IL CORRIERE DELLA SERA
La nuova vita del giudice Borrelli: sarò un mediatore
Quando nel 2002, aveva pronunciato quel famoso «resistere, resistere, resistere>>, era considerato il «capo delle toghe rosse». Oggi che è in pensione, Francesco Saverio Borrelli ha deciso di svolgere il corso di formazione per diventare mediatore, condividendo in pieno la riforma della giustizia civile fortemente voluta dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, considerato il delfino di Berlusconi. «E l’ennesima dimostrazione che le mie valutazioni non sono mai state dettate da ragioni politiche — sorride Borrelli. Inizierò il corso a maggio e non conosco ancora i passaggi tecnici di questa riforma ma approvo la filosofia e gli obiettivi della mediazione civile. In Italia esiste un tasso di litigiosità molto alto e per riportare i tempi della giustizia in parametri ragionevoli serve un cambiamento profondo e credo che questo in corso sia un valido tentativo>,.
Eppure gli avvocati protestano da mesi sostenendo che per velocizzare, la giustizia servono più magistrati: riportando in aula quelli che stanno nei ministeri e assumendone di nuovi. «Per avere tempi accettabili nella giustizia civile servirebbe almeno il quadruplo dell’attuale organico di magistratura — avverte Borrelli — e non credo che le casse dello Stato possano sostenere un simile stono. Invece io credo che questa sia una grande occasione per un Paese: esiste un vantaggio etico della mediazione. Far provare al cittadino che è possibile trovare un terreno di intesa che accontenti due parti e non solo una. Una causa in tribunale porta con sé il peso di uno scontro emotivo in tempi lunghi e con un esito incerto. Verificare se esiste una via alternativa è una grande opportunità».
Esistono anche dubbi sull’affidabilità del sistema: un conto è avere come Borrelli, Grechi o Vigna, un conto è avere un neolaureato con un corso di appena 50 ore alle spalle. «Quello delle competenze è un falso problema in un simile contesto. Non credo che in, una mediazione sia indispensabile avere un eccessivo bagaglio tecnico: qui si stratta di convincere due persone che è meglio trovare,e un punto d’accordo che andare allo scontro. Quando ero uno studente dì Piero Calamandrei ricordo che nel suo studio campeggiava un cartello con su scritto ―meglio una magra transazione che una grassa sentenza °. Queste procedure, per certi versi, permettono di avvicinarsi a una giustizia sostanziale più di quanto non succeda con una sentenza di un tribunale».
Ma è possibile condurre in porto una riforma così vasta della giustizia civile in pieno contrasto con il mondo dell’avvocatura? «L’avvocato deve reinterpretare il suo ruolo — spiega l’ex procuratore generale — magari assistendo il cliente anche in fase di mediazione come accade anche in altri paesi. Io sono sicuro che questa riforma porterà a un alleggerimento della nostra macchina giudiziaria anche se non è ancora possibile capire in che misura».
Però il mondo della giustizia civile ha tempi e ritmi anomali come lo stesso giovane Borrelli ha provato sulla sua pelle. «In effetti pochi sanno che prima di approdare alla procura, io per vent’anni sono stato giudice civile e ho conosciuto le farraginosità di quel settore. Però ricorda che esistevano spesso ampi margini di mediazione tra le parti. Del resto, già Manzoni scriveva che torto e ragione non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro».
Mentre la riforma della giustizia civile è già andata in parto e aspetta il collaudo del campo, resta ancora in piedi Il progetto di una riforma penale imperniata sul processo breve. «Assolutamente contrario — taglia corto Borrelli —. E un progetto che somiglia tanto al letto di Procuste, il brigante mitologico che faceva accomodare gli ospiti sul suo piccolo letto e a quelli che sporgevano tagliava i piedi. Non si può pensare a una riforma penale basandosi solo sul taglio dei tempi». Isidoro Trovato