazione diventerà obbligatoria per una lunga serie di
controversie civili, ad esempio le liti tra condomini oppure i contrasti per ottenere il
risarcimento dei danni provocati da un incidente stradale. Premesso che il ministero della
Giustizia ha stimato in un milione l'anno il numero di controversie che, dal 20 marzo 2011,
richiederanno il passaggio obbligatorio dal mediatore, e posto che ciascuna parte in causa
(quindi almeno due) dovrà pagare un'indennità (stimabile in 500 euro di media), si arriva
alla previsione di un miliardo di euro quale cifra complessivamente in gioco. Alla quale
dovrà essere poi sommata la quota, impossibile però da calcolare, derivante dalle
mediazioni facoltative. Tutto questo finirà nelle mani degli organismi di conciliazione che
potranno essere istituiti anche dagli ordini professionali e per il cui funzionamento si è in
attesa delle regole ministeriali. C'è poi da aggiungere la partita della formazione: il
Consiglio nazionale forense, ad esempio, ha stimato in 500 euro la spesa che ciascun
avvocato dovrà sostenere per diventare mediatore (anche qui, le regole per gli enti di
formazione sono nelle mani del ministero della Giustizia). Ecco allora che uno strumento
indispensabile per asciugare il fiume di procedimenti che paralizza la macchina giudiziaria,
appena potenziato dal legislatore, può essere visto anche sotto una luce diversa. La
nuova media- conciliazione – procedura che in quattro mesi può chiudere una vicenda che
altrimenti richiederebbe anni in tribunale – offre infatti uno stimolo per lo spirito
imprenditoriale dei soggetti in campo.
In primo luogo gli avvocati. Nonostante una certa inquietudine che si registra nella
categoria – soprattutto alcune posizioni dell'Organismo unitario –, per il Cnf la legge
c'è e va applicata. Fabio Florio, responsabile dell'apposita commissione in seno al
consiglio, è consapevole del fatto «che ci sia qualcosa ancora da sistemare per
rendere le procedure più praticabili e che bisogna attendere i decreti attuativi del
ministero per comprendere meglio quello che sta accadendo e come ci si deve
comportare sul territorio». Ma il Cnf non resta con le mani in mano e si sta
attivando, sottolinea Florio, «non solo con corsi per i media-tori, ma anche per i
formatori, attraverso le diramazioni della scuola superiore dell'avvocatura. Le circa
ottanta sedi sparse sul territorio saranno interessate, a partire da settembre, con i
corsi per i formatori». La macchina si è dunque messa in moto e l'invito del Cnf è
che «bisogna crederci, anche se – ribadisce Florio – non dobbiamo entrare nella
presunzione che tutti possano essere mediatori e conciliatori».
Tra i problemi fondamentali della disciplina, secondo Maurizio De Tilla, al vertice dell'Oua,
c'è«la dichiarazione con la qualesi informa il cliente che l'azione proposta necessita del
preventivo tentativo di conciliazione, pena l'annullamento del mandato. Previsione che non
c'è in nessun ordinamento europeo». Il ruolo dell'avvocato, aggiunge De Tilla, deve essere
centrale: «Essendo materia precontenziosa l'assistenza del professionista legale è
necessaria. Il conciliatore, ad esempio, potrebbe formulare una proposta che incide
nell'eventuale giudizio ordinario. Chi, meglio di un avvocato, potrebbe suggerire al
cittadino se accettarla o meno?». Qualche dubbio ulteriore l'Oua l'ha manifestato
sull'obbligatorietà («non era prevista nella legge delega»). «Le strade sono due –
suggerisce De Tilla – per evitare di intasare gli organismi di conciliazione. O rendere la
mediazione sempre facoltativa, o a marzo facciamo entrare nell'obbligo solo una di quelle
materie».Tra chi si è messo in moto va segnalato il coordinamento della conciliazione
forense cui aderiscono una trentina di ordini locali, Milano e Roma compresi. «Diamoci da
fare – commenta risoluto Angelo Santi, avvocato, responsabile nazionale del
coordinamento – con questi organismi ». Oggi è possibile seguire tre strade per
organizzarsi, spiega Santi: «gli enti di conciliazione possono essere gestiti dagli ordini,
anche attraverso le fondazioni, oppure in associazione con altri ordini professionali, in
primo luogo i commercialisti. Oggi, in attesa dei regolamenti, c'è pure chi va avanti con le
convenzioni con le camere di commercio». In sintonia con il Cnf , Santi ribadisce come
siano da aggiornare i compensi per l'avvocato che assiste il cliente nella mediazione. «La
tariffa va adeguata perché l'assistenza nella mediazione non può essere paragonata a un
semplice incontro in sede stragiudiziale », ha aggiunto Santi. Convinto che la mediazione
sia un'opportunità per gli ordini «anche per smarcarsi dallo sfascio della giurisdizione».

