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Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: gio mar 31, 2011 4:08 pm
da GiovaniAvvocati
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Media conciliazione le ragioni della protesta
di Domenico Monterisi
Mi complimento con La Gazzetta per lo spazio che sta dando alla protesta degli avvocati contro la normativa sulla-mediaconciliazione e la rottamazione della giustizia civile. L‘avv. Francesco Paolillo, sulla Gazzetta di ieri ha fatto un elogio della mediazione. L‘intervento dell‘amico Francesco sottace alcuni aspetti negativi, che sono alla base della protesta degli avvocati. L‘avvocatura non è mai stata contraria agli strumenti di soluzione alternativa delle controversie (Adr) ed alla conciliazione, ma alla obbligatorietà ed alla sua attuale disciplina.
E‘ sotto gli occhi di tutti l‘agonia del processo civile: sarebbe folle se gli avvocati se non esultassero di fronte ai tentativi di ridurre i tempi della giustizia. Eppure, il ministro della Giustizia sta contrabbandando la mediazione come la soluzione di ogni problema, dipingendo il ruolo degli avvocati come inutile e costoso e la loro una battaglia di casta, motivata solo da ragioni di interesse. L‘Italia è l‘unico Paese europeo in cui è stata prevista l‘obbligatorietà della media-conciliazione, negli altri Paesi europei le procedure di Alternativa delle controversie sono sempre facoltative e non impediscono l‘accesso diretto al processo. Il Governo sta attuando un progetto di privatizzazione della giustizia. S‘intende lasciare spazio ai privati, con costi elevatissimi per i cittadini, perché ci si è resi conto che lo Stato non è grado di assicurare un adeguato servizio-giustizia.
Il collega Paolillo ha omesso di evidenziare, oltre alla facoltatività della mediazione negli altri Paesi, quali sono i costi (salati) della mediazione. Ecco un esempio, tutt‘altro che ipotetico: causa di divisione ereditaria fra i 4 eredi, in cui il patrimonio da dividere superi i 500mila euro ( chi vive a Barletta sa che per raggiungere questo valore è sufficiente poco più di un appartamento). La tariffa ministeriale prevede che il costo della mediazione, già ridotto di un terzo, sia di 2mila 533euro per ogni parte. In caso di formulazione di una proposta dal mediatore, l‘importo va aumentato di un quinto (3mila 40euro) e poi va aumentato di un ulteriore quinto, in caso di successo della mediazione ( 3mila 546 euro). A tutto ciò si aggiungano le spese di difesa, per tutti coloro che non intendono come si auspica affrontare un procedimento così rilevante, senza essere difesi da un avvocato. Il che significa che la procedura che arrivasse ad esito positivo avrebbe un costo minimo di 3mila 580 euro per chì ha attivato la procedura, è di 3mila 540 euro per ognuna delle altre parti.
Fatto ancora più grave: se la procedura non avesse esito positivo, ma il mediatore avesse soltanto fatto la proposta, il costo sarebbe pari a 3mila 40 euro per ognuna delle parti. Se, invece, la proposta non venisse formulata, la stessa avrebbe un costo di oltre 2mila 500 euro per ognuna delle parti ( con l‘aggiunta della solidarietà nel pagamento, per cui , se il chiamato fosse impossidente, il chiamante si accollerebbe l‘intero costo). E quindi per i 4 eredi dell‘esempio, il costo complessivo di 4 mesi di media- conciliazione potrebbe arrivare a circa 14 mila euro, ovvero a minimo 10 mila euro. Il che lascia comprendere la ragione per cui la gran parte degli organismi di mediazione sia costituito da società di capitali, che hanno fiutato il grande business che il ministero intende regalare, a costo zero per lo Stato e a costi elevatissimi per i cittadini.
A guadagnarsi saranno gli organismi di mediazione e non i singoli mediatori, i cui compensi saranno corrisposti dal relativo organismo. Ma che percentuale di esiti positivi si può prevedere?
Restando all‘esempio della causa di divisione, chiunque sa come possa essere complessa una causa del genere. Siamo certi che i mediatori abbiano le adeguate competenze, siamo certi che i mediatoriabbiano le adeguate competenze, siamo certi che 4 fratelli in guerra siano in grado di conciliare? Siamo alla rottamazione della giustizia civile, perché il fine di questa normativa non è quello di velocizzare i giudizi, ma quello di disincentivare la promozione. Perché se uno degli eredi dell‘esempio sapesse, che per procedere alla divisione deve anticipare la metà del costo minimo (circa 1300 euro), prima ancora di iniziare la mediazione vera e propria e che una volta che la stessa sia avviata egli rischierà di dover anticipare, per effetto della solidarietà, fino a 14mila euro, ebbene quell‘erede ci penserà più di una volta prima di intentare la causa.
Diverso sarebbe l‘atteggiamento degli avvocati italiani, se si avessero maggiori certezze sulla qualità dei mediatori, visto che l‘attuale normativa consente di diventare mediatori a tutti gli iscritti (anche non laureati) in albi professionali, ovvero a coloro in possesso di una laurea breve, che abbiamo sostenuto un corso di formazione di 50 ore. Requisito quest‘ultimo richiesto persino agli avvocati cassazionisti.
Sicchè, siamo al paradosso che un avvocato con venti anni di professione, professore di diritto, oppure un ex magistrato , categorie aventi i requisiti per l‘elezione a componente della Corte costituzionale, per diventare mediatori dovrebbero invece svolgere un corso (peraltro costosissimo) di 50 ore (sic) accanto al geometra ed all‘infermiere professionale senza nessuna intenzione di offendere questa validissime nel loro campo figure professionali). Del resto, se ricoverato in ospedale sapessi che a dovermi misurare la temperatura dovesse essere un avvocato, inizierei a preoccuparmi. Se poi quello stesso avvocato avesse l‘improntitudine di volermi operare, vantandosi di aver sostenuto un corso di 50 ore in chirurgia, allora chiamerei il 113.
PS: segnalo che il Forum-Camera di Mediazione Conciliazione di Barletta, non risulta nell‘elenco delle sedi accreditate dal Ministero a tutto il 29 marzo 2011.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: ven apr 01, 2011 11:19 am
da GiovaniAvvocati
Avvocati nei guai per non aver ottemperato all'obbligatorietà dell'esperimento del tentativo di conciliazione per le materie entrate in vigore il 20 marzo 2011. Il presidente del tribunale di Prato, Dott. Francesco Antonio Genovese, ha alleggerito la posizione dell'avvocato che ha presentato direttamente un domanda giudiziale per una materia obbligatoriamente conciliabile, risultato: le parti sono state invitate a trovarsi un organismo per il tentativo obbligatorio di conciliazione.

Irrilevante è stata da parte dell'avvocato l'esibizione della "famosa informativa" fattasi firmare del cliente, valida solo per le materie e per la tutela di diritti disponibili non rientrante fra quelle previste dall'art. 5 del D.Leg. 28/2010. Anche per queste "informative" quando verranno al "nodo" ed al vaglio del giudice nasceranno guai seri, staremo a vedere come l'avvocato giustificherà al proprio cliente il mancato componimento conciliativo che poteva essere fatto a costo zero.

C'è da dire che il presidente del Tribunale, nei confronti di questo avvocato poco propenso alla mediazione, è stato molto benevole. Secondo il parere del presidente dell'A.N.P.A.R. (Associazione Nazionale per l'Arbitrato & la conciliazione), l'avvocato, forse, ha commesso il reato di patrocinio infedele delitto sanzionabile ai sensi dell'articolo 380 n. 1 c.p. in quanto ha tenuto una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali, stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest'ultimo, inteso non necessariamente in senso civilistico di danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale, che alla stessa parte sarebbero potuti derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale.

Nella specie, continua Pecoraro, l'avvocato si è reso responsabile di una condotta sicuramente irrispettosa dei doveri professionali, consistita nella consapevole omissione di non esperire il tentativo di conciliazione obbligatorio per la materia trattata, così determinando nocumento alla parte assistita, correttamente individuato nella perdita da parte del patrocinato di ogni possibilità di far valere le proprie ragioni in conciliazione.

