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SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: lun nov 02, 2009 8:56 pm
da GiovaniAvvocati
Quattro mesi per evitare il processo
2/11/2009 DA Il Sole 24 Ore

lun. 2 - Possono bastare quattro mesi per chiudere una lite che di solito impegna avvocati, giudici, periti e personale di cancelleria per una decina d’anni? E che nel frattempo lascia il vero protagonista, singolo cittadino o impresa in cerca di giustizia, nel limbo dell’incertezza? La sfida è stata lanciata la scorsa estate, quando, con la riforma del processo civile, il governo ha acquisito la delega per esplorare il terreno delle soluzioni alternative alle controversie civili e commerciali. Via dunque i voluminosi fascicoli da depositare in tribunale, via i bizantinismi delle notifiche e delle comunicazioni: con il decreto che raccoglie quella sfida, approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana, la procedura sarà semplice, senza fronzoli e, soprattutto, veloce: quattro mesi in tutto, appunto, per l’intero iter. Solo il tempo ci dirà dell’efficacia, per il momento assistiamo al repentino cambio di Dna della conciliazione che, uscendo dall’alveo delle vertenze di lavoro o societarie, diventerà — 18 mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta del decreto - un obbligo per una serie di liti civili: da quelle condominiali a quelle sull’eredità, per citarne alcune molto gettonate. La procedura si articola in due step. Nel primo il compito del mediatore è far stringere la mano agli attori contrapposti intorno a un accordo i cui contenuti devono essere individuati da loro stessi in questa fase, definita «facilitativa», il mediatore è poco più che una comparsa, non ha un molo centrale, ma semplicemente assiste le parti nella ricerca dell’accordo amichevole. Completamente diversa la fase successiva, detta «aggiudicativa», che comincia quando la prima finisce con un nulla di fatto. Se le parti in causa non trovano l’accordo amichevole, tocca al mediatore fare la voce grossa e indicare la strada da seguire. In pratica formula una proposta di conciliazione che, a questo punto, può essere accettata o rifiutata. C’è però una bella differenza tra i due momenti procedurali. Finché il mediatore fa semplicemente da paciere, le parti in causa non hanno nulla da temere, nessuna conseguenza è infatti connessa all’atteggiamento seguito in questa fase. Quando invece il mediatore assume il ruolo di protagonista e formula la sua proposta, il rifiuto si ripercuote sull’eventuale — a questo punto quasi inevitabile — giudizio ordinario. Infatti, ch non intende seguire la soluzione indicata dal mediatore e poi, davanti al tribunale, ottiene lo stesso risultato dovrà accollarsi le spese sostenute per il giudizio anche della parte soccombente. La responsabilità aggravata per la lite temeraria fa capolino dunque anche nella procedura conciliativa. Un’altra particolarità della conciliazione è che la sua durata non incide sul calcolo del termine ragionevole. In sostanza, gli eventuali quattro mesi di tentativi di mediazione,per chi poi proseguirà con il giudizio ordinario, non verranno considerati ai fini dell’indennizzo, previsto dalla legge Pinto, per l’eccessiva durata dei processi. Andrea Maria Candidi

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Per il nuovo istituto un rodaggio di 18 mesi
Data Pubblicazione 2/11/2009

Articolo tratto da: Il Sole 24 Ore



1 - Nessuna soluzione preordinata

La mediazione è l’attività svolta da un soggetto imparziale che assiste due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole e/odi una proposta per la soluzione della controversia. La conciliazione è l’atto finale della mediazione, è cioè la soluzione della controversia individuata nel corso della i procedura di mediazione. L’organismo di conciliazione è invece l’ente pubblico o privato abilitato a svolgere la mediazione che non ha, tuttavia, l’autorità di imporre alle parti una soluzione

2 - Requisiti professionali e di onorabilità

Possono svolgere attività di mediatore: professori universitari in discipline economiche o giuridiche, professionisti iscritti ad albi professionali in materie economiche o giuridiche con un’anzianità di iscrizione, magistrati in pensione, altri soggetti, che non rispondono ai profili sopra indicati, ma che sono in possesso di una specifica formazione acquisita partecipando a corsi di formazione tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati

Inoltre, è richiesto il possesso di alcuni requisiti di onorabilità: non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione, non avere riportato condanne a pena detentiva patteggiata superiore a sei mesi, non avere l’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici, non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento

3 - Quando il tentativo è obbligatorio

Controversie nelle quali non è possibile agire in un giudizio ordinario se non si è prima tentata la mediazione: condominio, diritti reali (proprietà, usufrutto, ipoteca eccetera), divisione; successioni ereditarie; patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari

4 - Quattro mesi per chiudere la pratica

La durata. Il procedimento di mediazione deve concludersi entro quattro mesi. Il provvedimento del governo stabilisce comunque solo due vincoli temporali: i 15 giorni a disposizione del mediatore per fissare il primo incontro tra le parti e i 7 giorni entro i quali le parti devono far sapere se accettano o meno la proposta di conciliazione

La ragionevole durata. La durata del procedimento di mediazione non va calcolata ai fini del computo della ragionevole durata del processo

5 – Indennità sul valore della causa

Il decreto. Le indennità spettanti agli organismi di conciliazione per l’attività di mediazione saranno determinate con un apposito decreto del ministero della Giustizia. Nel frattempo si applicheranno le regole seguenti: per le spese di avvio del procedimento è dovuto da ciascuna parte un importo di 30 euro Per le spese di conciliazione e dovuto da ciascuna parte l’importo indicato nella tabella che segue

Valore della lite Costo

Fino a 1.000 40

Da 1.001 a 5.000 100

Da 5.001 a 10.000 200

Da 10.001 a 25.000 300

Da 25.001 a 50.000 500

Da 50.001 a 250.000 1.000

Da 250.001 a 500.000 2.000

Da 500.001 a 2.500.000 4.000

Da 2.500.000 a 5.000.000 6.000

Oltre 5.000.000 10.000

6 - Benefici fiscali e altre agevolazioni

Alle parti che corrispondono l’indennità agli organismi di conciliazione è riconosciuto un credito di imposta commisurato all’indennità stessa. Tutti gli atti, i documenti ei provvedimenti relativi alla mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra tassa. Entro il tetto di valore di 51.646 euro, il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro. Infine, per i casi in cui la mediazione è obbligatoria, le parti in possesso delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato sono esonerate dal pagamento dell’indennità
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Dal giudice si va solo dopo la mediazione
2/11/2009 Il Sole 24 Ore



Liti condominiali, affitti, eredità: prima di rivolgersi al tribunale sarà obbligatorio tentare la conciliazione

Lun. 2 - In lite con il condominio o con il titolare dell’appartamento preso in affitto. O con la compagnia assicurativa per un contratto poco chiaro. Oppure ancora con i parenti per una questione di eredità. In casi come questi, prima di entrare in tribunale ci si dovrà rivolgere a un mediatore. Un milione di volte, stima il ministero della Giustizia A tante ammontano le controversie civili e commerciali perle quali il tentativo di conciliazione diventa obbligatorio. O meglio, come specifica il provvedimento approvato dal governo la scorsa settimana (e che entrerà in vigore 18 mesi dopo la sua pubblicazione in Gazzetta) diventa (condizione di procedibilità»: senza aver provato la strada della soluzione amichevole non si può andare in giudizio. Proprio come accade per le cause di lavoro, dove le parti devono sempre rivolgersi al mediatore. Almeno fino a oggi. Infatti, mentre per le controversie civili si potenzia la conciliazione come strumento di deflazione del carico dei tribunali, nelle cause di lavoro il legislatore sta facendo un passo indietro sulla via dell’obbligatorietà. Tanto che se il Senato dovesse approvare il Ddl governativo sui lavori usuranti, le vertenze tra dipendenti e datori di lavoro non dovranno più passare per il “filtro” della conciliazione. La necessità di questo cambio di rotta nelle vertenze di lavoro è confermata dai dati raccolti dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Solo due conciliazioni su dieci di quelle tentate nel 2009 (fino a settembre) sono terminate con successo. Negli altri otto casi, il proseguimento della causa in tribunale è scontato. Con buona pace per le speranze di alleggerire l’arretrato. Con la mediazione civile si tratta allora di aggirare gli errori commessi nella conciliazione lavoristica. Alcuni dei quali li segnala Marina Calderone, al vertice dei consulenti: «La scommessa qui non è riuscita perché le controversie che presentavano un margine di trattativa significativo venivano già conciliate, in precedenza, in sede stragiudiziale. Mentre quelle non conciliabili tali sono rimaste». Inoltre, spiega Calderone, «il datore di lavoro non subisce sanzioni in caso di assenza, e per di più non è obbligato a presenziare». Sotto questo profilo, sembra che il progetto del governo nel settore civile vada nella direzione giusta con le penalità per i comportamenti poco collaborativi. Ad esempio, il rifiuto della proposta conciliativa ha conseguenze sull’eventuale giudizio ordinario. Continuando nel parallelo con il settore lavoro, emblematico l’esempio citato da Michel Martone, docente all’università di Teramo e alla Luiss: (Solo chi va a giudizio ha la speranza che, avendo la meglio, potrà ottenere le retribuzioni arretrate. Manca quindi lo stimolo più forte a conciliare». Ecco perché uno sgravio fiscale, come il credito di imposta nella conciliazione civile, potrebbe essere la soluzione ideale per tutti: a guadagnarci sarebbe anche lo Stato con meno costi di giustizia. I problemi però possono essere anche strutturali. Secondo Vittorio La Placa, giudice del lavoro al tribunale di Palermo, (la debolezza fondamentale è nell’insufficiente capacità di allestire l’enorme mole di pratiche. Ci sono sedi che non sempre riescono a convocare per tempo le parti, mentre bisogna affinare ulteriormente le professionalità all’interno delle commissioni di conciliazione». A questo proposito, il decreto sulla mediazione civile lascia aperti gli interrogativi, perché solo un ulteriore provvedimento di attuazione ci dirà come funzionerà l’albo dei formatori e quali saranno i requisiti di professionalità. Andrea Maria Candidi Giovanni Parente