SOLE 24 ORE
La mediazione entra in casa
Della torta da un milione di controversie che dovranno passare per la mediazione prima di
finire in tribunale o dal giudice di pace la fetta più consistente è quella delle cause che
hanno a che fare con gli immobili. Vuoi che siano relative al condominio, alle locazioni e ai
diritti di proprietà, vuoi che riguardino le successioni. Per tutte queste si applica la novità
più rilevante del provvedimento che ha messo ordine nella materia: dal 20 marzo 2011 la
mediazione extragiudizio diventa obbligatoria. In altre parole, chi non tenta di mettersi
d'accordo, avvalendosi di un organismo privato riconosciuto, non può fare causa.
Naturalmente, conciliarsi o meno resta una scelta volontaria delle parti coinvolte, ciascuna
delle quali potrà eventualmente proseguire in tribunale. Questa la differenza con l'arbitrato,
in cui agli arbitri viene concordemente assegnato il compito di redigere un «lodo» che
sostituisce la sentenza del giudice. Ancor prima di rivoluzionare l'iter processuale, le nuove
norme sono destinate a mutare radicalmente l'atteggiamento del cittadino rispetto alle liti in
corso. Cambieranno le risposte da dare ad alcune domande chiave, che ciascuno che
ritenga di avere un diritto da difendere, si pone sempre. Vale la pena fare causa o è
meglio lasciar perdere? Quanto tempo passerà prima che sia riconosciuto il mio diritto,
anche se ho ragione? Quanto dovrò spendere? Mi rimborseranno le spese?
In caso di successo è un bel risparmio, sia per lo stato, sia per il cittadino. Innanzitutto
perché si è speso di meno e si è ottenuto un risultato in quattro mesi. Poi anche perché gli
organismi di mediazione non sono legati al piatto rispetto delle leggi, ma hanno lo scopo di
trovare una soluzione pratica che sia accettata dai litiganti. Quando invece le parti sono
irrigidite nelle loro posizioni, la mediazione rischia di trasformarsi in una perdita di tempo
(quattro mesi in più) e di denaro (costi maggiori per le relative spese e per la consulenza di
avvocati e periti). I detrattori ricordano, non a torto, che già alla prima udienza del
processo civile il giudice, se la natura della causa lo consente, deve cercare di conciliare
le parti. E quando ci riesce, il risultato è forse più "solido".Le proposte d'intesa redatte dagli
organismi privati addetti alla mediazione, infatti, non hanno certo lo stesso peso delle
considerazioni del giudice, contro cui è ben più rischioso ribellarsi. È evidente il tentativo di
scoraggiare così la litigiosità degli italiani, sia di quelli che intentano cause per motivi poco
fondati, sia anche di quelli che un motivo ce l'avrebbero, ma non se la sentono di
invischiarsi in una causa civile, data la farraginosità della macchina giudiziaria. In più, i
tempi della mediazione non vengono espressamente conteggiati in quelli della durata
irragionevole del processo per cui è possibile chiedere un risarcimento alla pubblica
amministrazione. Restano poi escluse dalla mediazione obbligatoria tutte quelle misure
giudiziarie che hanno lo scopo di risolvere situazioni urgenti, nell'attesa dei lunghi tempi
del processo. E cioè i procedimenti cautelari, le ingiunzioni di sfratto, i procedimenti
possessori, i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione
forzata, i procedimenti camerali e le azioni civili esercitate nel processo penale.