In questa fase, continua Pecoraro, una cosa è certa, che il cliente può già chiedere all'avvocato il risarcimento danni causato, c.d., per la mancata conciliazione, per la perdita di tempo e per li rimborso delle spese di giustizia anticipate oltre la revoca del mandato a suo tempo firmato.

www.anpar.it

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: ven apr 01, 2011 11:26 am
da GiovaniAvvocati
Mediazione civile: i vertici dell’O.U.A. temono i giovani avvocati e i praticanti
30. marzo 2011, 0:30 UhrAttualità, giustizia, mediazione civile0 commenti
Sembrerebbe questa la vera paura che attanaglia il Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura. Ospite della trasmissione “UnoMattina” di Rai1, l’avvocato ha lamentato il fatto che a svolgere la mediazione civile non saranno “i grandi avvocati o gli avvocati preparati, ma i praticanti o i giovani che non trovano lavoro”, sottolineando subito dopo, preoccupato, che “ce ne saranno tantissimi”. Queste parole, oltre a dire che tutti gli avvocati che faranno i mediatori civili sono professionisti tutt’altro che grandi e tutt’altro che preparati, hanno fatto sorgere dei seri dubbi su quelle che sono le sue reali intenzioni. Il Presidente dell’Oua ha a cuore, come ha sempre sostenuto, le sorti della giustizia civile italiana e il bene dei cittadini o, piuttosto, teme che gli avvocati “in erba” riescano sul serio a risolvere le controversie private?

La differenza non è da poco: in quest’ultimo caso, infatti, agli avvocati più maturi verrebbero sottratte tutte quelle cause sulle quali essi hanno – dati alla mano – il monopolio assoluto. Quali siano le sue vere intenzioni non è dato saperlo con certezza, anche se i punti di riferimento non mancano. Vero è, per esempio, che l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, ostile da sempre alla riforma, da un lato sostiene che la mediazione civile rappresenterebbe per il cittadino un costo aggiuntivo, dall’altro pretende che sia obbligatorio, per lo stesso cittadino, affrontare un altro e ulteriore costo per farsi accompagnare da un avvocato davanti al mediatore civile.

Sempre vero è, inoltre, che i rappresentanti degli avvocati pretendono di parlare a nome di tutti i colleghi, ma la maggior parte dei giovani avvocati si dichiara invece molto interessata alla
mediazione civile (e come non potrebbe farlo, visto il sovraffollamento della categoria e i pochi spazi liberi lasciati dagli avvocati più maturi).

Infine, è altrettanto vero che le agitazioni e gli scioperi degli avvocati di questi ultimi mesi quasi mai sono stati voluti dai numerosissimi giovani avvocati italiani, ma sono sempre stati imposti
dai vertici della categoria professionale e dai “baroni” del foro.

In conclusione, è dunque molto difficile pensare che i vertici dell’Oua e gli avvocati più maturi abbiano a cuore le sorti della giustizia italiana. Dopo aver gridato allo scandalo sostenendo che la mediazione civile rappresenterebbe una “privatizzazione della giustizia”, ora si scopre invece che ciò che più temono è perdere qualcosa che già consideravano di loro esclusiva proprietà. Forse è arrivato il momento che i praticanti e i giovani avvocati italiani inizino a pensare con la loro testa.

ANPAR (Associazione Nazionale per l’Arbitrato & la Conciliazione)
mailto:ufficiostampa@anpar.it>
http://www.anpar.it