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: gio nov 05, 2009 11:38 am
da GiovaniAvvocati
La conciliazione piace senza nullità del contratto
Data Pubblicazione 3/11/2009

Articolo tratto da: Il Sole 24 Ore



Giustizia. I rilievi degli avvocati al decreto legislativo approvato dall’esecutivo

Siciliotti: i 15 anni di iscrizioni all’albo escludono i giovani

La riforma della conciliazione civile si può migliorare. Lo scrive il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa alle commissioni parlamentari che devono dare il parere sul decreto legislativo su mediazione e conciliazione (legge 69/2009) approvato dal consiglio dei ministri la scorsa settimana. Le osservazioni hanno l’obiettivo di «migliorare il testo» precisa l’ordine degli avvocati, tra i professionisti coinvolti come mediatori assieme a commercialisti, consulenti del lavoro e notai. La nuova conciliazione, che partirà più o meno tra un anno e mezzo, diventa passaggio obbligatorio prima del tribunale per liti condominiali, affitti, eredità. Al contrario, potrebbe non essere più indispensabile per le cause di lavoro. Alpa chiede «modifiche radicali» alla norma che prevede la nullità del contratto tra legale e assistito come sanzione quando l’avvocato non avverte il cliente della possibilità di conciliare. Suggerisce di sostituire la nullità con l’illecito disciplinare e di inserire l’obbligo di informazione prima di proporre la domanda giudiziale e non in occasione del primo incontro con l’assistito. Agli avvocati non piace né l’obbligo per i mediatori di formulare una proposta di conciliazione quando non c’è accordo tra le parti, né che il tentativo di conciliazione sia previsto per gli arbitrati nè che possa essere fatto in giudizio in qualsiasi momento perché provocherebbe «rallentamenti». Da ripensare la disciplina sulle spese processuali «che dovrebbero seguire la disciplina ordinaria» e l’elenco delle controversie sottoposte a conciliazione obbligatoria su cui si riscontra «una certa disomogeneità ». L’associazione nazionale forense propone invece che vengano definiti meglio gli oneri del tentativo di conciliazione: «Il costo è a carico delle parti - sottolinea il segretario del sindacato, Ester Perifano - la cifra dipenderà poi dalle tabelle delle indennità: il decreto legislativo si limita a dire che dovranno essere emanate con la previsione di una maggiorazione nel caso di successo ma molto dipenderà anche dal sistema che verrà scelto». Il giudizio di Claudio Siciliotti, presidente dei commercialisti, è invece positivo: «Con questo testo si è ottenuto ciò abbiamo chiesto: che la conciliazione fosse obbligatoria e affidata a professionisti. Durante i lavori parlamentari, spererei solo che si rivedesse il termine di 15 anni di iscrizione all’albo per diventare mediatori perché esclude molti giovani». Positivo e senza rilievi il giudizio del presidente del Notariato Paolo Piccoli che sottolinea «i vantaggi diretti per i cittadini che dovrebbero manifestarsi soprattutto in termini di snellimento dei tempi». Marina Calderone, presidente dei consulenti del lavoro sottolinea invece: «Vanno meglio articolate le disposizioni sulle controversie di lavoro, che assieme a quelle in materia fiscale rientrano nella nostra competenza». Angela Manganaro

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: gio nov 05, 2009 11:41 am
da UGAI
15 ANNI ANZIANITA' PER L'ALBO MEDIATORI .GRAZIE ALFANO DAI GIOVANI AVVOCATI
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Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: dom mag 30, 2010 7:55 pm
da GiovaniAvvocati
SOLE 24 ORE ROMA

Da «conciliare» 120mila cause






A Roma oltre la metà delle liti che nel Lazio seguiranno il canale extragiudiziale





Oltre 120mila cause civili che prenderanno la strada della conciliazione prima di approdare nei nove tribunali del Lazio, circa 72mila solo nel foro della capitale. La riforma della mediazione extragiudiziale, varata con il Dlgs 28/ 2010 (in vigore dal 20 marzo) potrebbe cambiare in regione il volto della giustizia civile. Il decreto, infatti, in un'ottica deflattiva del processo, oltre a definire la regole della «mediazione per la conciliazione» delle controversie civili e commerciali prevede che da marzo 2011 per alcune materie - dal condominio alle eredità fino ai contratti finanziari (si veda l'elenco nella scheda in alto) - il tentativo di mediazione sia un passo obbligatorio prima di accedere (senza accordo) al rito ordinario. In media, ciascun ricorrente verserà al conciliatore un'indennità di 500 euro, provando a trovare una soluzione pacifica. Per una cifra complessiva in gioco data la stima delle controversie interessate e se si considerano almeno due parti in causa - di 120milioni in tutta la regione. Se la strada non funziona si avrà diritto di andare dal giudice che però potrebbe condannare la parte vincente a risarcire le spese di entrambi i ricorrenti se la sentenza rispecchierà la scelta proposta dal conciliatore. «È uno degli aspetti più controversi di questa norma perché di fatto limita la libertà di valutazione del giudice », spiega Dona-tella Salari, giudice della sesta sezione civile del tribunale capitolino , presieduto da Paolo De Fiore , e responsabile del gruppo di lavoro sulla conciliazione organizzato dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Roma. Applicando ai tribunali e agli uffici del giudice di pace del distretto di corte d'appello di Roma la stessa stima che il ministero della Giustizia ha usato in ambito nazionale (22% di cause da "conciliare" sul totale dei nuovi procedimenti in arrivo nell'anno), si scopre che le mediazioni obbligatorie saranno parecchie: 72mila nel solo tribunale di Roma ( oltre 120mila in regione), se si considera un flusso di nuove cause in arrivo nel 2011 più o meno in linea con quello dell'anno giudiziario 2009: circa 329mila (nel Lazio 548mila). Secondo le valutazioni dell'Osservatorio sulla giustizia civile , se ben strutturata, la conciliazione potrebbe aiutare a dirimere tutte le cause che hanno un forte valore "emotivo" come le divisioni ereditarie, i danni da circolazione stradale, i patti di famiglia, le liti condominiali. «Credo che troveranno ristoro soprattutto i tribunali che non hanno sezioni specializzate - spiega ancora Salari - dove i tempi lunghi incidono indifferentemente su tutti». Difficile, invece, valutare l'impatto deflattivo sugli uffici del giudice di pace, secondo Alfredo Blasi, nuovo coordinatore a Roma: «La norma è ancora poco chiara, ci auguriamo che i decreti attuativi chiariscano meglio». Anche le banche, sperano di risolvere con la conciliazione buona parte delle contestazioni di contratti finanziari giunte negli ultimi anni: «Al momento, con numeri molto ridotti, la conciliazione sta dando risultati positivi, col 94% delle liti risolte» spiega l'avvocato Giuseppe Tiracorrendo, conciliatore di Abi. L'obbligo potrebbe persino risolvere il rischio di class action su prodotti finanziari complessi come i bond: «È possibile che le controversie su derivati - ammette Tiracorrendo - davanti a contratti identici siano risolti attraverso un'unica procedura che coinvolga più soggetti». Ma il vantaggio non sarà solo per le banche: «Fin da ora, i ricorrenti possono risolvere cause da 250mila euro grazie a soli mille euro di contributo. Una causa civile sarebbe certo più onerosa ». Ma attorno alle banche, c'è poi l'ultimo dubbio di questa norma: «Gli uffici di conciliazione - avverte Salari - essendo basati sull'autocertificazione e senza obbligo di radicamento territoriale, potrebbero essere di fatto parte della filiera delle banche. Mettendo a rischio l'imparzialità della conciliazione». Intanto sulla riforma cresce la protesta degli avvocati che rivendicano maggiore coinvolgimento nel procedimento di conciliazione (si veda l'intervista a pagina 18). Tanto che l'organismo unitario dell'avvocatura (Oua) invierà in questi giorni al ministro Alfano un pacchetto di richieste di modifica al Dlgs. Sara Menafra

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Commercialisti, ingegneri e avvocati hanno già strutture proprie






