IL SOLE 24 ORE
Conciliazione alla Corte Ue
Incertezza sulle competenze del mediatore e sull'ambito territoriale
Conciliazione senza pace. Perché, dopo due rinvii alla Corte costituzionale, adesso arriva quello alla
Corte di giustizia europea. A deciderlo è stato il tribunale di Palermo, sezione distaccata di
Bagheria, che, nell'ambito di una controversia riguardante una locazione (da marzo questa tipologia,
come parecchie altre, è soggetta a un tentativo di mediazione obbligatorio e inteso come condizione
di procedibilità) ha chiamato in causa i giudici europei sotto una pluralità di profili.
Il punto di riferimento è allora la direttiva 2008/52/Ce che, sia pure riferita a controversie
transfrontaliere, può ben essere ritenuta rilevante anche per le cause nazionali. Il primo profilo è
quello delle competenze di cui deve essere dotato il mediatore. Tenuto conto del fatto che
«l'idoneità al corretto e sollecito svolgimento dell'incarico», prevista dal decreto legislativo
28/2010, deve coesistere con il requisito della semplice laurea triennale introdotto in seguito dal
decreto ministeriale attuativo (Dm n. 180 del 2010). La Corte di giustizia dovrà valutare la
compatibilità di queste previsioni con la disciplina comunitaria: se cioè quest'ultima può essere
interpretata nel senso di un obbligo di competenze anche giuridiche (l'ordinanza di rinvio propende
nettamente per il sì) e nel senso di stabilire che la scelta del mediatore da parte del responsabile
dell'organismo deve avvenire tenuto conto delle specifiche competenze possedute in rapporto alla
lite da affrontare. Questione cruciale perché i giudici siciliani ritengono che i costi della procedura
si possono giustificare solo se il servizio fornito è di elevata qualità. Altro quesito posto è relativo al
rapporto tra la direttiva e i criteri nazionali di competenza territoriale nella prospettiva di incentivare
il ricorso alla conciliazione. «Dalla mancata previsione di criteri di competenza – sottolinea
l'ordinanza che pone la questione pregiudiziale –, possono derivare pregiudizi alle parti meno
attrezzate (a quelle cosiddette deboli), nonché utilizzi distorti dell'istituto della mediazione e minore
efficacia dello stesso, che ha tante più probabilità di successo quanto più si agevola la
partecipazione dei litiganti e ciò pure sotto il profilo della vicinanza dell'organismo di mediazione al
luogo di residenza delle parti o, almeno, di quella debole». Permettere, invece, la scelta di una sede
della mediazione lontana per la controparte favorisce l'insuccesso della procedura.
Ultimo punto, la possibile formulazione di una proposta di accordo da parte del mediatore
indipendentemente dalla volontà delle parti e la possibile forza coercitiva messa in campo in questo
modo. Una «forzatura», pare ai giudici siciliani, che sfugge completamente al controllo delle parti e
istituisce un'anomala appendice al procedimento di conciliazione quando le parti non hanno
raggiunto un'intesa. Anzi, il paradosso potrebbe essere quello di una radicalizzazione delle proprie
pretese.
Davanti alla pronuncia del tribunale di Palermo esulta l'Oua che ricorda i rinvii alla Consulta
decisi dal Tar Lazio e a Parma e, per bocca del presidente Maurizio de Tilla, avverte che «a
questo punto prima che continuino a moltiplicarsi ulteriori provvedimenti di rimessione alla
Consulta e alla Corte europea, non sarebbe più saggio che il neo ministro della Giustizia, Nitto
Palma, riaprisse il dialogo con l'avvocatura, modificando la mediaconciliazione e rendendola
facoltativa?».
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ITALIA OGGI
Iniziativa del Tribunale di Palermo
La conciliazione alla Corte europea
La mediazione obbligatoria finisce sotto la lente della Corte di giustizia europea. Il tribunale di
Palermo (sezione distaccata Bagheria, giudice Michele Ruvolo) ha infatti trasmesso gli atti di un
processo su un caso di locazione ai giudici dell'Unione europea, segnalando una serie di quesiti che
riguardano l'interpretazione della normativa italiana (entrata in vigore il 21 marzo scorso con il dlgs
n. 28/2010) delle disposizioni della direttiva europea 2008/52/Ce. Nel dettaglio, l'ordinanza, resa
nota dall'Organismo unitario dell'avvocatura, tocca le questioni dell'efficacia e competenza
del mediatore, dei criteri di competenza territoriale degli organismi di mediazione, della
centralità della volontà delle parti nella gestione del procedimento di mediazione.
«Un'ulteriore conferma delle nostre preoccupazioni e dei nostri rilievi», è il commento del
presidente dell'Oua, Maurizio de Tilla, «l'eccesso di delega, i limiti illegittimi all'accesso alla
giustizia, l'assenza di competenza territoriale, la possibilità che il mediatore possa formulare
una proposta di conciliazione in assenza del consenso delle parti, l'inadeguata formazione dei
mediatori e la conoscenza della materia nel caso specifico». «Si moltiplicano le decisioni
negative sulla mediaconciliazione obbligatoria», continua de Tilla, «dopo il Tar del Lazio e il
giudice di pace a Parma che hanno rinviato alla Corte costituzionale, ora è il turno del
Tribunale di Palermo che rimette gli atti alla Corte di giustizia europea. Ancora una volta si
conferma che il sistema varato non solo ha profili di incostituzionalità ma anche che non è in
linea con la direttiva europea». «A questo punto», conclude de Tilla, «prima che continuino a
moltiplicarsi ulteriori provvedimenti di rimessione alla Consulta e alla Corte europea, non
sarebbe più saggio che il neo ministro della giustizia, Nitto Palma, riaprisse il dialogo con
l'Avvocatura? Attendiamo un cenno».