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: ven apr 01, 2011 5:29 pm
da GiovaniAvvocati
IL SALVAGENTE
DENTRO TUTTI, SENZA CONTROLLI
Lo strano business dei corsi
C'è chi offre, a Catania, un corso di formazione per ex buttafuori , chi, a Caserta, un corso di abilitazione per diventare maestro di sci alpino e chi, a Napoli, realizza produzioni cinematografiche e televisive. In comune queste società, insieme ad altri 161 enti abilitati dal ministero di Giustizia, svolgono corsi di formazione per diventare mediatori. Per diventare mediatore occorre una laurea triennale in Giurisprudenza, bisogna frequentare un corso, pagare e sperare di trovare un ente di mediazione (179 organismi, pubblici e privati, iscritti al registro del ministero di Giustizia) disposto ad arruolarci. Ma non sempre le cose vanno come dovrebbero andare. È successo a Cristina , giovane avvocato, che ha frequentato nel basso Lazio un corso di formazione presso un ente abilitato: "Ho pagato 1.000 euro, ho svolto il mio percorso formativo, poi l'ente di formazione ci ha comunicato che nell'organismo di conciliazione collegato non c'era posto. Ora mi ritrovo con un'abilitazione ma senza poterla esercitare". I corsi, durano dalle 50 alle 60 ore, per un costo medio che si aggira dagli 800 ai 1.500 euro, nelle strutture meno blasonate. Le tariffe che i "due litiganti" devono versare al mediatore sono differenti a seconda che si tratti di un organismo pubblico (camere di conciliazione attive presso le Camere di commercio e ordini professionali) oppure privato (società, più o meno storiche, che si occupano di Adr, ovvero di risoluzione alternativa delle controversie). Le strutture pubbliche si attengono alle tariffe fissate dal decreto legislativo 28/2010 che variano da 65 a 9.200 euro a seconda del valore della lite.
Da una nostra ricognizione, le società di mediazione private invece al momento sono più economiche: molto spesso partono da un'indennità minima di 40-50 euro fino a un massimo di 8.000 euro.
"Così si privatizza la giustizia civile", tuonano dall'Oua, dove non mancano di rimarcare i rischi di finire in mano a un mediatore, più o meno formato e competente. Un business nel quale si sono buttati in tanti: dalle università pubbliche a quelle private, come Cepu e Unicusano , dagli ordini professionali a società private che nel proprio carnet arrivano a offrire un po' di tutto. L'Organismo unitario dell'avvocatura italiana, l'Oua, per prima ha avanzato seri dubbi sulla preparazione tecnica-giuridica dei mediatori. "
Posso assicurare che saremo estremamente severi nella robusta attività ispettiva che li riguarderà", ha rassicurato il ministro Alfano.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: ven apr 01, 2011 5:34 pm
da GiovaniAvvocati
ITALIA OGGI
Unioncamere ha tirato un primo bilancio sulla partenza della conciliazione obbligatoria
Un avvio cauto per la mediazione
Le domande sono state 267. Duemila contatti per le info
La conciliazione obbligatoria entra nel vivo. A dieci giorni dalla partenza, le 67 camere di commercio iscritte al registro degli organismi del ministero della giustizia hanno ricevuto 267 domande di mediazione e più di due mila contatti per informazioni. Sono i dati raccolti da Unioncamere, che ha fornito una prima ricognizione sulla fase di start up del nuovo strumento di risoluzione delle liti, entrato in vigore il 21 marzo scorso (dlgs n. 28/2010). «Un avvio moderato», commenta Tiziana Pompei, dirigente dell'area regolazione del mercato, tutela della concorrenza e innovazione di Unioncamere.
La ricerca di informazioni fa la parte del leone. Sono stati infatti 2.058 i contatti ricevuti dalle Camere di commercio, con imprese e avvocati che hanno letteralmente intasato i centralini per richieste di chiarimenti che vanno dagli adempimenti della mediazione, alla tipologia dei conflitti sottoposti alla nuova normativa. Un altro dato riguarda la partecipazione degli avvocati a questa prima fase della partita. Che, a dispetto delle attese dovute alla dura protesta della categoria contro la conciliazione obbligatoria, è stata rilevante. Sulle 267 domande di mediazione ricevute, la metà sono state infatti presentate da legali. «È un segnale della disponibilità della professione rispetto alla mediazione», afferma Pompei. Quanto alle materie, al top diritti reali e successioni. «Delle oltre 250 domande ricevute, però», afferma il dirigente di Unioncamere, «alcune rientrano nella mediazione obbligatoria, altre in quella facoltativa. Riguardo alla richiesta di informazioni, invece, le domande riguardano soprattutto gli adempimenti, le condizioni di procedibilità e così via. Detto questo, la maggior parte delle Camere offre siti Internet attrezzati. Noi, come Unioncamere, abbiamo pubblicato on line un vademecum con il modello della domanda, la modulistica e info rilevanti». La Camera di commercio di Agrigento (si veda tabella) ha ricevuto 60 domande di mediazione, Napoli 23, Milano 17, Ascoli Piceno 15 (volontarie), Ferrara e Pordenone 12. Su quasi 200 organismi di conciliazione iscritti al registro di via Arenula, le Camere di commercio sono circa un terzo, con 64 avamposti. In più, altre 25 Camere sono in attesa del via libera per essere inserite nel registro del ministero. Nei giorni scorsi si sono aggiunti al registro del ministero un'altra decina di organismi, arrivando a quota 199. Per quanto riguarda gli ordini, le new entry sono l'organismo di mediazione del Foro di Treviso e quello del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo. Gabriele Ventura
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IL SOLE 24 ORE
Camere di commercio a quota 267 domande
In poco meno di dieci giorni le strutture delle Camere di commercio hanno ricevuto 267 domande per l'avvio di una procedura di mediaconciliazione. Dal 21 marzo, giorno del debutto ufficiale della nuova disciplina obbligatoria di Adr (Alternative dispute resolution), in 67 organismi sugli oltre cento attivi all'interno delle Camere, sono pervenute più di 2mila richieste di chiarimenti, destinate in gran parte a trasformarsi nelle prossime settimane in veri e propri tentativi di conciliazione. Nella decennale esperienza maturata nel campo della conciliazione, le Camere di commercio sono arrivate a gestire ogni anno circa 20mila procedure di mediazione. I numeri registrati in questi ultimi giorni sono dunque molto significativi e lasciano sperare nella reale efficacia deflattiva del nuovo regime del contenzioso giudiziario.
A livello territoriale spiccano le 60 istanze di conciliazione presentate ad Agrigento e le 23 di Napoli (sede tradizionalmente molto attiva sul fronte delle Adr, in particolare per le controversiecosiddette «B2C» nel settore delle telecomunicazioni). A Milano sono state inoltrate 17 domande, 15 ad Ascoli Piceno, 12 a Pordenone e Ferrara e 6 a Torino.
Tra le realtà verso le quali sono state indirizzate, invece, richieste di chiarimenti, vanno segnalate sedi come Treviso (165 "contatti" già registrati) e Roma (con 150). E ancora realtà come Cuneo, Brescia, Firenze e Lucca dove sono stati posti in essere in un centinaio di casi gli atti preliminari per il successivo avvio di una procedura conciliativa.
Intanto, sono arrivati a quota 199 gli organismi di conciliazione registrati nell'elenco tenuto dal ministero della Giustizia (l'ultima iscrizione è datata 28 marzo 2011). Gli enti abilitati a tenere corsi di formazione per mediatori sono 164.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: lun apr 04, 2011 3:51 pm
da GiovaniAvvocati
IL SALVAGENTE
Mediazione Diritti
La tassa occulta sulla giustizia
Un filtro per le controversie o una vera e propria tassa sulla giustizia civile? Con la mediazione obbligatoria, diventata operativa dal 21 marzo, il cittadino che decide di chiamare in causa la controparte ha sicuramente una certezza: prima di andare in giudizio, sia che si raggiunga un accordo stragiudiziale oppure no, deve pagare . L'obiettivo del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, è quello di decongestionare i tribunali e di accelerare i tempi giudiziari attraverso la mediazione resa obbligatoria per materie come la locazione, gli errori medici, i contratti assicurativi e bancari. Sul fronte opposto, gli avvocati che, dopo sei giorni di sciopero, si preparano ad altre 4 giornate di astensione e con l'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua) sono ricorsi al Tar del Lazio contro il decreto legislativo 28/2010 che istituisce il nuovo strumento di Adr, di risoluzione alternativa delle controversie. "Così si svende e si privatizza la giustizia", ha più volte sentenziato Maurizio de Tilla, presidente dell'Oua. A caro prezzo Molto critici con la mediazione obbligatoria, per ragioni differenti, anche le associazioni dei consumatori. Spiega Sergio Veroli , presidente di Consumer's forum: "Avremmo preferito una valorizzazione della conciliazione paritetica, attiva da anni tra consumatori e aziende, che è facoltativa e gratuita. La mediazione invece è obbligatoria e costosa. Detto questo la protesta degli avvocati è paradossale: prima hanno chiesto l'esclusiva per la mediazione, poi la difesa tecnica obbligatoria in sede di mediazione e ora contestano Alfano, il quale è pronto a reintrodurre le tariffe minime abolite dalle lenzuolate di Bersani e più volte censurate dall'Antitrust. Lo trovo un atteggiamento contraddittorio". Al di là delle polemiche, resta il cittadino con la sua domanda di giustizia. Per capire il meccanismo e i costi del nuovo strumento di risoluzione delle controversie, mettiamoci nei panni di chi deve avere dal suo inquilino i canoni di affitto non pagati per due anni. Se cita in giudizio la controparte morosa ha l'obbligo di nominare un mediatore. Si può rivolgere direttamente a un organismo di Adr, tra quelli abilitati e inseriti nel registro dei mediatori del ministero di Giustizia, oppure, se si affida a un