Gli ordini giocano d'anticipo sugli organismi arbitrali





A due mesi dall'entrata in vigore del regolamento sulla conciliazione gli ordini professionali della capitale si misurano con la nuova riforma, che prevede anche l'isitituzione di propri organismi di mediazione per le materie di competenza. Una possibilità su cui molti consigli hanno giocato d'anticipo mettendo in campo anche una formazione specifica per i mediatori. Oltre agli avvocati che hanno già una propria camera arbitrale presso l'ordine di Roma (si veda anche l'intervista sotto) tra gli apripista anche l'ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Roma che già dal febbraio 2009 ha attivato un centro per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti (Cprc) - il primo in Italia - e ha già formato 240 conciliatori. «Il nostro centro è stato accreditato sia come organismo di formazione, per svolgere i corsi previsti dall'attuale normativa, sia come organismo di mediazione e di conciliazione» spiega Edoardo Merlino, presidente della commissione arbitrato e conciliazione dell'Odcec di Roma, che sottolinea: «È un'attività promettente soprattutto per i giovani». Tutto pronto per i consulenti del lavoro di Roma, che già hanno avviato dei corsi specifici per formare i propri conciliatori, come spiega Paolo Stern, consigliere dell'ordine provinciale di Roma. In itinere anche la possibilità di attivare una camera conciliativa presso l'ordine:«Abbiamo dato priorità all'istituzione di una commissione di certificazione - precisa Stern - che diventerà camera conciliativa per i rapporti di lavoro. Poi, accanto a questa, costituiremo una camera conciliativa per la risoluzione di liti di altra natura ». Per il presidente dell'Ordine degli architetti di Roma, la nuova normativa finalmente mette in luce una pratica ancora poco conosciuta: «Siamo lieti di tornare a questo ruolo di mediatori. Per questo vogliamo realizzare una camera di conciliazione anche presso il nostro ordine, dove i nostri professionisti saranno coadiuvati anche da legali». All'Ordine dei medici di Roma le nuove norme hanno creato un po' di scompiglio. Le cause sulla responsabilità medica , sono tra quelle che a partire dal 2011 dovranno passare per la mediazione obbligatoria. «Siamo operativi dal 2005 con lo sportello di conciliazione Accordia- spiega la responsabile - che si occupa della prima fase, quella di raccolta delle denunce, dei contatti con i medici e con le assicurazioni. Poi, però, si va sempre davanti alla Camera di conciliazione istituita dall'ordine degli avvocati di Roma e dalla Corte d'Appello di Roma. Però questa struttura alla luce del decreto diventerà obsoleta, perché si occupa solo dei medici che svolgono la libera professione ». Dall'ordine dei medici, quindi, promettono un ulteriore passo avanti.
Già pronti invece gli ingegneri, che hanno una camera di mediazione attiva da diversi anni: «Per ora non sentiamo la necessità di implementare la nostra camera di conciliazione - commenta Francesco Duilio Rossi, presidente dell'ordine di Roma - ma staremo a vedere: se le richieste aumenteranno in maniera sostanziosa interverremo».E ad attrezzarsi non sono stati solo gli ordini professionali. Le associazioni dei consumatori battono già da diversi anni la strada della conciliazione per risolvere le cosiddette "small claims", ovvero conflitti da poche centinaia di euro. A spiegarlo è Sergio Veroli, presidente di Consumers' Forum: «Da circa 10 anni, stringiamo con le aziende dei protocolli di conciliazione paritetica. Soprattutto nel settore delle telecomunicazioni, delle banche e dell'energia». Anche l'Adoc pone l'accento sulla conciliazione paritetica. «Siamo delusi dal decreto- denuncia il segretario nazionale Roberto Tascini- che non riconosce questo strumento che per noi è efficace e conveniente sia per i consumatori che per le aziende. Tuttavia, ci stiamo attivando per farci trovare pronti marzo 2011». Serena Riselli Alessandra Tibollo


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sole 24 ore sud

Conciliazioni obbligatorie, rivoluzione da 120mila casi






Il consiglio nazionale forense: sarà boom di mediazioni





Al Sud 120mila cause per liti condominiali, successioni ereditarie, sinistri stradali e nautici, responsabilità mediche, contratti assicurativi, bancari e finanziari prenderanno ogni anno la via della conciliazione. È un terzo del totale nazionale. Questi, secondo le stime del Consiglio nazionale forense, gli effetti che la conciliazione obbligatoria produrrà localmente dal 20 marzo 2011, quando entrerà nel vivo la riforma introdotta dal Dlgs 28/2010, che per queste materie rende la conciliazione necessaria per poi poter fare causa qualora la controversia non fosse risolta dall'organismo conciliatore. Una piccola rivoluzione nella quale gli ordini professionali – che potranno istituire propri organi di conciliazione – saranno in prima linea ma che intanto divide le categorie.
Finora sono state le Camere di commercio a gestire il grosso delle conciliazioni: nel primo semestre 2009 gli enti camerali di Campania e Sicilia si sono rivelati i più attivi, rispettivamente con 4.043 e 1.399 procedimenti. Discreti i numeri di Calabria (674) e Puglia (489), quarta e sesta regione d'Italia. Ci sono poi le pratiche gestite dai Corecom sulle liti tra utenti e società di telecomunicazioni e dai cosiddetti Centri di conciliazione esterni al sistema camerale. Da marzo 2011 lo scenario cambierà: più procedimenti e gli ordini professionali avranno facoltà di creare organismi ad hoc.

Dalle Camere di commercio non giungono dichiarazioni di "gelosia" e ci si dice pronti. «Su due punti riteniamo però utile un approfondimento – dice Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere –. Da un lato,l'impatto stimato sarà di circa un milione di procedure l'anno, riteniamo indispensabile assicurare le condizioni di sostenibilità economica di questo impegno. Dall'altro, va chiarito il tema delle materie oggetto della riforma, che al momento sono molto eterogenee e, in alcuni casi, di ambiti che non coinvolgono solo imprese e consumatori».

«La conciliazione – dicono dal Consiglio nazionale forense – comporta gravi oneri per gli Ordini. Siamo disposti a col-laborare, ma il governo pensi ad una graduale introduzione per settore e alla formazione degli avvocati». «Nella nostra provincia – spiega Enrico Sanseverino, presidente dell'Ordine avvocati di Palermo – stimiamo da marzo 2011 800 conciliazioni obbligate al mese. Non possiamo permetterci di arrivarci impreparati e stiamo predisponendo un regolamento.
Ma si brancola nel buio: dal governo non sono ancora arrivate direttive ». In prima fila anche il Consiglio notarile di Bari. «Faremo la nostra parte –dice il presidente Biagio Spano – creando un organismo unitario che capitalizzi le competenze che i singoli professionisti attivi sul territorio già hanno». Qualche perplessità da Achille Coppola, presidente dell'Ordine dei commercialisti e di Napoli: «Il nostro enteè in prima linea nel recepire gli effetti della riforma, tant'è vero che il ministero ci ha assegnato il compito di formare gli Ordini di Potenza, Campobasso e Paola. Ma la sensazione è che i diversi enti stiano procedendo in ordine sparso, quando servirebbe più coordinamento. Il rischio è che la riforma serva solo ad alimentare il solito circuito di formatori e non porti vantaggi reali». Francesco Prisco

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: gio set 16, 2010 6:25 pm
da GiovaniAvvocati
SOLE 24 ORE
Legali: riforma senza sogni

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Disincanto. E scarsa propensione a credere nelle promesse di lungo periodo e in grandi progetti di riforma: con questo atteggiamento degli avvocati sono impegnati a districarsi tra le angustie del mercato e i labirinti dei tribunali. Bussare alla porta degli studi legali per riflettere di riforma, conciliazione e soluzioni per l'arretrato civile, ci fa incontrare avvocati consapevoli del "deterioramento" professionale che la categoria sta vivendo e consci che per competere servono supporti all'organizzazione dell'attività. La conciliazione – tanto avversata dall'Oua che intanto ha aperto il confronto con il ministero della Giustizia (si veda anche l'altro articolo) – suscita invece molte diffidenze.

Dice Giulio Prosperetti (omonimo studio legale a Roma) «il contenzioso alimenta un formidabile "indotto". Il cliente spesso vuole solo affermare un diritto o sentirsi dare ragione. Di conciliare non vuole sentirne parlare. Non dimentichiamo che la giustizia in Italia costa meno rispetto ai Paesi anglosassoni. Invece, i grandi investitori ci evitano perché la vita di una causa è più lunga di quella di un'azienda». Dunque, quali rimedi? «È la giustizia formale che deve funzionare. Oltretutto abbiamo 220mila avvocati. Apriamo, per esempio, i concorsi per titoli, in magistratura, anche agli avvocati. Potenziamo gli organici con giovani più preparati e motivati a lavorare mattina e pomeriggio».
«L'obbligo di conciliazione in prima causa – afferma Carlo Galantini (studio Galantini-Heilbron-Cocco-Ordini di Milano) – già esiste nel codice. Il problema è che se il giudice non conosce preventivamente le carte, è difficile che possa proporre alle parti una composizione alternativa. Quindi nessuno lo fa. Quanto alla conciliazione, per funzionare si dovrebbero retribuire adeguatamente queste nuove figure; non si possono arruolare pensionati per rispondere alla domanda di giustizia».

Un giudizio sulla riforma forense? «Onestamente la seguo poco - ammette Galantini -. Mi interessa però l'istituzione della società tra professionisti. Servono istituti speciali, come le società di ingegneria o di architettura, con una fiscalità calcolata sul complessivo della società e non rapportata ai singoli professionisti».

«Abbiamo paura di perdere la nostra identità. Così la riforma "omnibus" non andrà in porto. Anche perché è tutto un tirare il freno a mano senza interrogarsi davvero su dove stiamo andando". A parlare è Gianluca Scagliotti (di Casale Monferrato). «Anche il mercato legale, come quello dei beni, si sta polarizzando, tra servizi di alto livello richiesti da società e banche ed esigenze di giustizia "spicciola". Il futuro – dice Scagliotti – rischia di essere la grande law firm e il negozio giuridico. Una riforma forense non deve ignorare l'esistenza degli uni e degli altri ma intercettare lo spirito del tempo e darsi delle norme light che garantiscano il decoro e il rispetto della clientela».
Per Massimo Melica, legale esperto di diritto informatico, «la tecnologia darebbe una grossa mano. Ma bisogna volerlo. Ad esempio, il processo civile telematico è stato introdotto in Austria in 18 mesi. In Italia, se ne parla dal 2001».