È bene poi ricordare che la mediazione obbligatoria non è una novità assoluta nel
processo civile. È infatti già così nelle controversie in materia di telecomunicazioni, nelle
cause di separazione e divorzio e lo sono state in quelle di lavoro (in sede di modifica in
parlamento). Viceversa la conciliazione facoltativa è praticamente sempre possibile, in
forme talora fissate dalla legge o semplicemente dal buon senso, presso una miriade di
possibili organismi (si va dal giudice di pace, alle camere di commercio, ai consigli forensi,
agli ordini professionali, al Corecom, ai sindacati).

SOLE 24 ORE
Arbitro e giocatore, la doppia identità dell'intermediario
Nessuno sarà tenuto all'oscuro. E a informare della possibile soluzione alternativa della
controversia è proprio l'avvocato. Che al primo colloquio con il cliente deve far presente, e
per iscritto, che c'è la mediazione, che (in futuro) può comportare benefici fiscali e che
deve (quando è obbligatorio) o può (quando non lo è), farne uso. Altrimenti il suo mandato
è nullo. Il documento informativo deve essere sottoscritto dal cliente e allegato all'atto
introduttivo di un eventuale giudizio futuro. La domanda di mediazione va presentata
presso un organismo iscritto nell'elenco che sarà istituito dal ministero della Giustizia.
Nell'attesa si usa il registro dei conciliatori per le questioni societarie. La domanda non
deve rispettare forme particolari, ma deve indicare l'organismo prescelto, le parti in
lite,l'oggetto e le ragioni della pretesa, l'importo economico. Alla sua presentazione, il
responsabile dell'organismo deve designare un mediatore e fissare il primo incontro tra le
parti, entro e non oltre 15 giorni dal deposito della domanda stessa (oggi i tempi medi, ad
esempio, a Milano sono di 35 giorni, ma si può salire fino a due mesi ). La comunicazione
alle altre parti coinvolte può essere fatta dall'organismo che gestisce la conciliazione, ma
anche da chi ha presentato l'istanza. La durata del procedimento di mediazione non può
superare i quattro mesi e il termine decorre dal deposito della domanda. Benché molti
organismi di mediazione possano avere una specializzazione particolare, può capitare che
l'oggetto della controversia comporti conoscenze tecniche molto particolari, che non tutti
possono avere. I casi sono allora due. Il primo (piuttosto raro) è che l'organismo abbia al
suo interno questi esperti. Allora li investirà del titolo di co-mediatori. In tal caso, l'indennità
di mediazione da versare resterà nei limiti massimi previsti. Viceversa, l'esperto reperito
all'esterno, comunque tra quelli accreditati presso il tribunale, avrà diritto a un distinto
compenso. Le mediazioni, inoltre, sono di due tipi. Quella «facilitativa» che c'è sempre,e
quella«valutativa » che scatta dopo il fallimento della prima, oppure se è richiesta dalle
parti. Nella mediazione facilitativa l'intermediario ricerca le motivazioni alla base del
conflitto e fornisce tutte le informazioni necessarie affinché le parti raggiungano un
accordo o un compromesso. Se l'accordo non si raggiunge,il mediatore deve informare le
parti della possibilità della mediazione «valutativa», cioè di una proposta di accordo da lui
stesso redatta per iscritto, nonché delle possibili conseguenze sulle spese processuali. Le
parti devono fare pervenire al mediatore il sì o il no alla proposta entro sette giorni, sempre
per iscritto. Quando le parti aderiscono alla mediazione facilitativa o valutativa viene
redatto un processo verbale, che verrà sottoscritto dalle parti stesse e del mediatore. Il
verbale è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della sua regolarità
formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo.