avvocato, deve essere il legale ad avvertirlo sull'obbligatorietà della mediazione. Le controparti versano entrambe subito 40 euro poi, in base al valore della lite, devono corrispondere tutte e due un'indennità al mediatore. Si va da un minimo di 65 euro , per una lite di importo fino a mille euro, a un massimo di 9.200 euro , per un valore superiore a 5 milioni. L'arbitro designato ha quattro mesi di tempo per tentare un accordo: se formula una proposta , l'indennità da versare sale di un quinto. E se le parti non accettano , oppure una delle controparti non si presenta? I contendenti pagano, comincia il procedimento dinanzi al giudice civile. A questo punto serve l'avvocato e bisogna versare al tribunale il contributo unificato (da 30 a 1.100 euro a seconda del valore della lite). Qualora la sentenza del giudice ricalchi l'accordo proposto dal mediatore la parte che l' ha rifiutato , anche se vince, ovvero anche se è il proprietario di casa, deve pagarsi pure le spese legali . Il decreto 28/2010 riconosce un credito di imposta per la mediazione fino a un massimo di 500 euro ma solo se si accetta la proposta formulata. In caso contrario il bonus fiscale si dimezza. Davide solo contro Golia Facciamo un altro esempio. Il cittadino cita in giudizio una compagnia di assicurazione perché, alla scadenza della sua polizza vita, non ha ottenuto quello che gli spetta di diritto. Come minimo la nostra controparte, in fase di mediazione, si farà assistere da uno o più legali: anche il nostro cittadino sarà costretto a nominare un avvocato se non vuol vestire i panni del piccolo Davide contro un portentoso Golia. C'è poi un ultimo aspetto molto controverso: la competenza territoriale . Se si cita in giudizio la controparte presso il Tribunale di Roma, si può scegliere il mediatore anche in un'altra città, poniamo Milano, magari perché più comoda per chi avvia il procedimento. In questo caso, la controparte, oltre alle indennità, dovrà mettere in conto anche le spese di viaggio. Dal 21 marzo la mediazione è obbligatoria per le seguenti materie: diritti reali divisione successioni ereditarie patti di famiglia locazione comodato affitto di aziende risarcimento danni per errori medici risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa contratti assicurativi, bancari, finanziari Dal 20 marzo 2012 l'obbligatorietà sarà estesa anche per le controversie relative a: condominio risarcimento del danno (Rc-auto) derivante da circolazione di veicoli.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: mer apr 06, 2011 3:45 pm
da GiovaniAvvocati
IL SOLE 24 ORE - Roma
Avvio lento per i conciliatori
Finora accreditati 25 organismi - A Latina solo due «camere»
Nessuna valanga di istanze di mediazione obbligatoria nel Lazio dal 21 marzo a oggi. A crescere è stato l'«interesse e le domande, ma non c'è stato un impatto violento» sulla piazza romana, spiega Edoardo Merlino, presidente della Commissione arbitrato e conciliazione dell'Ordine dei commercialisti che ha formato in regione circa 500 conciliatori. «Nel nostro caso anche perché - continua Merlino - seguiamo il cliente dalla prevenzione fino all'eventuale arbitrato». La partenza "soft" è legata al numero ristretto dei procedimenti toccati dal Dlgs 28/2010, tanto più in seguito alla deroga di un anno su Rc auto e condominio, stabilita nel Milleproroghe.
I dati diffusi nei giorni scorsi nel primo Rapporto dell'Osservatorio sullo stato dei conflitti della città di Roma – a cui partecipano il Campidoglio, il Tribunale, gli Ordini di avvocati, commercialisti ed esperti contabili, medici chirurghi e odontoiatri capitolini, l'istituto di ricerche Or.Me e la camera di conciliazione cittadina – fissano al 10%, sul totale dei procedimenti civili iscritti a ruolo dal 2005 al 2010, quelli che avrebbero dovuto passare attraverso il tentativo di mediaizone. Ad oggi, però, questa percentuale si ferma al 3%, con ―solo‖ 32.713 controversie obbligate. «Tanto rumore per nulla», afferma il consigliere dell'ordine degli avvocati Rodolfo Murra. Che continua: «Quei dati numerici e statistici hanno provato che l'80% delle cause iscritte a ruolo negli ultimi cinque anni a Roma, nelle materie interessate dal decreto 28/2010, appartengono ai due gruppi di diritti per i quali la mediazione è allo stato slittata». Rca, locazioni, condominio, danni da responsabilità medica le materie regine del contenzioso. La ripartizione si rispecchia nelle 13 domande registrate dall'organismo dell'ordine forense: tre in materia locatizia come su contratti assicurativi e diritti reali, due sulla responsabilità medica, una su contratti bancari e un'altra in materia di successione
ereditaria. «Chi ha speranza di vincere propone la conciliazione, anche per stringere i tempi - sostiene Marco Pepe, responsabile dell'Accademia nazionale del diritto, associazione specializzata in formazione, formata esclusivamente da avvocati e giuristi - in 15 giorni è già possibile, nei casi più semplicci, arrivare a definire la mediazione. Peccato che, così strutturat0, il procedimento sia troppo ingessato: la legge avrebbe potuto prevedere forme differenziate di mediazione, come in America». Tantissime invece le pratiche presso l'Adr center, organismo privato che conta ben 16 centri nel Lazio e un panel di 41 mediatori già accreditati: sono 121, «con una percentuale di successo dell'86% degli incontri di mediazione già svolti», ha dichiarato l'avvocato Giuseppe De Palo, presidente della società, «la prima organizzazione accreditata dal ministero della Giustizia nel 2007». La situazione specifica del Lazio sembra configurare un ruolo di rilievo per gli operatori privati. Accreditati dal dicastero di via Arenula 25 organismi, più di ogni altra regione italiana, con solo 2 "uffici" a Latina. È la piazza romana a catalizzare l'attenzione. Per ora.
«La province a sud della regione si sono dimostrate le più recettive – sostiene Ferdinando Carbone, presidente di Bridge Mediation Italia, organismo privato nato in California, in Italia dal 2006 e con sede in numerosi Paesi del mondo – e lì abbiamo formato una nutrita serie di mediatori civili e commerciali entusiasti. Sono circa un centinaio le persone già accreditate nel Lazio». Probabilmente sulla "fame" di mediatori della provincia di Latina pesa il mancato accreditamento della Camera di commercio, ma la procedura per promuovere l'ufficio di conciliazione camerale è già in atto (il decreto di iscrizione si attende per metà aprile). Un empasse in cui si è trovata anche la Camera di commercio di Frosinone che spera di poter ottenere l'accredito prima di giugno.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: gio apr 07, 2011 5:37 pm
da GiovaniAvvocati
PANORAMA
La mediazione forse conviene
Contenzioso. Non tutti i legali sono contrari alle nuove regole. Perché l'assistenza di un avvocato in molti casi resta indispensabile. E con tempi più brevi si incassa prima
«Non ritengo che partecipare a un procedimento di natura mediatizia comporti una diminuzione di entrate per uno studio legale». A parlare così, mentre ancora infuriano le polemiche sull'introduzione dell'obbligatorietà della mediaconciliazione per un vasto ventaglio di materie giuridiche, è l'avvocato David Maria Santoro , esperto di contenzioso dello studio inglese Simmons & Simmons. «In una procedura di mediazione c'è molto
da fare» argomenta «dagli scambi di memorie con la controparte alla partecipazione alla trattativa, alla ricerca e scrittura dell'accordo». Anche gli incassi non è detto che siano a rischio: «La riforma avrà un impatto in termini di produttività. Per un procedimento ordinario, che dura in media cinque anni, uno studio incassa 100. Per una mediazione posso incassare meno, mettiamo 40, tuttavia in quattro mesi al massimo il
procedimento è finito. Se si raggiunge l'accordo, in otto mesi lo studio incassa l'80% di quanto avrebbe preso in cinque anni». Più cauta è Cecilia Carrara , socio di Legance: «C'è un grande livello di aleatorietà» spiega.
«Da una parte gli organismi di mediazione non sono attrezzati per gestire una gran mole di istanze di mediazione. Dall'altra finora non c'è stato il boom di procedimenti atteso. Anzi, si prospetta una soluzione all'italiana che consiste nel fare passare i quattro mesi della mediazione senza fare alcunché, con una forma di boicottaggio. Si inizia poi a parlare della riforma delle riforme, con l'introduzione della quale l'obbligatorietà della mediazione potrebbe avere vita breve. Non siamo quindi in grado di fare come studio una stima di tipo
economico». Tuttavia le previsioni sono positive: «A livello personale penso che per uno studio il servizio migliore sia risolvere i problemi nel minor tempo possibile. I clienti, se soddisfatti, continueranno a rivolgersi allo studio, magari per altre cause. Anche dal punto di vista dell'etica professionale, se il sistema funziona va bene a tutti». Entrambi gli avvocati sono convinti che sarà decisiva la qualificazione degli organismi di mediazione. «Pochissimi sono organizzati, moltissimi un disastro» attacca Carrara. «La differenza vera la fanno gli organismi di mediazione» aggiunge Santoro. «Una sinergia tra avvocati e organismi di mediazione, quando si crea, può portare a risultati positivi».
La scarsa qualità dei mediatori è una delle motivazioni più forti della contrarietà dell'Oua (Organismo unitario dell'avvocatura) e del Consiglio nazionale forense alla mediaconciliazione obbligatoria. Sotto accusa è la possibilità di ottenere l'abilitazione con un corso di 50 ore, da parte di avvocati e altri professionisti ma anche di semplici laureati triennali in giurisprudenza. Un secondo elemento di critica, la non obbligatorietà dell'assistenza di un avvocato alle parti, non sembra invece essere una prospettiva preoccupante.
«Almeno in campo commerciale» sottolinea Santoro «è logico che chi porta avanti una controversia si rivolga al professionista». Fabrizio Patti