A Francesco Mirarchi, 35 anni, che ha in corso la start up del proprio studio a Milano, la riforma forense è apprezzabile «per il ritorno ai minimi, che hanno favorito solo i clienti "potenti" e certo non i giovani ma anche la semplificazione dei criteri di calcolo dell'onorario». Sulle specializzazioni ci vuole più coraggio: «come posso non scrivere, dopo 12 anni di diritto societario, che sono "specializzato" in questo? Lo dimostro con i documenti e gli atti redatti in questi anni. Sarebbe ridicolo l'obbligo di frequentare un corso "abilitante" di poche ore, magari con esamino finale». Quindi, la pubblicità: per Mirarchi «guai a contenerla o a diminuirne gli spazi innovativi. Bisogna prendere atto della realtà, vendiamo un prodotto legale, dobbiamo però limitare le derive».

Davide Vicari (studio Vicari a Bologna) chiede prerogative. «Si dovrebbe ripristinare l'obbligo, per le assicurazioni, di pagare il legale del danneggiato o consentire anche agli avvocati di poter autenticare le firme negli atti di compravendita sino a 100mila euro». Secondo Vicari, «la conciliazione tradisce il senso di giustizia. Se la controparte non vuole mediare, perché deve essere un obbligo o devo conciliare e accontentarmi se so di avere ragione?».

Di parere opposto è, invece, Veronica Pruinelli che, a 32 anni, ha deciso di aprire lo studio a Milano. «Credo nella conciliazione. È vero gli italiani sono litigiosi. Ma compito di un avvocato è soprattutto far ragionare il proprio cliente. E, laddove si può, sedersi a un tavolo e disinnescare i conflitti. La conciliazione, se fatta bene, consente di ricomporre la controversia facendo capire che si hanno diritti e doveri».

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: ven set 17, 2010 8:10 pm
da GiovaniAvvocati
SOLE 24 ORE
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Per l'iscrizione formalità minime - Va depositata una polizza



Un registro e un elenco. Con iscritti d'ufficio e altri da verificare. Ampio spazio all'autocertificazione e mediatori con laurea breve. Tariffe flessibili. Sono questi alcuni dei punti chiave del regolamento messo a punto dal ministero della Giustizia sulla conciliazione. Un passaggio indispensabile, e molto atteso, senza il quale il debutto della mediazione obbligatoria per un nutrito numero di cause, in calendario per la prossima primavera, non sarebbe possibile. Ma anche un passaggio accidentato perché un giudizio assai critico del Consiglio di Stato ha stroncato alcuni punti del provvedimento. Ora, le critiche dei giudici amministrativi dovrebbero trovare seguito in aggiustamenti del testo prima del parere definitivo che potrebbe essere espresso lunedì.

Il regolamento istituisce il registro dei mediatori, articolato in due parti (una per gli enti pubblici e una per quelli privati), a loro volta divise in varie sezioni per meglio identificare, soprattutto, i mediatori con competenze specifiche nella materia dei rapporti di consumo e internazionale. Per poter essere iscritti al registro servirà, tra l'altro, il possesso di un capitale non inferiore a 10mila euro – il riferimento è a quello necessario per la costituzione di una srl – una dimostrata capacità organizzativa, attestata dallo svolgimento dell'attività in almeno due regioni o province, il possesso di una polizza assicurativa di importo non inferiore a 500mila euro per la responsabilità derivante dallo svolgimento dell'attività di mediazione.

Quanto ai mediatori, dovranno essere almeno in cinque e, sul versante della qualificazione, essere in possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea triennale oppure, in alternativa, essere iscritti a un ordine o a un collegio professionale. I requisiti di onorabilità dei mediatori prevedono poi l'assenza di condanne definitive per delitti non colposi o a pene detentive non sospese, dell'interdizione anche temporanea da pubblici uffici, di misure di prevenzione o sicurezza, ma anche l'assenza di sanzioni disciplinari diverse dall'avvertimento.

Con l'eccezione della polizza di assicurazione che va sempre consegnata al momento della richiesta di iscrizione, tutto il resto della documentazione può essere attestato attraverso una semplice autocertificazione.

Gli organismi costituiti, anche in forma associata dalle camere di commercio e dai consigli degli ordini professionali, dopo verifica dell'esistenza dell'assicurazione e dei requisiti dei mediatori, sono iscritti con la sola presentazione della domanda. Inseriti di diritto anche gli enti che fanno parte del registro dei conciliatori in materia di controversie societarie.

I mediatori, che dovranno indicare la sezione del registro cui desiderano essere iscritti, non saranno legati da una sorta di esclusiva all'ente, ma potranno svolgere la loro attività per non più di cinque organismi di conciliazione. Gli enti iscritti al registro dovranno anche introdurre un regolamento di procedura che potrà prevedere anche l'obbligo di convocazione personale delle parti, le cause di incompatibilità dei mediatori, la limitazione della mediazione ad alcune materie. Escluso, invece, l'utilizzo solo del canale telematico.

L'indennità (per gli importi si veda la tabella a fianco) comprende le spese di avvio del procedimento, 40 euro fissi, e le spese di mediazione. È però lasciata ampia mano libera quanto a un possibile aumento di un quinto nel caso di controversie di particolare complessità.

Viene poi istituito l'elenco degli enti formatori, anche questo articolato in due parti e più sezioni. Per l'iscrizione l'ente dovrà assicurare percorsi di formazione non inferiori a 50 ore su materie specifiche indicate dal regolamento, un massimo di 30 partecipanti per corso e una prova conclusiva di almeno quattro ore.

Le riserve del Consiglio di Stato si sono concentrate su alcuni aspetti specifici come la riserva di fatto per i formatori e l'assenza di chiarezza sul rapporto fra enti e organismi. Ma le perplessità hanno investito anche la mancanza di un'analisi dell'impatto della conciliazione così da impedire «anche sul piano formale l'espressione del parere».



I CONTENUTI DEL DECRETO

Il registro dei mediatori. Viene istituito un registro dei mediatori articolato in due parti, per enti pubblici e privati, con più sezioni, sotto la vigilanza del ministero della Giustizia

L'iscrizione d'ufficio riguarda gli enti che sono già inseriti al registro della conciliazione nelle controversie societarie; controlli blandi per Camere di commercio e Ordini professionali

Per essere inseriti gli enti devono possedere un capitale minimo di 10mila euro e stipulare una polizza sulla responsabilità da 500mila

L'elenco dei formatori. Anche in questo caso due parti e più sezioni: potranno esservi inseriti enti in grado di organizzare corsi di almeno 40 ore con prova conclusiva di quattro, con docenti con adeguati titoli scientifici

IL CONSIGLIO DI STATO

Analisi assente. Per il Consiglio di Stato è del tutto assente un'analisi dell'impatto della nuova conciliazione obbligatoria in materie determinanti del contenzioso civile come il condominio o gli incidenti stradali: una carenza istruttoria che contribuisce a una valutazione interlocutoria dei giudici

Da approfondire la compatibilità tra pubblico dipendente e mediatore

Le perplessità nel merito. Manca chiarezza sul collegamento tra gli enti e gli organismi di conciliazione che da questi possono essere costituiti con l'indicazione delle diverse garanzie di solidità finanziaria

Sul versante dei formatori non convince l'assenza di strutture che facciano capo a persone fisiche; eccessiva la specializzazione dei formatori, tanto da creare una specie di riserva
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ITALIA OGGI
Conciliazione, è tutto da rifare






Il Consiglio di stato rimanda alla Giustizia lo schema di decreto su mediazione e formatori