Se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti per cui è
prevista la trascrizione (ad esempio il trasferimento di diritti immobiliari), la sottoscrizione
del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale. L'accordo
amichevole,o quello raggiunto a seguito della proposta del mediatore, può prevedere il
pagamento di una somma di denaro per ogni violazione, inosservanza o ritardo
nell'adempimento degli obblighi previsti. Anche in caso di accordo non raggiunto, il
mediatore forma processo verbale sottoscritto anche dalle parti, con l'indicazione della
proposta.

SOLE 24 ORE
Indennità, diritti e periti: i costi salgono
La partecipazione a organismi di mediazione sta diventando un'opportunità di lavoro per i
professionisti laureati in materie giuridiche ed economiche, soprattutto per quelli di giovane
età ( molti avvocati, si sa, hanno pochi clienti) o per persone che, giunte alla soglia della
pensione, intendono occupare solo parte del loro tempo. Ma qual è il Dna di questi
organismi e quale quello dei loro aderenti? La materia sarà regolata da nuovi decreti in
applicazione del Dlgs 28/2010, ma nel frattempo si applicano, le disposizioni dei decreti
del ministro della Giustizia 23 luglio 2004 numeri 222 e 223, che determinano la
formazione del registro degli organismi e la loro revisione, la sospensione e la
cancellazione degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro che richiedono
specifiche competenze anche in materie di consumo e internazionali, nonché la
determinazione delle indennità spettanti. I decreti fissano le condizioni perché si possa
essere soci, associati, amministratori o rappresentanti dell'organismo, che comprendono i
consueti i requisiti di onorabilità ( oltre alla mancanza di condanne anche quella di sanzioni
disciplinari diverse dall'avvertimento). È necessario un iter di formazione del mediatore con
partecipazione a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati
accreditati. I corsi di formazione possono essere piuttosto costosi e devono avere una
durata minima di 40 ore (corso base di 32 ore, di cui non meno di 16 di pratica e quattro
per la valutazione, più un corso di specializzazione societaria di otto ore). Il compito di
verificare la qualificazione professionale dei mediatori è assegnato al responsabile
dell'organismo, salvo che i mediatori siano professori universitari in discipline economiche
o giuridiche, o professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con
anzianità di almeno 15 anni, oppure ancora magi-strati in pensione. Quanto all'organismo,
deve comprendere almeno sette mediatori- conciliatori, deve essere coperto da una
polizza assicurativa di importo non inferiore a 500mila euro per le conseguenze
patrimoniali derivanti dallo svolgimento del servizio di conciliazione e offrire garanzia di
trasparenza amministrativa e contabile. A essere esonerate da questi adempimenti sono
solo le camere di commercio. Ricordiamo che, oltre a queste, praticamente tutti gli ordini
professionali hanno fondato organismi di questo tipo: niente vieta però di costituirne altri.
Le indennità dovute agli organismi di conciliazione (si veda la tabella nella pagina a fronte)
non sono poi gli unici costi previsti. Innanzitutto va aggiunto quasi sempre un importo di 30
euro a titolo di diritti di segreteria ( è esente solo chi può accedere al gratuito patrocinio e,
in alcuni casi, il consumatore nelle controversie con i professionisti regolate dal codice del
consumo). Inoltre, se si è assistiti da un avvocato, bisogna ovviamente pagare la sua
consulenza secondo le indennità in materia stragiudiziale previste dai relativi tariffari.
Se poi si deve chiamare un perito di parte, anche i suoi costi incombono sul ricorrente o
sulla parte avversa, in genere in base ai tariffari specifici del professionista stesso
(geometra, commercialista, ragioniere, ingegnere, architetto, perito eccetera). Stesso
discorso per i consulenti esterni di cui spesso ha bisogno l'organismo di conciliazione, che
li sceglierà tra gli esperti del tribunale. Se la conciliazione sfocia in un contratto, ci sono i
costi vivi e burocratici a esso connessi (ad esempio, la trascrizione). Infine, vanno
calcolate le eventuali spese di registrazione del verbale di conciliazione