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: mer apr 13, 2011 3:18 pm
da GiovaniAvvocati
IL SOLE 24 ORE
La conciliazione alla Consulta
Un round all'avvocatura nel match contro la conciliazione. Ieri un'ordinanza del Tar del Lazio ha rinviato alla Corte costituzionale, non giudicandole palesemente infondate, alcune delle questioni di legittimità, ma su norme chiave, sollevate dall'Oua sul decreto legislativo che disciplina il tentativo obbligatorio di mediazione. Effetti pratici per ora nessuno, visto che non esiste un vincolo di sospensione dei procedimenti di conciliazione in corso e di quelli futuri per effetto di un rinvio alla Consulta. Di certo però, tutto il meccanismo predisposto sinora, da poche settimane in vigore, entra in una fase in profonda incertezza, in attesa del verdetto della Corte costituzionale destinato ad arrivare però solo tra alcuni mesi. Le disposizioni del decreto legislativo n. 28 del 2010 sulle quali il Tar solleva dubbi e perplessità sono cruciali nel sistema del ministero della Giustizia: vengono infatti censurati la previsione del tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità e l'affidamento a enti pubblici e privati della costituzione di organismi di mediazione. Sotto esame finisce la corrispondenza tra le misure del decreto e quelle stabilite dalla delega contenuta nella legge n. 69 del 2009 (articolo 60). In particolare, sottolinea il Tar, oltre a una discutibile estensione di quanto previsto dalla direttiva comunitaria sulle controversie transfrontaliere, a non convincere c'è la mancata corrispondenza tra quanto scritto nella delega che prevedeva la disciplina della futura mediazione nel contenzioso civile attraverso l'estensione della conciliazione societaria. Che però si distingue per un elemento fondamentale e cioè la volontarietà del tentativo per effetto del contratto o dello statuto sociale. La mediazione commerciale cioè «delinea dunque una fattispecie nella quale l'esistenza di un modulo normativo di composizione delle controversie alternativo alla giurisdizione, di cui l'interessato non si sia avvalso, nè pospone de iure il suo diritto di difesa in giudizio, nè lo rende, eventualmente, inutilter esercitato come invece fanno le prime tre disposizioni del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo 28/2010». Inoltre, è la stessa informativa che l'avvocato deve rendere al cliente a eccedere quanto stabilito dalla delega. Quest'ultima infatti affida all'avvocato il compito di avvisare della possibilità e non dell'obbligo di risolvere in via stragiudiziale la controversia. Il decreto delegato, invece, infligge la stessa sanzione e cioè l'annullabilità del contratto tra avvocato e assistito a entrambe le ipotesi. Inoltre per il Tar le norme contestate «risultano in contrasto con l'articolo 24 della Costituzione, nella misura in cui determinano, nelle considerate materie, una incisiva influenza da parte di situazioni preliminari e pregiudiziali sull'azionabilità in giudizio di diritti soggettivi e sulla successiva funzione giurisdizionale statuale, su cui lo svolgimento della mediazione variamente influisce. Ciò in quanto esse non garantiscono, mediante un'adeguata conformazione della figura del mediatore, che i privati non subiscano irreversibili pregiudizi derivanti dalla non coincidenza degli elementi loro offerti in valutazione per assentire o rifiutare l'accordo conciliativo, rispetto a quelli suscettibili, nel prosieguo, di essere evocati in giudizio». Il testo dell'ordinanza. I punti critici. Le norme che il Tar Lazio ha ritenuto siano esposte a una possibile incostituzionalità, rinviando quindi la decisione alla Consulta, sono l'articolo 5 del decreto legislativo del n. 28 del 2010 che stabilisce l'obbligatorietà di un tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità in alcune materie del contenzioso civile (da condominio alla diffamazione al risarcimento danni da incidenti stradali) e il fatto che l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto oppure, d'ufficio, dal giudice e l'articolo 16 del medesimo provvedimento nella parte in cui prevede che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati che diano garanzie di serietà ed efficienza. Per i giudici amministrativi un primo profilo critico è il possibile contrasto con l'articolo 24 della Costituzione dal momento che le disposizioni contestate potrebbero creare un'indebita influenza di una situazione pregiudiziale e preliminare, come il tentativo di conciliazione, sulla successiva fase da svolgere davanti all'autorità giudiziaria; inoltre la figura del mediatore non sembra essere tale da mettere al sicuro i cittadini da possibili pregiudizi. Possibile anche il conflitto con l'articolo 77 della Costituzione visto che il legislatore delegante non sembrava autorizzare una norma delegata che ha fatto dell'obbligatorietà uno degli elementi chiave della nuova figura di mediazione
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ITALIA OGGI
CONCILIAZIONE/ Il Tar Lazio ha dichiarato rilevanti le questioni poste dagli avvocati
La parola passa alla Consulta
Non infondata l'illegittimità dell'obbligo di mediazione
La palla della mediazione obbligatoria passa alla Corte costituzionale. Il Tar del Lazio, nell'ordinanza depositata ieri (sezione prima, n. 03202/2011 reg. prov. coll., ricorsi n. 10937/2010 e n. 11235/2010), ha infatti dichiarato rilevanti alcune delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, tra gli altri, dall'Organismo unitario dell'avvocatura contro il dlgs n. 28/2010 e il regolamento di attuazione (dm n. 180/2010), che disciplinano l'istituto della mediazione obbligatoria, entrato in vigore il 21 marzo scorso.
Il Tribunale amministrativo ha quindi deciso, da un lato, di non bloccare la normativa, dall'altro di sospendere il giudizio chiamando in causa la Consulta. Che si dovrà pronunciare sulla legittimità costituzionale dell'art. 5 del dlgs n. 28/2010, che introduce in sostanza il regime di obbligatorietà della mediazione per determinate materie, e l'art. 16 dello stesso decreto legislativo, laddove dispone che abilitati a costituire organismi di conciliazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza. Ma entriamo nel dettaglio.
Le motivazioni del rinvio. Il Tar del Lazio si è pronunciato sui due ricorsi presentati, rispettivamente dall'Oua, da alcuni ordini forensi e associazioni di categoria, e dall'Unione delle camere civili, contro i ministeri della giustizia e dello sviluppo economico. Con l'intervento, ad opponendum, dell'Associazione avvocati per la mediazione (Apm), di Adr center spa, dell'Associazione italiana dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Aidc) e dell'Unione nazionale dei giovani dottori commercialisti. Il Tribunale amministrativo ha dichiarato rilevante «e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art 5 del dlgs n. 28 del 2010», e in particolare del comma 1, primo periodo, che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l'obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione; del secondo periodo, che prevede che l'esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e del terzo periodo, laddove dispone che l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d'ufficio dal giudice. Per i giudici amministrativi è altresì rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del dlgs n. 28 del 2010, comma 1, laddove dispone che abilitati a costituire organismi di conciliazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza. «In particolare», si legge nell'ordinanza, «le disposizioni risultano in contrasto con l'art. 24 della Costituzione nella misura in cui determinano una incisiva influenza da parte di situazioni preliminari e pregiudiziali sull'azionabilità in giudizio di diritti soggettivi e sulla successiva funzione giurisdizionale statuale, su cui lo svolgimento della mediazione variamente influisce». Il contrasto con l'art. 77 della Costituzione, invece, risulta dal «silenzio serbato dal legislatore delegante in tema di obbligatorietà (?) nonché tenuto conto del grado di specificità di alcuni principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega, art. 60 della l. 69/09, che risultano stridenti con le disposizioni stesse».....................