Carenze di coordinamento tra nuove e vecchie normative

Regolamento sulla conciliazione da riscrivere. Il Consiglio di stato ha infatti bocciato in toto lo schema che disciplina la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori, messo a punto dal ministero della giustizia in attuazione del dlgs n. 28/2010. In pratica, la sezione consultiva per gli atti normativi (n. 3640/2010), nell'adunanza del 26 agosto scorso, ha rinviato l'espressione del parere richiesto da via Arenula «in attesa degli incombenti istruttori disposti», rilevando una lunga serie di problematicità e carenze contenute nello schema di regolamento. Vediamo quali. Anzitutto, il Consiglio di stato fa riferimento al contesto in cui si inseriscono la normativa legislativa e quella regolamentare di attuazione, che trovano il loro più diretto precedente nel dlgs n. 5/2003 (art. 38) e nei dm di attuazione n. 222 (per il registro) e n. 223 (per le indennità) del 23 luglio 2004. Ebbene, secondo palazzo Spada «pur essendo la nuova e la vecchia disciplina per la massima parte coincidenti, lo schema di regolamento trasmesso si discosta in più punti dai regolamenti precedenti. Su tutto ciò tace la relazione trasmessa dall'amministrazione», che non si fa carico dei rapporti fra le due discipline, delle esperienze maturate in precedenza e dei motivi che hanno indotto a introdurre «modifiche non marginali». In più, il ministero, secondo il Consiglio di stato, non fornisce indicazioni e chiarimenti per quel che riguarda la coerenza tra la normativa primaria e quella secondaria. A queste carenze si aggiunge la mancata effettuazione della verifica di impatto sia della regolazione precedente sia dell'analisi di impatto della nuova, «imposte entrambe dalla legge e dai conseguenti regolamenti di attuazione. Tali carenze istruttorie», afferma il Cds, «in alcun modo giustificate specie nel caso in esame, impediscono anche sul piano formale l'espressione del parere». Scendendo poi all'esame dello schema, palazzo Spada rileva numerose problematicità. Riguardo, anzitutto, la definizione di enti e organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione: «il regolamento», si legge nel parere, «nelle definizioni identifica gli enti come organismi al pari delle loro articolazioni senza ulteriori specificazioni. Contraddittoriamente, poi, nella disciplina delle iscrizioni, il termine organismo è riferito, a quanto sembra, a quest'ultima fattispecie. Nel prosieguo dello schema, infine, si parla solo di organismi costituiti da enti». Il regolamento precedente, invece, prevedeva l'iscrizione degli organismi e non degli enti e secondo il Consiglio di stato è necessario un coordinamento delle disposizioni in questione. Va specificato, poi, se si tratti di soggetti pre-esistenti o costituiti ad hoc, se gli organismi sono articolazioni interne di enti oppure se siano gli organismi stessi a essere entificati, definendo, nell'uno o nell'altro caso, il rapporto con l'ente stesso dal punto di vista strutturale e finanziario o i requisiti strutturali e finanziari minimi. Rilievi importanti, infine, anche per quanto riguarda i formatori della mediazione. Per il Cds, il ministero deve chiarire il perché siano state escluse strutture di formazione che facciano capo a persone fisiche o a figure soggettive di personalità giuridica. È opportuno approfondire, inoltre, la compatibilità della funzione di mediatore con quella di pubblico dipendente. E, infine, i requisiti professionali dei formatori, secondo palazzo Spada, «appaiono talmente specializzati da creare una sorta di riserva per un numero molto ristretto di soggetti. Cogliendo l'occasione degli approfondimenti richiesti», conclude il Consiglio di stato, «si proceda anche a una accurata rilettura del testo per adeguarlo alla nota circolare 2 maggio 2001 della presidenza del consiglio dei ministri (si pensi fra l'altro all'abuso del verbo servile «dovere»)». Gabriele Ventura

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: lun set 20, 2010 5:39 pm
da GiovaniAvvocati
IL SOLE 24 ORE
Sì al testimone non identificato
Le dichiarazioni riportate nelle annotazioni degli agenti sono utilizzabili
Lun. 20 - È utilizzabile il verbale di polizia che riporta dichiarazioni provenienti da una persona non identificata. Ciò che conta – perché sia valida l'annotazione di servizio – è che la mancata identificazione sia dovuta alla situazione «operativa di straordinaria urgenza» e non al rifiuto o alla reticenza del soggetto che ha reso le informazioni raccolte dagli agenti. Lo ha precisato la Cassazione, sezione I penale, con la sentenza n. 32963/10.
A sollevare il caso, la condanna emessa dal giudice per l'udienza preliminare nei confronti di un uomo, giudicato colpevole (con rito abbreviato) di concorso in danneggiamento aggravato, per aver esploso diversi colpi di pistola contro un'auto, e porto illegale di armi. Il racconto di una donna presente ai fatti lo aveva indicato quale coautore della sparatoria, riconoscendolo in uno dei due uomini allontanatisi, subito dopo il crimine, a bordo di uno scooter giallo. L'istruttoria, poi, aveva accertato sia l'effettiva disponibilità del mezzo da parte del reo che la presenza di tracce di sparo sulle sue mani. Di qui la pronuncia di condanna.
Contro la sentenza confermata in appello, l'imputato propone ricorso per Cassazione. A sostegno dell'impugnazione, il fatto che i giudici di merito, nell'affermarne la responsabilità penale, avevano preso a riferimento le dichiarazioni rese alle forze dell'ordine intervenute sul luogo del delitto. Ebbene, sottolinea il ricorrente, quelle informazioni – poi trasfuse in un'annotazione di servizio – non potevano essere utilizzate ai fini decisionali. In effetti, continua la difesa, non poteva avere alcun valore giuridico il verbale di polizia redatto sulla base di racconti provenienti da persona non identificata. Nell'affermarlo, l'avvocato richiama la norma (articolo 195, comma settimo, del codice di procedura penale) che vieta di utilizzare in sede di testimonianza indiretta «la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame». Inoltra, secondo il legale, si sarebbe dovuto concludere in caso di utilizzo di un verbale stilato su dichiarazioni ignote.
Non concorda la Cassazione, che rigetta il ricorso fissando la colpevolezza dell'uomo. Nelle motivazioni, i giudici di legittimità precisano che, nella vicenda concreta, non risulta affatto violato il contenuto del citato articolo 195. La disposizione, in effetti, vieta la testimonianza del funzionario di polizia «sul contenuto delle dichiarazioni» per le quali la legge prescrive la redazione di un apposito verbale. Ma, come sottolineato dalle Sezioni unite con pronuncia n. 36747 del 24 settembre 2003, il quarto comma della norma renderebbe legittima la testimonianza dell'agente nel caso in cui le dichiarazioni di contenuto narrativo siano state rese da terzi e percepite dal funzionario «al di fuori di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione delle medesime», e dunque in una situazione operativa eccezionale o di straordinaria urgenza. La legge, in sostanza, «sanziona i casi in cui sussiste un reale dubbio circa l'esistenza della fonte primaria e non intende limitare i casi in cui la testimonianza indiretta è consentita per impossibilità di esame del teste diretto derivante da irreperibilità o da impossibilità di identificazione non riferibile a rifiuto o reticenza» (principio già affermato in passato dalla terza sezione). Oltretutto, aggiunge il collegio, neppure risulterebbe trasgredito un altro precetto contenuto nel codice di procedura penale – articolo 194, commi 3 e 4 – trattandosi di disposizione che, limitando l'ambito di quanto il testimone può essere chiamato a riferire, precisa che lo stesso «non può deporre sulle voci correnti nel pubblico».
Nel caso specifico gli agenti non hanno verbalizzato quanto appreso da «voci genericamente correnti nel pubblico» ma «notizie ricevute da persona ben determinata», non identificata solo per via della situazione «operativa di straordinaria urgenza». Acquisizione consentita, dunque, proprio in ragione della «non controllabilità della fonte». D'altro canto, i giudici di merito – nell'affermare la responsabilità dell'imputato – avevano tenuto conto anche di altri indizi, tra cui i residui di polvere da sparo rinvenuti all'esito dell'esame stub.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: mar ott 19, 2010 7:36 pm
da GiovaniAvvocati
LA REPUBBLICA – Affari e Finanza

A giorni escono i decreti attuativi di una legge che rende obbligatoria la via extragiudiziale per una serie di controversie legali che oppongono cittadini a cittadini e ad enti
Conciliazione, la giustizia cambia passo
L’obiettivo è di alleggerire i tribunali civili gravati da un mole impressionante di cause che impiegano anni per la sentenza. Saranno 600.000 quelle che traslocheranno verso le camere arbitrali istituite da Camere di Commercio ed altri enti. Tra i vantaggi la rapidità e le spese ben minori

