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"Non sarà certo lo Stato a salvare gli avvocati"

Inviato: lun apr 04, 2011 4:09 pm
da GiovaniAvvocati
Affari e Finanza Repubblica
ATTUALITA
"Non sarà certo lo Stato a salvare gli avvocati"


la lettera



RICCARDO CAPPELLO*




Dopo la manifestazione pubblica è in atto, deliberata dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, di cui è presidente Maurizio de Tilla, l'astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria per protestare contro la legge sulla mediazione obbligatoria. Lo sciopero maschera dietro il diritto alla difesa costituzionalmente garantito, la volontà di accrescere una rendita di posizione in virtù di una presunta professionalità che il cittadino deve dare per scontata e che sarebbe garantita dall’iscrizione all’albo. In teoria la legge professionale prevede che in caso di conflitto tra gli interessi personali e quelli della collettività siano questi ultimi a prevalere ma, nella prassi, questo principio resta disapplicato anzi viene spesso usato per mantenere le esclusive e rivendicarne altre.
Infatti, l’avvocatura non è un "sacro baluardo a tutela dei diritti dei cittadini, ma una corporazione che, temendo che "si licenzino migliaia" di suoi appartenenti, vuol impedire una soluzione delle controversie dalla quale sia esclusa e/o non possa trarne benefici economici.
Nonostante "l’attività riservata agli iscritti negli Albi forensi sia limitata alla difesa delle parti in giudizio", in Italia si pretende di introdurre l’obbligatorietà dell’iscrizione anche avanti il mediatore mentre non è necessaria l’iscrizione ad alcun albo per patrocinare avanti il Tribunale Penale Internazionale de L’Aia (la difesa di Milosevic è stata svolta da un non laureato), quello dei diritti umani, quello dell’ambiente ed i molti organismi giurisdizionali esistenti.
Gli Ordini, contemporaneamente e secondo la convenienza, associazioni private ed enti pubblici contrabbandano gli interessi della categoria con quelli della collettività. L’obbligatorietà dei minimi tariffari, le esclusive, il rifiuto di essere coinvolti economicamente nell’esito del giudizio e la stessa volontà di gestire per conto dello Stato la mediazione e lo smaltimento dell’arretrato civile non sono affatto funzionali alla protezione dell’interesse generale ma indicano un’indole mercantile che vuole sottrarsi alla logica del mercato ed al rischio imprenditoriale: una statalizzazione della professione in cui lo Stato, invece di pagare direttamente l’avvocato, costringe cittadini ed imprese a farlo rendendo per molte attività obbligatorio l’intervento del professionista.
L’avvocato, infatti, sta tentando di approfittare della riforma del titolo V° della Costituzione per essere costituzionalizzato e ottenere il posto fisso ed il minimo garantito. Tuttavia non sarà tanto il ruolo pubblico a salvare quella che fu una professione e che oggi è chiamata nelle piazze come i ferrotranvieri quanto la sua capacità di adattarsi alle regole del mercato e di interferire con esso per riguadagnare la fiducia di quei cittadini che troppo spesso sono costretti a difendersi dal proprio difensore.
*Avvocato, autore de "Il Cappio. Perché gli Ordini professionali soffocano l’Economia Italiana" , Ed. Rubbettino