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MEDIAZIONE ALLA CORTE UE

Inviato: gio set 15, 2011 4:14 pm
da GiovaniAvvocati
IL SOLE 24 ORE
Conciliazione alla Corte Ue
Incertezza sulle competenze del mediatore e sull'ambito territoriale
Conciliazione senza pace. Perché, dopo due rinvii alla Corte costituzionale, adesso arriva quello alla
Corte di giustizia europea. A deciderlo è stato il tribunale di Palermo, sezione distaccata di
Bagheria, che, nell'ambito di una controversia riguardante una locazione (da marzo questa tipologia,
come parecchie altre, è soggetta a un tentativo di mediazione obbligatorio e inteso come condizione
di procedibilità) ha chiamato in causa i giudici europei sotto una pluralità di profili.
Il punto di riferimento è allora la direttiva 2008/52/Ce che, sia pure riferita a controversie
transfrontaliere, può ben essere ritenuta rilevante anche per le cause nazionali. Il primo profilo è
quello delle competenze di cui deve essere dotato il mediatore. Tenuto conto del fatto che
«l'idoneità al corretto e sollecito svolgimento dell'incarico», prevista dal decreto legislativo
28/2010, deve coesistere con il requisito della semplice laurea triennale introdotto in seguito dal
decreto ministeriale attuativo (Dm n. 180 del 2010). La Corte di giustizia dovrà valutare la
compatibilità di queste previsioni con la disciplina comunitaria: se cioè quest'ultima può essere
interpretata nel senso di un obbligo di competenze anche giuridiche (l'ordinanza di rinvio propende
nettamente per il sì) e nel senso di stabilire che la scelta del mediatore da parte del responsabile
dell'organismo deve avvenire tenuto conto delle specifiche competenze possedute in rapporto alla
lite da affrontare. Questione cruciale perché i giudici siciliani ritengono che i costi della procedura
si possono giustificare solo se il servizio fornito è di elevata qualità. Altro quesito posto è relativo al
rapporto tra la direttiva e i criteri nazionali di competenza territoriale nella prospettiva di incentivare
il ricorso alla conciliazione. «Dalla mancata previsione di criteri di competenza – sottolinea
l'ordinanza che pone la questione pregiudiziale –, possono derivare pregiudizi alle parti meno
attrezzate (a quelle cosiddette deboli), nonché utilizzi distorti dell'istituto della mediazione e minore
efficacia dello stesso, che ha tante più probabilità di successo quanto più si agevola la
partecipazione dei litiganti e ciò pure sotto il profilo della vicinanza dell'organismo di mediazione al
luogo di residenza delle parti o, almeno, di quella debole». Permettere, invece, la scelta di una sede
della mediazione lontana per la controparte favorisce l'insuccesso della procedura.
Ultimo punto, la possibile formulazione di una proposta di accordo da parte del mediatore
indipendentemente dalla volontà delle parti e la possibile forza coercitiva messa in campo in questo
modo. Una «forzatura», pare ai giudici siciliani, che sfugge completamente al controllo delle parti e
istituisce un'anomala appendice al procedimento di conciliazione quando le parti non hanno
raggiunto un'intesa. Anzi, il paradosso potrebbe essere quello di una radicalizzazione delle proprie
pretese.
Davanti alla pronuncia del tribunale di Palermo esulta l'Oua che ricorda i rinvii alla Consulta
decisi dal Tar Lazio e a Parma e, per bocca del presidente Maurizio de Tilla, avverte che «a
questo punto prima che continuino a moltiplicarsi ulteriori provvedimenti di rimessione alla
Consulta e alla Corte europea, non sarebbe più saggio che il neo ministro della Giustizia, Nitto
Palma, riaprisse il dialogo con l'avvocatura, modificando la mediaconciliazione e rendendola
facoltativa?».
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ITALIA OGGI
Iniziativa del Tribunale di Palermo
La conciliazione alla Corte europea
La mediazione obbligatoria finisce sotto la lente della Corte di giustizia europea. Il tribunale di
Palermo (sezione distaccata Bagheria, giudice Michele Ruvolo) ha infatti trasmesso gli atti di un
processo su un caso di locazione ai giudici dell'Unione europea, segnalando una serie di quesiti che
riguardano l'interpretazione della normativa italiana (entrata in vigore il 21 marzo scorso con il dlgs
n. 28/2010) delle disposizioni della direttiva europea 2008/52/Ce. Nel dettaglio, l'ordinanza, resa
nota dall'Organismo unitario dell'avvocatura, tocca le questioni dell'efficacia e competenza
del mediatore, dei criteri di competenza territoriale degli organismi di mediazione, della
centralità della volontà delle parti nella gestione del procedimento di mediazione.
«Un'ulteriore conferma delle nostre preoccupazioni e dei nostri rilievi», è il commento del
presidente dell'Oua, Maurizio de Tilla, «l'eccesso di delega, i limiti illegittimi all'accesso alla
giustizia, l'assenza di competenza territoriale, la possibilità che il mediatore possa formulare
una proposta di conciliazione in assenza del consenso delle parti, l'inadeguata formazione dei
mediatori e la conoscenza della materia nel caso specifico». «Si moltiplicano le decisioni
negative sulla mediaconciliazione obbligatoria», continua de Tilla, «dopo il Tar del Lazio e il
giudice di pace a Parma che hanno rinviato alla Corte costituzionale, ora è il turno del
Tribunale di Palermo che rimette gli atti alla Corte di giustizia europea. Ancora una volta si
conferma che il sistema varato non solo ha profili di incostituzionalità ma anche che non è in
linea con la direttiva europea». «A questo punto», conclude de Tilla, «prima che continuino a
moltiplicarsi ulteriori provvedimenti di rimessione alla Consulta e alla Corte europea, non
sarebbe più saggio che il neo ministro della giustizia, Nitto Palma, riaprisse il dialogo con
l'Avvocatura? Attendiamo un cenno».