C’è un "processo breve" in Italia che non fa rumore ma che promette di cambiare volto alla giustizia. E che si propone di snellire la macchina sempre più ingolfata dei tribunali della Penisola. Con il Dl del 4 marzo 2010, di cui è atteso a giorni il decreto attuativo e la relativa pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, l’iter della conciliazione — la via extragiudiziale per dirimere le controversie — viene riorganizzato diventando obbligatorio. Il che significa che, a partire da marzo 2011, per risolvere liti condominiali, divisioni e successioni ereditarie, locazioni, comodati d’uso, contratti bancari e assicurativi, risarcimenti da danni medici o a mezzo stampa, ci si dovrà rivolgere in prima istanza a un mediatore professionista, iscritto in un organismo di prossima istituzione, che avrà quattro mesi di tempo per proporre una soluzione economica alle parti. Solo successivamente, in caso di intesa non raggiunta, si potrà percorrere le solite vie legali e adire a un giudice.
Il provvedimento ha il sapore di una rivoluzione in materia legale nelle controversie dei cittadini. Perché secondo le stime del Ministero della giustizia, arrotondate per difetto stando agli osservatori, saranno circa 600 mila le cause interessate dalla conciliazione obbligatoria. Si tratta di un trasloco di massa, epocale, qualcuno parla del 40% del totale delle cause pendenti, almeno un milione di procedimenti, dalle aule di tribunale a quella degli enti accreditati, come lo è il sistema camerale, già da dieci anni sede di conciliazione amministrata. Anche se, prevedibilmente, verranno a galla molte "nuove" controversie che prima rimanevano sotto il tappeto piuttosto che passare per il lungo cammino della giustizia. Il primo effetto, nelle intenzioni del legislatore, è appunto alleggerire i carichi dei tribunali, 4 anni è la durata media del processo civile in Italia, dirottandoli nelle forme di "Alternative dispute resolutions", ovvero la via extragiudiziale.
Un salto dimensionale notevole per gli enti che si faranno carico di fornire i servizi di questo tipo ai cittadini. Nel 2008, 69 camere arbitrali istituite presso le Camere di commercio, 17 enti presso il Corecom (per le Tlc), 58 centri esterni, hanno amministrato circa 100 mila tentativi di conciliazione. Di questi, 18.642 sono stati gestiti dal sistema camerale, dei quali 4.473 relativi a controversie nascenti da rapporti tra imprese e 14.169 da rapporti tra imprese e consumatori. Presso i Corecom, in materia di controversie con le aziende telefoniche, le domande sono arrivate a quota 38 mila, circa il 38% del totale. Rispetto alla tipologia di conciliazione, appare maggiormente diffusa, stando al terzo report Isdaci, quella paritetica (41.492 domande nel 2008 e una quota di circa il 40% sul totale), quella che coinvolge solo due parti, tra azienda e consumatore senza un terzo mediatore, spesso frutto di accordi tra associazioni di consumatori e imprese.
La conciliazione, tipica espressione dell’ordinamento giuridico anglosassone, è sbarcata in Italia dieci anni fa come una procedura di risoluzione alternativa delle controversie mediante il quale due o più parti cercano di raggiungere in maniera del tutto autonoma la soluzione che esse stesse ritengono la più appropriata e reciprocamente vantaggiosa per porre fine al conflitto che le riguarda. Nello svolgimento della procedura il mediatore, a differenza del giudice, non ha alcun potere di emettere soluzioni vincolanti per le parti, ma si limita a gestire i tempi e le fase della stessa, lasciando alle sole parti il controllo sul contenuto dell’accordo finale.
I vantaggi della conciliazione sono notevoli: perché le parti cercano di concordare una soluzione comune con l’aiuto di un mediatore, in un quadro di esenzioni fiscali e minori spese di giustizia. Al contrario quando le parti si irrigidiscono, lo strumento rischia di diventare una perdita di tempo. «La conciliazione, il più delle volte, funziona, ottiene ottimi risultati in termini di efficacia, anche se in Italia non è mai veramente decollata rispetto alle sue potenzialità — dice Tiziana Pompei vice segretario generale di Unioncamere — Lo spiega bene il numero di cause, circa il 70%, relative ai contenziosi tra consumatori e imprese delle Tcl, una procedura resa obbligatoria per il settore. Se il provvedimento normativo non verrà svuotato o depotenziato, potremmo dare un maggiore contributo all’efficienza del sistema paese».
Per quanto riguarda le materie, oggetto delle procedure di conciliazione amministrata, il primato spetta alle telecomunicazioni che riguardano quasi 3 conciliazioni su 4 (79%), seguite a grande distanza da commercio (4,1%), edilizia (1,7%), turismo (1,7%), servizi (1,3%), artigianato (1,05%), e altro (10,3%). Il valore medio delle conciliazioni è pari a 14.400 euro mentre la durata media è di 67 giorni, un dato che conferma i tempi contenuti della procedura conciliativa. Nel 2009 la durata media delle procedure di conciliazione in materia di telecomunicazioni è stata ancora più breve, circa 60 giorni ed il valore medio di 1.934 euro. Secondo un sondaggio dell’osservatorio di Unioncamere, il 90% degli intervistati ha affermato di scegliere la via della conciliazione prima di quella giudiziaria per la garanzia di minori tempi, l’80,7% per via dei minori costi, e il 44% per l’affidabilità. Il passaggio da 20 mila a 600 mila, o un milione di cause, come si pensa, rischia tuttavia di creare un nuovo ingorgo. «Ma ci stiamo attrezzando — continua Tiziana Pompei — affinché la transizione non sia traumatica».
L’anno scorso infatti 34 Camere di commercio hanno realizzato iniziative di formazione, che hanno "diplomato" 855 conciliatori, di questi 594 specializzati in materia societaria. «Con questa riforma — dice Paola Thiella, vicedirettore del comitato scientifico Isdaci, l’Istituto scientifico per l’arbitrato, la mediazione e il diritto commerciale — si sta tentando di mettere in atto una rivoluzione di tipo culturale affinché anche nel nostro paese si riesca a decontestualizzare il contenzioso. Un cambiamento che riguarda tutte le professioni e che andrà fatto dal basso, coinvolgendo gli ordini e tutti coloro interessati ad essere accreditati come enti per la mediazione. Le Camere di commercio sono già pronte, ora attendiamo anche i notai e gli avvocati». Christian Benna
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LA REPUBBLICA – Affari e Finanza


I protagonisti

Avvocati, commercialisti, consumatori: tutti in campo

La conciliazione diventa obbligatoria. E gli ordini forensi, dei commercialisti e le associazioni dei consumatori sono in piena attività per non arrivare impreparati all’appuntamento di marzo 2011. Da primavera scorsa chiedono al governo di fare in fretta con i decreti attuativi, per ricevere un quadro normativo chiaro su cui poter operare. Il rinvio del dl da parte del Consiglio di Stato ha invece frenato l’operatività e allungato i tempi. Nonostante le critiche al progetto di legge e le resistenze, ad oggi, una buona parte del centinaio di enti iscritti nell’elenco dei mediatori per le controversie societarie, e altrettanti sono gli enti formatori, vorrebbe occuparsi anche di controversie civili.
Le tariffe previste dal decreto sono contenute (da qui le proteste perché buoni professionisti devono essere pagati adeguatamente), ma i volumi di business, quelle centinaia di migliaia di cause civili in transito da tribunali a centri esterni, fanno gola a tanti. Il Consiglio nazionale forense e l’ordine dei commercialisti stanno lavorano sul binario formazionemediazione. Se le scuole forensi, un’ottantina in tutta Italia, si stanno attivando per aggiornare i profili dei mediatori, anche le associazioni dei consumatori si stanno attrezzando. Dice Roberto Barbieri, della segreteria nazionale del Movimento consumatori: «In linea generale abbiamo manifestato qualche dubbio su questa impostazione della conciliazione, perché rischia di appesantire la giustizia anziché alleggerirla. Nel senso che si aggiunge un passaggio in più e non è detto che sia un argine alla massa di cause che arrivano in tribunale».
Le associazioni di consumatori in questi anni hanno siglato centinaia di protocolli di intesa con le aziende al fine di offrire ai propri associati un canale di confronto, conciliativo appunto e gratuito, per dirimere le controversie. Alcune di queste intese rischiano di essere vanificate, come nel caso di quelle siglate con banche e assicurazioni, perché si sovrappongono all’obbligatorietà della "nuova" conciliazione. In attesa della pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale, Mc, come altre associazioni, punta a diventare un ente accreditato. «Secondo noi la conciliazione paritetica, che pratichiamo da anni, è una delle soluzioni più efficienti. Ma se il legislatore ha scelto un’altra strada, ci adatteremo e cercheremo di rispondere secondo le esigenze dei nostri associati».
(r. rap.)

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: mar ott 19, 2010 7:40 pm
da GiovaniAvvocati
IL SOLE 24 ORE
Mediazione da professionista
di Nicola Soldati - Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 che introduce nel nostro ordinamento la mediazione per le liti civili e commerciali apre le porte a nuove opportunità di lavoro per le professioni intellettuali.
A fronte della possibilità o dell'obbligo delle parti di fare ricorso alla mediazione come strumento di risoluzione delle controversie civili e commerciali aventi ad oggetto materie disponibili, assai rilevante diviene il ruolo del professionista, vuoi come consulente della parte, vuoi come mediatore.
Una funzione nel dna. Nell'ambito delle cosiddette professioni protette, gli avvocati rivestono un ruolo chiave, alla luce del quotidiano contatto con il contenzioso dei propri assistiti, nel suggerire e nel guidare il cliente verso questo nuovo strumento, avendo, quindi, l'opportunità di fare divenire la mediazione uno strumento di risoluzione delle controversie di primaria importanza e straordinaria efficacia nel nostro ordinamento. Tuttavia, proprio in assenza di una diffusa cultura della mediazione nel nostro Paese, il professionista riveste oggi un ruolo ancora più delicato e strategico rispetto al passato ed è chiamato, quindi, dal punto di visto deontologico e dell'aggiornamento professionale, a uno sforzo di non poco momento. In considerazione del fatto che la procedura di mediazione è sempre possibile in tutte le controversie civili e commerciali aventi a oggetto diritti disponibili, appare evidente come il dovere deontologico di aggiornamento professionale con riferimento alla mediazione sia un tema che tocca da vicino tutti i professionisti; e tale dovere diventerà ancora più stringente dal 20 marzo 2011 allorché la procedura di mediazione diventerà obbligatoria e pregiudiziale nelle materie indicate al primo comma dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010.Il professionista come consulente può indirizzare il proprio cliente verso la mediazione anche in fase precontenziosa, vale a dire al momento della stipula dei contratti, introducendo al loro interno clausole di mediazione: in questo ambito appare fondamentale la conoscenza della materia da parte del professionista che ha la possibilità di indirizzare la parte, in caso di lite, verso quegli organismi in grado di assicurare la massima professionalità e serietà nella gestione delle procedure di mediazione.
L'informativa al cliente. Al professionista avvocato il legislatore ha dedicato un ruolo ancora più delicato, imponendo il dovere di informare il cliente sull'esistenza di procedure alternative di risoluzione delle controversie (cosiddette procedure Adr), e, in particolare, dell'esistenza della procedura di mediazione e sui vantaggi anche di natura fiscale derivanti dall'utilizzo di tale procedura. Questo obbligo è stato reso poi ancora più pregnante dal decreto legislativo n. 28 del 2010, il quale, all'articolo 4, comma 3, impone all'avvocato, all'atto del conferimento dell'incarico, a pena di annullabilità del mandato, di informare per iscritto il proprio cliente della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal decreto in parola e delle relative agevolazioni fiscali. Tuttavia, la semplice informativa scritta in merito all'esistenza della procedura di mediazione, pur rispettosa del dato normativo, non appare di per sé sufficiente ad assolvere all'obbligo di informativa dal punto di vista deontologico, poiché il cliente non sarà da solo in grado di comprendere le caratteristiche e le peculiarità dello strumento in assenza di una più approfondita spiegazione da parte dell'avvocato, il quale, ovviamente sarà in grado di fornirla solamente laddove abbia lui stesso in prima persona studiato il nuovo istituto della mediazione civile e commerciale.
La strada alternativa. Altresì, la seconda opportunità fornita dal legislatore al professionista consiste nella possibilità di divenire mediatore, seguendo il percorso formativo stabilito dal ministero della Giustizia. Tale via apre al professionista l'opportunità di una nuova attività, graduando il proprio impegno in relazione alla propria disponibilità di tempo, e, in una prima fase, in relazione alla richiesta del mercato, per poi arrivare a dedicarvi in toto la propria attività, come accade in altri Paesi, quando la mediazione sarà largamente praticata. Soltanto chi sarà in grado di rimanere al passo delle riforme potrà essere pronto alla sfida che il legislatore ha posto ai professionisti nell'ambito di una più ampia e complessiva riforma della giustizia nel nostro Paese, una sfida tanto impegnativa quanto emozionante dal punto di vista culturale.