IL CORRIERE DELLA SERA La conciliazione finisce alla Consulta Agli avvocati il primo round al Tar. E riparte il cantiere della riforma
MILANO— Forse l‘esultanza è eccessiva. Ma di sicuro non si può far finta che non sia successo nulla. Ieri il Tar del Lazio si è espresso in merito al ricorso dell‘avvocatura riguardo la presunta incostituzionalità della riforma sulla mediazione civile obbligatoria. Il risultato è che il Tar ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità di alcune folte rinviando i] giudizio alla Corte costituzionale.
C‘è soddisfazione e nuova fiducia tra gli avvocati, a cominciare da Maurizio de Tilla, presidente Oua: «E la conferma di quanto abbiamo sempre sostenuto, la decisione del Tar avvalora le nostre osservazioni sull‘incostituzionalità della conciliazione obbligatoria. Siamo soddisfatti di questa decisione, è in gioco la natura stessa della nostra giustizia civile pubblica». Il segretario dell‘Associazione nazionale forense, Ester Perifano, invece rivolge un appello al ministro Alfano: «E giunto il momento di fare autocritica — dice—e ascoltare i suggerimenti di chi con le leggi pratica quotidianamente, come gli avvocati. Chiediamo al Ministro di sospendere, in autotutela, gli atti amministrativi in odore di incostituzionalità. Se la Corte dovesse ritenere incostituzionali le norme, si creerebbe una gigantesca confusione in un settore estremamente delicato, e che presenta già molti problemi, Come la Giustizia civile».
Anche in Consiglio nazionale forense plaude: «E una decisione di notevole importanza, che confermai dubbi da noi sollevati — afferma Guido Alpa, presidente del Cnf —. Un conto e la mediazione scelta volontariamente dalle parti, altro conto l‘obbligo di effettuare il tentativo. Non a caso il Consiglio nazionale forense sta predisponendo un testo di revisione della normativa, per renderlo compatibile con le esigenze di giustizia dei cittadini e con quanto da tempo l‘Avvocatura va sostenendo, nell‘ambito dei suoi compiti istituzionali,,.
Se tra gli avvocati serpeggia il buonumore (a volte il tripudio) sul fronte opposto non sembra esserci scoramento. «Il rinvio era atteso — confessa Giuseppe De Palo, Presidente Adr Center — e ricordiamoci che basta la ―non manifesta Infondatezza‖ perché debba essere coinvolta la Consulta. Inoltre, sino alla sentenza della Corte, non prima di diversi mesi, il tentativo resta obbligatorio. Chiediamoci poi che accadrà all‘esito di questa pronuncia. Vince il ministero: restano in vigore le norme attuali; vincono i contrati: la mediazione torna a sparire (come in passato, in regime di volontarietà, la mediazione sarebbe pressoché inesistente), ma solo temporaneamente. Prima che la Consulta decida, infatti, il legislatore può agevolmente sanare il presunto eccesso di delega relativo all‘obbligatorietà
Però, forse il «duello rusticano» avrebbe bisogno di una strategia d‘uscita, l‘apertura di un dialogo converrebbe a tanti. «Non c‘è dubbio — concorda De Palo—. Senza la fattiva collaborazione di tutta l‘avvocatura, Oua inclusa, la riforma ha il fiato corto. Invece di litigare, Oua e governo potrebbero lavorare assieme per innalzare gli standard di qualità per mediatori e organismi, risolvere il nodo del ruolo degli avvocati in mediazione e migliorare altre cose ancora. A negoziare un simile accordo, da soli non ci sono riusciti». Probabilmente avrebbero bisogno di un mediatore. Isidoro Trovato
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LA PADANIA
Media conciliazione, il Tar del Lazio rinvia alla Corte Costituzionale
I brontosauri dell' avvocatura contro una norma che deflaziona la giustizia e risolve i problemi della gente
Nella partita personale del barone del'avvocatura De Tilla contro il Governo sulla media-conciliazione si inserisce il Tar del Lazio. Nella giornata di ieri è stata resa nota la decisione sul ricorso dell'Organismo Unitario dell'avvocatura. Il testo del decreto legislativo n.28/2010, che ha introdotto la mediazione obbligatoria per alcune cause civili, viene inviato dal Tar all'esame della Corte costituzionale. Alla fine i giudici del Tribunale amministrativo di Roma si sono lasciati convincere. Hanno sospeso l'esame del ricorso dell'Oua di De Tilla inviando tutto alla Corte Costituzionale. Nell'udienza di discussione al Tar si era scomodato anche il sindaco Pd di Venezia. In qualità di avvocato dell'Oua Giorgio Orsoni aveva sostenuto le ragioni dell'abrogazione della norma. L'opinione dei ricorrenti è che il provvedimento ministeriale «riduce l'accesso alla giustizia». Hanno ragione. La riduce nel senso che per la prima volta la gente ha la possibilità di ottenere soluzione ai propri problemi senza le lungaggini dei tribunali e senza le parcelle degli avvocati. Perché il punto è proprio questo. La verità è che una parte dell'avvocatura non vuole questa norma perché ha capito che la festa del cliente da spennare potrebbe essere finita. O almeno ridimensionata negli effetti. Gli avvocati avrebbero voluto fin dall'inizio impadronirsi della media conciliazione. Per farla fallire. Come accade nei procedimenti di diritto del lavoro e nelle separazioni. Conciliare vuol dire non litigare. E quindi non aver bisogno degli avvocati. In Commissione Giustizia al Senato è iniziato l'esame di due testi sostenuti dall‘avvocatura che mirano di fatto all'abrogazione della obbligatorietà della media conciliazione in alcune materie. Non hanno perso tempo gli avvocati di De Tilla in Parlamento. I brontosauri dell'avvocatura hanno contro tutte le altre categorie professionali, commercialisti in testa. Che hanno capito l'importanza del provvedimento. Per deflazionare la giustizia e risolvere i problemi della gente in meno tempo e con meno costi. La figura del mediatore è sempre stata presente nei nostri paesi. Una persona di fiducia del territorio che aiutava la gente a comporre le liti. Poi sono arrivati duecentomila avvocati (il numero più alto in Europa) che per tirare a campare affossano tribunali e giustizia con oltre cinquecentomila nuove cause all'anno. Il Governo per questo non deve mollare. È una battaglia di civiltà. Rimettere nelle mani degli avvocati tempi e costi della Giustizia vuol dire allontanarsi dagli interessi della gente.