Re: MEDIAZIONE ALLA CORTE UE

Inviato: gio set 15, 2011 4:18 pm
da GiovaniAvvocati
SOLE 24 ORE
Il testo dell'ordinanza
L'ORDINANZA. I quesiti vertono, pertanto, sull'interpretazione di alcune disposizioni della
direttiva 2008/52/Ce e sono i seguenti:
1) se gli articoli 3 e 4 della direttiva 2008/52/Ce sulla efficacia e competenza del mediatore possano
interpretarsi nel senso di richiedere che il mediatore sia dotato anche di competenze in campo
giuridico e che la scelta del mediatore da parte del responsabile dell'organismo debba avvenire in
considerazione delle specifiche conoscenze ed esperienze professionali in relazione alla materia
oggetto di controversia;
2) se l'articolo 1 della direttiva 2008/52/Ce possa interpretarsi nel senso di richiedere criteri di
competenza territoriale degli organismi di mediazione che mirino a facilitare l'accesso
alla risoluzione alternativa delle controversie e a promuovere la composizione amichevole delle
medesime;
3) se l'articolo 1 della direttiva 2008/52/Ce sull'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento
giudiziario, l'articolo 3, lettera a), il considerando 10 e il considerando 13 della direttiva 2008/52/Ce
sull'assoluta centralità della volontà delle parti nella gestione del procedimento di mediazione e
nella decisione relativa alla sua conclusione possano interpretarsi nel senso che, quando l'accordo
amichevole e spontaneo, il mediatore possa formulare una proposta di conciliazione salvo che le
parti non gli chiedano congiuntamente di non farlo (poiché ritengono di dover porre fine al
procedimento di mediazione).
Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Bagheria, Ordinanza del 16 agosto 2011

Re: MEDIAZIONE ALLA CORTE UE

Inviato: sab lug 14, 2012 12:08 pm
da GiovaniAvvocati
LA MEDIAZIONE CIVILE BOCCIATA DALL'UNIONE EUROPEA
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e- ... d=Abq7Jb6F

La commissione Ue boccia le sanzioni della conciliazione

di Giovanni Negri

Conclusioni in chiaroscuro per la disciplina tricolore della conciliazione obbligatoria. A trarle è la commissione europea nella memoria consegnata alla Corte di giustizia in vista del verdetto che dovrà verificare la compatibilità del decreto legislativo 28 del 2010 con le direttive comunitarie.

Così, il sistema di mediazione delineato dalla legislazione italiana è censurato nella parte in cui «prevede che il mediatore possa e, a volte, debba, senza che le parti possano opporvisi, formulare una proposta di conciliazione che le parti sono indotte ad accettare per evitare di incorrere in determinate sanzioni economiche».
documenti
La commissione Ue boccia le sanzioni della conciliazione - Il testo della memoria

Un sistema che non permette alle parti di esercitare il diritto di decidere liberamente quando chiudere il procedimento di conciliazione e che, alla commissione, non appare in linea con la ricerca consensuale dell'accordo di mediazione.

Avere previsto delle sanzioni economiche (che per la commissione sono rappresentate dall'esclusione dalla ripetizione delle spese processuale sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta del mediatore, nella sua condanna al rimborso di quelle sostenute dalla parte soccombente, dalla condanna al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio) in grado di incidere sulla libertà delle parti di mettere fine in qualsiasi momento al procedimento di conciliazione ha come effetto quello di limitare in maniera sproporzionata l'esercizio del diritto di accesso al giudice.

Perplessità anche per quanto riguarda il versante dei costi, dove le spese per il procedimento di conciliazione potrebbero essere superiori a quelle per il giudizio in tribunale. Toccherà però al giudice stabilire caso per caso se i costi di una mediazione sono tali da essere sproporzionati rispetto all'obiettivo di una composizione più economica delle controversie.
Tutte osservazioni accolte con favore dal presidente dell'Oua Maurizio de Tilla perché minano alla radice aspetti chiave della disciplina nazionale. Tuttavia la Commissione sottolinea come invece non sono in contrasto con le disposizioni comunitarie le misure che sanzionano la parte che rimane contumace con la possibilità per il giudice intervenuto successivamente di trarre argomenti di prova dalla mancata partecipazione.

Promosso poi, ma solo quello, il pagamento punitivo del contributo unificato. Come pure non appare censurabile la previsione di un periodo di quattro mesi per lo svolgimento del tentativo di mediazione. Una misura che non appare alla commissione tale da comportare un ritardo nell'introduzione e nella definizione di un successivo giudizio. Spetta però al giudice nazionale, anche in questo caso, valutare in ogni singolo caso quando il ritardo (eventuale) può portare alla compressione del diritto di accesso alla giurisdizione