IL SOLE 24 ORE

Il fisco promette «clemenza» a chi concilia

Chi intende esperire il procedimento di mediazione ha diritto ad agevolazioni fiscali, al fine di incentivare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie.
Bollo e registro. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi alla mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Dunque, sia la domanda di mediazione sia le eventuali memorie depositate dalle parti, nonché i documenti prodotti e i provvedimenti emanati dal mediatore sono in esenzione. Il verbale dell'accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di 50mila euro di valore, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente.
Credito d'imposta. Alle parti che corrispondono l'indennità ai mediatori è riconosciuto un credito di imposta commisurato all'indennità stessa, pari a 500 euro qualora si perfezioni la mediazione o 250 in caso di insuccesso. Il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile dalla data di ricevimento della comunicazione da parte del ministero della Giustizia dell'importo del credito d'imposta.
La fruibilità del credito opera col sistema della compensazione (articolo 17 del Dlgs 241/97), mediante compilazione del modello F24 . Il credito di imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini Irap.
Costi e indennità. È previsto un costo di avvio del procedimento che ciascuna parte deve corrispondere al momento della presentazione della domanda di 30 euro, spesa non dovuta nel caso di domanda congiunta. Quanto al compenso del mediatore, è prevista un'indennità a carico di entrambe le parti, ora determinata sugli scaglioni di valore della controversia (tabella A allegata al Dm 223/04), fino all'emanazione dei decreti che dovranno stabilire l'ammontare delle indennità, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti, nonché le maggiorazioni massime in caso di insuccesso e le riduzioni minime nelle ipotesi in cui la mediazione sia condizione di procedibilità. Almeno il 50% di tale somma deve essere versata prima dell'inizio del procedimento, sia dalla parte istante al momento del deposito della domanda di mediazione sia dall'altra parte al momento del deposito della propria adesione.
Disciplina delle spese. Al regime fiscale agevolato si contrappone una sorta di responsabilità a carico di chi rifiuta ingiustificatamente di partecipare al procedimento stesso o di giungere alla conciliazione. Da un lato è stabilito che il giudice possa desumere argomenti di prova ai sensi dell'articolo 116 del Cpc, e dall'altro condanna la parte che abbia ingiustificatamente rifiutato la proposta conciliativa al pagamento di spese e sanzioni processuali.
In particolare, si stabilisce che in caso di coincidenza tra proposta e provvedimento, la parte vittoriosa non possa ripetere le spese sostenute, sia condannata al rimborso di quelle sostenute dalla controparte e sia anche soggetta al pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria processuale in misura corrispondente all'entità del contributo unificato dovuto per quella tipologia di causa. Inoltre, il giudice, anche quando non vi sia piena coincidenza tra contenuto della proposta e del provvedimento che definisce il giudizio, ma concorrano gravi ed eccezionali ragioni, può escludere in favore della parte vincitrice la ripetizione, parziale o integrale, delle spese inerenti il procedimento di mediazione.

IL SOLE 24 ORE
I contenuti

CONCILIAZIONE. Il Dlgs 28/2010 segna due momenti distinti: quello della fase dinamica e procedurale, la «mediazione», e quello dell'eventuale soluzione del problema, la «conciliazione»

CONCORDATA (mediazione). La mediazione è concordata (o contrattuale) quando è legata alla presenza di una clausola che la prevede

CREDITO D'IMPOSTA. Alle parti che corrispondono al mediatore l'indennità è riconosciuto
un credito d'imposta non superiore a 500 euro in caso di successo, ridotto alla metà nel caso di insuccesso

DELEGATA (mediazione). La mediazione è delegata (o sollecitata) quando il giudice adito, in qualunque momento della trattazione del merito, anche nel giudizio di appello, invita le parti a tentare una mediazione

DOMANDA. La domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo accreditato. Può essere redatta in carta libera o con moduli o formulari predisposti dall'organismo e non è soggetta a oneri fiscali

FACOLTATIVA (mediazione). La mediazione è facoltativa (o volontaria) quando le parti decidono autonomamente e di comune accordo di tentare la conciliazione

INCENTIVI FISCALI. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50mila.000 euro, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente

INFORMATIVA. L'avvocato deve informare per iscritto l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione, delle connesse agevolazioni fiscali e dei casi nei quali il tentativo di conciliazione costituisce una condizione di procedibilità

MEDIAZIONE. L'attività svolta da un terzo, finalizzata ad assistere le parti in lite nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia o nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Nella mediazione le parti sono protagoniste del procedimento: decidono se avviarla, parteciparvi e accettare l'eventuale accordo, senza affidare ad altri (giudice o arbitro) il compito di decidere la loro controversia

Il modello disegnato dal Dlgs 28/2010 rappresenta un ibrido tra la mediazione facilitativa e quella valutativa. Nella prima lo scopo del mediatore è quello di agevolare la negoziazione tra le parti, astenendosi dall'esprimere giudizi e valutazioni. Nella seconda, invece, il mediatore aiuta le parti nel raggiungimento di un accordo fornendo loro un suo parere sulla controversia e formulando una soluzione non vincolante . Il Dlgs 28/23010 menzionato prevede che il mediatore svolga inizialmente un ruolo facilitativo e che , solo in caso di insuccesso ed a determinate condizioni, possa poi passare a un ruolo valutativo

OBBLIGATORIA (mediazione). La mediazione è obbligatoria quando il tentativo di mediazione costituisce un passaggio necessario prima dell'eventuale giudizio ordinario

RICICLAGGIO. All'attività di mediazione è esteso l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo previsto dal Dlgs 231/2007

IL SOLE 24 ORE
I compiti. Ci vuole un cambio di cultura
Più che un giudice un assistente delle parti
La mediazione rientra a pieno diritto tra gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Si caratterizza per la presenza di un terzo neutrale, il mediatore, il quale, non avendo alcun potere sulle parti, le assiste affinché possano trovare il punto di armonia nel conflitto, facilitando la comunicazione, identificando i punti della controversia, facendo affiorare interessi e necessità e orientandole verso la ricerca di accordi soddisfacenti per entrambe. La scelta da parte del legislatore di puntare sulla mediazione trova la sua origine nella necessità di un sistema compositivo rapido, efficace ed economico e che permetta la continuazione del rapporto tra le parti, anche dopo la risoluzione del conflitto, circostanza questa di vitale importanza nell'ambito di ogni rapporto contrattuale.