Re: SPECIALE SULLA MEDIAZIONE CIVILE

Inviato: mer apr 13, 2011 6:09 pm
da GiovaniAvvocati
da
http://www.avvocati-part-time.it/index.php
Sono convinto che la vigenza della legge che impone la c.d. mediaconciliazione sia una iattura per i cittadini per tante ragioni. E' però, a mio avviso, possibile la disapplicazione di tale legge da parte dei giudici comuni per contrarietà al diritto dell'Unione europea direttamente applicabile; senza che sia, dunque, necessario aspettare una sua declaratoria di incostituzionalità in risposta all'ordinanza del TAR Lazio 3202 depositata il 12 aprile 2011. PERALTRO L'ORDINANZA 3202 / 2011 DEL T.A.R. LAZIO CHE HA RINVIATO LA MEDIACONCILIAZIONE ALLA CONSULTA CI CONSENTE CHIARAMENTE DI IPOTIZZARLO !!!
Ma andiamo per gradi.
Va detto, innanzitutto, che il "criterio di proporzionalità della regolazione", soprattutto in relazione alla concorrenzialità dei servizi professionali legali, impone al giudice (che sia adito senza prima aver tentato la mediaconciliazione) di verificare, onde eventualmente disapplicare la legge sulla mediaconciliazione:
1) se le norme sulla mediaconciliazione siano tutte idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito della deflazione dei processi e della rapida erogazione di un "servizio giustizia" di livello qualitativo accettabile (la buona amministrazione della giustizia);
2) se alcuna delle norme sulla mediaconciliazione vada oltre quanto necessario per il raggiungimento dello scopo, rivelandosi sproporzionata rispetto ad esso. In particolare verificare se non vada oltre quanto necessario al raggiungimento dello scopo quella norma che, anzichè attribuire agli avvocati (anche ai singoli avvocati) una riserva per la prestazione del servizio legale di mediaconciliazione, la attribuisce ai c.d. organismi di conciliazione privati o pubblici;
3) se ricorrano o meno ragioni imperative di interesse pubblico in grado di giustificare quella restrizione della libera prestazione del servizio professionale di avvocato che si realizza attraverso la creazione di una riserva di mediaconciliazione a favore dei c.d. organismi di conciliazione (nei quali gli avvocati vengono ridotti a lavoratori parasubordinati dell'"organismo");
4) se le norme professionali relative all'esercizio della professione di avvocato e in particolare quelle di organizzazione, di qualificazione, di deontologia, di controllo e di responsabilità non siano già di per se sufficienti per raggiungere -attraverso la attribuzione agli avvocati della competenza esclusiva a svolgere in prima persona la mediaconciliazione (senza bisogno cioè di creare i c.d. organismi di conciliazione)- gli obiettivi che il legislatore ha invece ritenuto di perseguire con la introduzione della mediaconciliazione gestita in esclusiva da parte dei detti "organismi".
Come accennavo, a mio avviso è possibile la disapplicazione della legge sulla mediaconciliazione da parte dei giudici comuni per contrarietà al diritto dell'Unione europea direttamente applicabile.
Ipotizziamo, infatti, che un giudice sia adito senza che prima (in un caso in cui, invece, ormai la legge la preveda quale condizione di prodedibilità) sia stata fatta richiesta ad uno dei c.d. "organismi di mediazione", di organizzare e portare a compimento un tentativo di mediaconciliazione.
Occorrerà spiegare al giudice il perchè egli sia tenuto, stante la primazia del diritto dell'Unione europea, a disapplicare la normativa interna che prevede il tentativo di mediaconciliazione.
Occorrerà spiegargli che il diritto dell'Unione Europea direttamente applicabile osta alla applicazione di una normativa interna che è evidentemente sproporzionata rispetto al fine che persegue e che sacrifica, senza una ragione imperativa (e, anzi, con scelta evidentemente irragionevole e controproducente) la libertà di rivolgersi, al fine della detta mediaconcilazione, agli avvocati singoli e non ad organismi inutili -e anzi spesso potenzialmente pericolosi (almeno ) per i tempi d'erogazione del "servizio giustizia"- quali sono i c.d. organismi di mediazione.
Occorrerà spiegargli che la legge italiana va disapplicata perchè disegna detti organismi, senza alcuna necessità, quali esclusivisti della mediaconciliazione, a danno non solo e non tanto dei c.d. mediatori (ridotti a meri parasubordinati da designare, far lavorare e, in definitiva, sfruttare a tutto vantaggio dell'organismo di mediazione, pubblico o privato) ma soprattutto a danno dei soggetti che sono obbligati a rivolgersi agli organismi stessi i quali, a differenza dei singoli avvocati, non danno le necessarie garanzie di indipendenza dagli interessi in gioco e oggetto della controversia.
Occorrerà ricordargli che la Corte di giustizia (sentenza del 14 settembre 2010 nella causa C-550/07, Akzo Nobel Chemicals Ltd contro Commissione) ha chiarito che “organo dell’amministrazione della giustizia” può esser definito solo un avvocato non legato da un rapporto di impiego col cliente e cioè con chi lo paga.
Occorrerà ricordargli che -come si legge nella sentenza sul caso Akzo- "avvocati indipendenti" significa "avvocati non legati al cliente da un rapporto d'impiego" (definizione che chiarisce finalmente il concetto, troppe volte evocato a sproposito e travisato, di indipendenza dell'avvocato).
Occorrerà ricordargli che, in effetti, non solo colui che è formalmente dipendente ma anche colui che è sostanzialmente parasubordinato (sia perchè viene designato quale mediatore e non viene scelto a caso; sia perchè può essere sostituito ad nutum dall'organismo con un altro mediatore; sia perchè viene pagato dall'organismo) è incapace di affrontare eventuali conflitti di interesse con la stessa efficacia di un legale indipendente.
In definitiva si dovrà chiarire al nostro giudice che -per usare le parole della sentenza Akzo- la legge italiana disegna il mediatore come “strutturalmente, gerarchicamente e funzionalmente dipendente dal suo datore di lavoro”, dall'organismo di mediazione. E questo non va per niente bene. Neppure -si potrà concludere- ha rilievo il fatto che le norme interne applicabili agli iscritti a un ordine di avvocati consentano (o impongano) agli avvocati stessi di non eseguire gli ordini del datore di lavoro: la forza del vincolo della dipendenza economica, come pure ha ritenuto la Corte di giustizia nella sentenza Akzo, rimane decisiva.
Ma cosa dimostra che il mediatore (avvocato o non avvocato) è un lavoratore parasubordinato, se non addirittura subordinato, del c.d. organismo di mediazione?
Segnalo, al riguardo, un intervento fondamentale della Sezione lavoro della Cassazione che, con sent. 10024 del 27/4/2010, ha chiarito che in attività lavorative ad alto contenuto professionale (quale dovrebbe essere certamente quella del mediatore), per distinguere tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, possono esser decisivi, quali indici di subordinazione, l'assenza del rischio economico in capo al lavoratore e l'inserimento del medesimo nella organizzazione produttiva del datore di lavoro.
La Cassazione ha, in particolare, confermato le argomentazioni della Corte di appello di Firenze; argomentazioni importantissime (anche se espresse con riguardo a fattispecie nella quale i professionisti subordinati non erano avvocati ma medici) anche al fine di verificare se gli avvocati-mediatori siano lavoratori parasubordinati o addirittura subordinati dell'organismo di mediazione che li designa.
Parafrasando la sentenza della Cassazione 10024 del 2010 si può affermare che:
1) in linea generale e di diritto -sotto il profilo della valutazione complessiva della prestazione lavorativa cui riconoscere una particolare qualificazione giuridica- l'elaborazione interpretativa della dottrina e soprattutto della giurisprudenza ritiene oramai assolutamente cruciale chiarire che, rispetto ad attività ad alto contenuto professionale e di autonomia tecnico-scientifica, gli elementi necessari per la sussistenza della natura subordinata del rapporto (in sostanza, l'assoggettamento al potere direttivo ed organizzatorio del datore di lavoro) vanno apprezzati con ragionevole misura, non essendo richiedibile in tali ipotesi la ricorrenza dell'esternazione da parte del datore di lavoro di direttive precise e continuate e dell'assoggettamento del lavoratore al controllo diffuso e penetrante della prestazione, in cui i margini di autonomia esecutiva ed organizzativa si allargano vieppiù quando la prestazione abbia ad oggetto competenze tecniche elevate e particolari;
2) è essenziale rilevare se sussiste in fatto l'elemento oramai ritenuto caratteristico e fondante per l'affermazione della natura subordinata di un rapporto di lavoro, ossia l'inserimento pieno ed organico delle prestazioni del professionista al servizio della organizzazione di lavoro, nella "struttura", ad assicurare uno strumento accessorio a tutte le altre attività;
3) è essenziale rilevare se il servizio assicurato dal professionista sia connaturato con la complessiva attività professionale offerta dall'organismo di mediazione e sia funzionale all'adeguatezza dei servizi offerti alla clientela, sicchè non si tratti di una prestazione accessoria sganciata ed ininfluente rispetto all'oggetto peculiare della "produzione aziendale";
4) l'emersione di tali requisiti consente di affermare la sussistenza della subordinazione.
Sintetizza Cass. 10024/2010 che il cennato percorso motivazionale a sostegno della qualificazione del rapporto di lavoro dei professionisti come rapporto di lavoro subordinato "si inquadra nell'orientamento giurisprudenziale che ha individuato quali indici della subordinazione l'assenza del rischio economico in capo al lavoratore e l'inserimento del lavoratore nella organizzazione produttiva del datore di lavoro specie in relazione al coordinamento con l'attività di altri lavoratori (ex plurimis: Cass. n. 1893/2007, Cass. n. 4036/2000): indici questi indicati da questa Corte come sintomatici della natura subordinata di un rapporto di lavoro".
E ancora si consideri: per gli avvocati-mediatori, in quanto essi non sono indipendenti, dovrebbe scattare il cartellino rosso d'espulsione dall'albo (si rammenta, al riguardo, che le sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 24/6/2009, n. 14810, hanno riconosciuto che "in tema di incompatibilità di cui all'art. 3 del r.d.l. 1578/33, non rileva la natura, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro, bensì la sua relativa stabilità e cioè la configurabilità di un "impiego"). E QUESTA MI PARE UNA BUONA RAGIONE PER CHIEDERE SUBITO AI GIUDICI LA DISAPPLICAZIONE DELLA MEDIACONCILIAZIONE: PRIMA CHE IL BUSINESS DEI CORSI DA MEDIATORE E DEL "RECLUTAMENTO" DI UN GRAN NUMERO DI AVVOCATI QUALI PARASUBORDINATI DEGLI ORGANISMI DI MEDIAZIONE PORTI I DETTI AVVOCATI AD ESSERE CANCELLATI DAGLI ALBI FORENSI, COME INEVITABILMENTE, ALTRIMENTI, DOVRA' SUCCEDERE.
Quanto alla detta violazione del diritto dell'Unione da parte del legislatore italiano (per aver, senza ragionevolezza, escluso la concorrenza dei singoli avvocati nei confronti dei neocostituiti "organismi di mediazione" nella fornitura del servizio legale di mediazione volta alla conciliazione) il TAR Lazio, nell'ordinanza di rimessione 3202 depositata il 12 aprile 2011, nulla ha detto. Buona ragione per sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale (se non si rienga evidentemente violato il diritto comunitario della concorrenza direttamente applicabile) !

SEGNALO PURE UNA PROSPETTIVA RISARCITORIA:
CIASCUN AVVOCATO POTRA' (E A MIO AVVISO DOVREBBE) CHIEDERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO DERIVATOGLI DALL'ADOZIONE, DA PARTE DEL LEGISLATORE ITALIANO, DI LEGISLAZIONE INCOMPATIBILE COL DIRITTO COMUNITARIO (SOPRATTUTTO PER INGIUSTIFICATA RIDUZIONE DELLA CONCORRENZA NELLO SVOLGIMENTO DEL SERVIZIO PROFESSIONALE LEGALE DI MEDIACONCILIAZIONE, CONFIGURATO COME OBBLIGATORIO).
Sul punto ricordo che il Consiglio di stato, con sentenza n. 7124/2010, depositata il 24/9/2010:
1) ha riconosciuto la risarcibilità del danno da adozione di legislazione incompatibile col diritto comunitario se si prova la diretta scaturigine del danno dalla norma (e lo si differenzia dal danno originato dal provvedimento che della norma fa applicazione);
2) ha riconosciuto la difficoltà del quantificare il danno e ha ammesso il ricorso, a tal fine, al criterio equitativo;
3) pur non esprimendosi sulla necessità della c.d. "pregiudizialità amministrativa" (ma schierandosi evidentemente per la necessità in astratto della medesima) ha valutato ll comportamento di mancata pregressa impugnazione (del provvedimento attuativo di legge incompatibile col diritto comunitario) come fattore di riduzione del risarcimento.