La mediazione è uno strumento nuovo per il nostro ordinamento e si colloca in un'ottica di continuità rispetto alla disciplina della conciliazione, ma con caratteristiche differenti. Le ragioni che hanno spinto il legislatore a un ricorso senza precedenti alla mediazione sono note, in quanto strettamente legate ai problemi della giustizia civile, pur tuttavia, ciò non deve essere letto in un'ottica negativa in
quanto la mediazione ha fornito ottimi risultati in altri Paesi che da anni già la utilizzano. Di conseguenza, la diffidenza appare fuori luogo, in quanto la mediazione, al pari di altri strumenti giuridici, non è migliore del peggiore dei suoi utilizzatori, per cui solo la pratica quotidiana sarà in grado di attestarne i vantaggi.
L'obbligatorietà del tentativo di conciliazione disposto per alcune materie come pregiudiziale alla giustizia ordinaria o arbitrale, non deve essere letta in un'accezione negativa e non può essere liquidata attraverso semplicistiche critiche di incostituzionalità poiché sia la Corte Ue che la Corte costituzionale hanno già affermato la piena costituzionalità di un tentativo obbligatorio di conciliazione, tentativo che, peraltro nel nostro Paese ha radici antiche nelle controversie di lavoro e agrarie e più recenti nell'ambito delle controversie in materia di telecomunicazioni.
Il fatto che la mediazione abbia fornito risultati positivi in tutti i Paesi che l'hanno introdotta non può che costituire una certezza e una garanzia della sua potenziale efficacia anche in Italia. Ma perché ciò possa realizzarsi sarà necessaria una rigida selezione degli organismi deputati alla gestione dei tentativi di mediazione, selezione da effettuarsi a opera del ministero della Giustizia in base ai criteri di serietà e professionalità previsti, nonché dei mediatori ai quali è affidato un ruolo assai più delicato e complesso rispetto a quello di un giudice o di un arbitro, in quanto non sono chiamati ad accertare il torto o la ragione delle parti, dichiarando vincitori e vinti, bensì a condurre le parti verso una soluzione negoziata della lite che potrà risultare tanto più soddisfacente quanto più le parti saranno dotate di una cultura della mediazione e i relativi procuratori di una specifica preparazione nella materia.
Altrettanto seria dovrà infine essere la selezione dei formatori, che hanno una responsabilità senza precedenti nella creazione della nuova figura professionale del mediatore nelle cui mani il legislatore ha affidato uno strumento fondamentale per il futuro della giustizia civile italiana.
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Formazione. L’integrazione riservata ai “vecchi” conciliatori
Dieci ore di corso non sono sufficienti
Per essere mediatore civile è necessario non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, non essere incorso nell'interdizione ai pubblici uffici e (in alternativa) essere iscritti ad albi professionali in materie economiche e giuridiche con anzianità d'iscrizione di almeno 15 anni oppure essere magistrati in quiescenza o ancora aver partecipato a corsi di formazione tenuti da enti pubblici o privati accreditati della durata di 40 ore e con una valutazione finale.
Questi criteri sono destinati a mutare alla pubblicazione (attesa da un momento all'altro) del nuovo regolamento che introduce importanti novità. In primo luogo la possibilità di iscrizione negli elenchi degli organismi verrà estesa a tutti coloro che sono in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in alternativa, iscritti a un ordine o a un collegio professionale. Cade così una importante barriera per molte professionalità fino a oggi non coinvolte in questo tipo di istituto giuridico (geometri, medici, architetti ingegneri, agronomi, biologi eccetera). Poi sarà sempre necessario effettuare un percorso formativo di durata non inferiore a 50 ore composto da corsi teorici e pratici, con un massimo di trenta partecipanti per corso, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti e in una prova finale di valutazione della durata minima di quattro ore, articolata distintamente per la parte teorica e pratica.
È anche previsto un obbligo di aggiornamento formativo perlomeno di 18 ore. Questi corsi possono essere effettuati, come per il passato, solo da enti formatori autorizzati dal ministero della Giustizia con docenti legittimati a svolgere le lezioni. Qualche perplessità suscita la gestione degli elenchi di mediatori da parte degli organismi in relazione all'adeguamento ai nuovi parametri. Il testo della norma in fase di pubblicazione dà sei mesi ai mediatori per adeguare la propria posizione ai requisiti indicati dal nuovo regolamento. È opinione diffusa che, per chi ha già effettuato un corso di 40 ore così come previsto dagli attuali regolamenti, secondo la nuova normativa sia sufficiente una integrazione attraverso un corso di 10 ore.
Non risulta, però, che questo nel testo sia specificato in modo chiaro così come non sembra sia indicata con evidenza la posizione di coloro che hanno effettuato il corso e superato la prova di valutazione, ma non sono ancora iscritti presso un organismo. Non pare, del resto, ci siano anche riferimenti espliciti sull'efficacia della valutazione già effettuata o se sarà, invece, necessario effettuare una ulteriore prova. È fondato ritenere, tuttavia, che gli uffici competenti daranno una lettura della norma non penalizzante per coloro che hanno già seguito percorsi di formazione, confermando la validità dei corsi integrativi organizzati dagli enti accreditati. È anche auspicabile un riconoscimento della preparazione effettuata dai molti mediatori con competenze professionali differenti da quelle economiche e giuridiche che svolgevano tale attività negli organismi di mediazione, ma non ai sensi della normativa societaria (a loro non consentita). È certo che per gli enti formatori, gli organismi accreditati e gli stessi mediatori, il nuovo regolamento costituirà un momento di revisione e riorganizzazione dell'attività in funzione dell'ingente mole di controversie per le quali, secondo le stime, dovranno essere avviati tentativi di mediazione dall'entrata a regime della norma nel marzo 2011.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: mar ott 26, 2010 6:51 pm
da GiovaniAvvocati
CORRIERE DELLA SERA
A marzo verrà introdotto l’obbligo di tentare una soluzione alternativa alla causa civile. Una via per snellire la giustizia. Dal condominio alle eredità, dagli affitti alla Rc auto tutta una serie di liti saranno dirottate. La protesta degli avvocati



Successioni, liti condominiali, problemi con contratti assicurativi, bancari e finanziari: scatta la giustizia alternativa. Per queste e altre controversie, prima di andare dal giudice, da marzo dell' anno prossimo sarà obbligatorio tentare una conciliazione.

Decreto vicino

Proprio in questi giorni è in preparazione al ministero della Giustizia il decreto ministeriale che darà attuazione alla nuova normativa sulla mediazione. In via di definizione ci sono le nuove tariffe, ma è certo che tra cinque mesi si cambia. Lo ha deciso il decreto legislativo numero 28 del 4
marzo 2010, che istituisce una procedura di cosiddetta «mediazione diretta alla conciliazione non giudiziale» per quasi tutte le controversie di diritto civile e commerciale. Se oggi mediare è facoltativo, dal 20 marzo 2011 dovrà essere per forza tentata la strada della conciliazione prima
di promuovere un' azione legale. Deflazionare il carico di lavoro dei giudici e dare ai cittadini la possibilità di risolvere i conflitti in modo più veloce ed economico. Questi gli scopi della normativa.

Vera rivoluzione

Parlare di rivoluzione non è esagerato. Il campo dove sarà imposta l'obbligatorietà della cosiddetta
«Adr» (alternative dispute resolution , la risoluzione alternativa dei conflitti) è molto vasto e riguarda materie che interessano tutti i consumatori e gli utenti quali condominio, diritti di proprietà, divisione,successioni, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli, e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione mezzo stampa o pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Restano escluse dall' obbligo alcune procedure giudiziarie d'urgenza o speciali: sfratti per morosità o finita locazione, decreti ingiuntivi per il recupero di somme, procedimenti cautelari e d'urgenza. Soltanto nel caso in cui la mediazione non dovesse portare a una conciliazione, sarà possibile fare causa.

Tutti in Camera

Destinati a gestire la maggior parte delle mediazioni sono le Camere di commercio, che attualmente rappresentano circa la metà dei 130 mediatori iscritti all'albo del ministero della Giustizia. «La prossima applicazione dell' obbligatorietà - spiega Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere- è destinata a far impennare la richiesta delle mediazioni da parte di cittadini e imprese di composizione extragiudiziale delle controversie. Occorre, quindi, assicurare la massima diffusione sul territorio nazionale di questi strumenti, garantendo al tempo stesso la qualità e l'omogeneità delle procedure ,e la formazione dei conciliatori».

Seicentomila in meno

La scorsa settimana per Unioncamere è stata la Settimana. della conciliazione che ha coinvolto un' ottantina di Camere di commercio, con eventi, convegni, e seminari per far conoscere
la nuova normativa. «Il sistema in fibrillazione - dice Tiziana Pompei, vicesegretario generale Unioncamere -. Attualmente gestiamo circa 20 mila conciliazioni l'anno. Da marzo potremmo arrivare come minimo a decuplicare il numero». Il ministero della giustizia stima che saranno 600 mila le cause che ogni anno saranno prima dirottate sulla giustizia alternativa della conciliazione obbligatoria, mentre secondo Unioncamere saranno tra le 800 mila e il milione.

Chi è in campo

Oltre alla Camere di commercio, potranno di diritto essere iscritti all' albo dei mediatori gli
ordini professionali. E potrà fare il mediatore anche chi ha una laurea triennale o appartiene a un ordine o collegio professionale (compresi quelli che non richiedono il conseguimento di un diploma
di laurea). Ed è sulla figura del mediatore che il Consiglio nazionale forense ha
espresso seri dubbi. «Entrambi i requisiti non appaiono idonei a soddisfare gli standard di professionalità auspicabili - commenta Fabio Florio, coordinatore della commissione Mediazione del Cnf -. Ma non ci convince nemmeno l'obbligatorietà della mediazione, che è contraria al principio volontaristico delle procedure alternative. Obbligare una persona a mediare sui propri diritti, se questa non vuole, difficilmente potrà avere un esito positivo».

La normativa non prevede l'assistenza legale. E anche su questo punto gli avvocati storcono il naso. «La richiesta di prevedere la difesa tecnica non è un'istanza corporativa. Crediamo che le persone debbano avere la consapevolezza delle conseguenze che la mediazione ha sui loro diritti prima che si decida se mediare oppure no»;

Margini stretti

Dopo il secondo parere favorevole del Consiglio di Stato non rimangono molti margini di cambiamento. Il Cnf propone, quindi di far slittare la data dell'obbligatorietà e di introdurla
gradualmente per le diver- se materie. «Gli italiani - precisa Florio - sono un popolo poco abituato alla mediazione e cinque mesi di tempo per renderla obbligatoria per così tante materie ci sembrano davvero troppo pochi, anche considerando la mole che arriverà da gestire a fronte di una struttura che ancora quasi non esiste».

Ma, per il ministero della Giustizia, non ci saranno modifiche. «Non ci sono ragioni tecniche a sostegno di uno slittamento - dice Augusta Iannini, capo dell'ufficio legislativo del ministero -. Sarebbe una scelta politica. E non ci sarà nemmeno un'introduzione graduale». Fra poco si
parte. Cinzia Fontana