E SE IL GIUDICE COMUNE NON VORRA' DISAPPLICARE LA LEGGE SULLA MEDIACONCILIAZIONE?
Se il giudice comune non riterrà di disapplicare la legge sulla mediaconciliazione, dovrà, a mio avviso, almeno mandarla innanzi alla Corte costituzionale pure per una ulteriore ragione rispetto a quelle posta a base dell'ordinanza 3202 /2011 del TAR Lazio.Dovrà farlo anche per la violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione e cioè per violazione, quale parametro interposto, dell'art. 6 della C.E.D.U., come inteso dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (CONSIDERANDO ANCHE LA SENTENZA 113/2011 DELLA CORTE COSTITUZIONALE DEPOSITATA IL 7/4/2011).
Importante, al riguardo, è la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che, in materia di fecondazione assistita, ha deciso il ricorso 57813/00. Il rilievo della sentenza della Corte di Strasburgo, infatti, va ben oltre la tematica della fecondazione assistita e riguarda l'affermazione della Corte come giudice della coerenza della legislazione nazionale sui diritti fondamentali riconosciuti dalla C.E.D.U. (al riguardo segnalo, sulla rivista telematica giuridica dell'Associazione dei costituzionalisti n. 1/2011, l'articolo di Stefano Antinori intitolato "La Corte europea, in materia di fecondazione assistita, come garante della razionalità della legislazione, anzichè dei diritti degli individui"). Ragionamento analogo a quello dell'autore, in termini di verifica della coerenza delle normative nazionali, dovrà farsi con riguardo al regime dell'assistenza tecnico giuridica nel processo innanzi al giudice e nella neoistituita fase della previa mediaconciliazione obbligatoria (che allunga i tempi senza necessità, vista la giurisprudenza della Corte di Strasburgo sull'art. 6 della C.E.D.U). Ovviamente si dovrà ammettere che, con riguardo al tentativo obbligatorio di conciliazione in materia del processo del lavoro (ora abrogato) la questione di incostituzionalità in riferimento all’art. 24 Cost., sollevata perchè tale tentativo avrebbe limitato il diritto di azione e ne avrebbe ritardato l’esercizio, facendo sorgere questioni processuali inutili e contrarie alla finalità deflativa perseguita dal legislatore, fu respinta dalla Corte Costituzionale con Sentenza 13.7.2000 n. 276. Si dovrà, certo, ricordare che la Corte spiegò che "in ordine al ritardo, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ritiene che l'art. 24 della Costituzione laddove tutela il diritto di azione, non comporta l'assoluta immediatezza del suo esperimento, ben potendo la legge imporre oneri finalizzati a salvaguardare "interessi generali", con le dilazioni conseguenti. E’ appunto questo il caso in esame, in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione tende a soddisfare l'interesse generale sotto un duplice profilo: da un lato, evitando che l'aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell'apparato giudiziario, con conseguenti difficoltà per il suo funzionamento; dall'altro, favorendo la composizione preventiva della lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento più immediato rispetto a quella conseguita attraverso il processo". MA (E IL PUNTO CENTRALE E' QUESTO): NON V'E' OGGI POSSIBILITA' DI RICONOSCERE COERENZA NELLE SCELTE DEL LEGISLATORE ITALIANO IL QUALE, DA UNA PARTE, ABROGA IL TENTATIVO OBBLIGATORIO E GRATUITO DI CONCILIAZIONE IN MATERIA DI LAVORO INNANZI ALLE D.P.L. E, DALL'ALTRA PARTE, ISTITUISCE UN NUOVO TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE ONEROSA (LA C.D. MEDIACONCILIAZIONE) PER ALTRE MATERIE E INNANZI A ORGANISMI DI MEDIAZIONE DALLA TERZIETA' NON GARANTITA (SOPRATTUTTO QUELLI PRIVATI, CHE POSSONO ESSERE, TALORA, ADDIRITTURA PERICOLOSI PERCHE' POTENZIALMENTE "SCALABILI", NEL TEMPO, DA UNA AGGRESSIVA CRIMINALITA' ECONOMICA).

E ancora: l'illegittimità costituzionale della mediaconciliazione in relazione all'art. 117, comma 1, Cost., e, quali parametri interposti, in relazione alle norme (non direttamente applicabili -altrimenti porterebbero a disapplicazione-) di cui agli articoli 5 e 85 del T.C.E. (oggi rinumerati dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona) è confermata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. In particolare è confermata dalla sentenza Wouters, le cui indicazioni non possono non valere anche per le norme di diretta derivazione statale (come conferma il punto 34 della sentenza Arduino, che, definito l'esercizio dell'avvocatura come attività di impresa, recita: "Anche se è vero che, di per se, l'art. 85 del Trattato riguarda esclusivamente la condotta delle imprese e non le disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli stati membri, ciò non toglie che tale articolo, in combinato disposto con l'art. 5 del Trattato, obbliga gli stati membri a non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei a eliminare l'effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese"). Può, quindi, dirsi che dalle sentenze Arduino e Wouters della Corte di Giustizia risulta confermato quanto affermato già nella sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2001 e cioè che lo Stato non può legittimamente introdurre nel suo ordinamento interno una legge (quale quella sulla mediaconciliazione) che elimina l'effetto utile della previgente regola più ampia sulla concorrenza nei servizi legali, senza che ciò sia ragionevolmente giustificabile in base al livello di garanzia (nel diritto positivo dello Stato membro) del bene che si asserisce giustificatore della limitazione alla concorrenza. A mio parere è evidentemente ingiustificata la riduzione della concorrenza nel mercato dei servizi legali che s'è attuata con la legge che ha istituito la mediaconciliazione "a gestione riservata" ai c.d. organismi di conciliazione e esclusa ai singoli avvocati. OGNI AVVOCATO DOVEVA POTER ESSERE, SEMMAI, UN "ORGANISMO" DI MEDIAZIONE. SAREBBE STATO CERTAMANTE UN "ORGANISMO" DALLA TERZIETA', MORALITA' E CAPACITA' TECNICA MAGGIORMENTE GARANTITI RISPETTO A QUELLE DI TANTI ORGANISMI PRIVATI DI CONCILIAZIONE CHE (FORSE E' SFUGGITO A TROPPI FAUTORI DELLA PRIVATIZZAZIONE DELLA GIUSTIZIA CIVILE) DOVREBBERO OPERARE, NEL NOSTRO POVERO PAESE IN CUI SPESSO LA ATTIVITA' DI IMPRESA E' AMBITA DALLA CRIMINALITA', SOTTO COSTANTE E SERISSIMO CONTROLLO (E SENZA COMPETENZA TERRITORIALE DEGLI ORGANISMI DI MEDIAZIONE IL PASTICCIO E' COMPLETO ...).

DOMANDIAMOCI PURE: SARA' IN GRADO IL MINISTERO DI CONTROLLARE -NON SOLO AL MOMENTO DELLA COSTITUZIONE MA PER TUTTA LA VITA DEGLI INNUMEREVOLI ORGANISMI DI MEDIAZIONE PRIVATI CHE SORGERANNO- LA TERZIETA' E LONTANANZA DEI DETTI ORGANISMI PRIVATI A FINI DI LUCRO DA INTERESSI CRIMINALI ? LA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DEL 4 APRILE 2011 CHE FORNISCE CHIARIMENTI SUL MOMENTO DI CONCLUSIONE DELLA MEDIACONCILIAZIONE E SUI REQUISITI DEI MEDIATORI SEMBRA PRENDERE UN IMPEGNO CONSAPEVOLE DI CONTROLLO SULL'EVOLUZIONE DEGLI ORGANISMI PRIVATI DI CONCILIAZIONE. MA E' UN IMPEGNO CHE SENZA SOLDI DA SPENDERE PER TANTO SERI CONTROLLI RISCHIA DI NON POTER ESSERE RISPETTATO.